La pronuncia del Tribunale di Pescara è intervenuta per dirimere la controversia riguardante un correntista che conveniva in giudizio la Banca A al fine di sentirla condannare al pagamento di una somma che l’ente di credito aveva omesso di accreditare sul conto corrente dell’attrice per inesatta/errata esecuzione della procedura di “addebito SEPA” attivata dalla Banca per il pagamento delle fatture emesse a due clienti.
La Banca A, nel costituirsi in giudizio, contestava le domande attoree, sostenendo che il mancato accredito in conto corrente degli importi relativi alle fatture emesse ai due clienti della società attrice fosse dipeso dalle segnalazioni di insoluto della procedura informatica pervenutele attestanti il mancato flusso di cassa dalle banche corrispondenti. Chiedeva, dunque, di essere autorizzata a chiamare in causa Banca B e Banca C al fine di essere manlevata da eventuali pregiudizi conseguenza delle domande attoree.
Si costituiva, pertanto, in giudizio la Banca B chiamata in causa chiedendo il rigetto della domanda di manleva proposta nei propri confronti, essendo stato regolarmente eseguito l’ordine di pagamento SEPA da essa ricevuto con riguardo alla fattura emessa al proprio cliente.
Contestualmente, si costituiva in giudizio, altresì, l’altra chiamata in causa, Banca C, eccependo che il mancato accredito dell’importo della fattura sul conto corrente della società fosse dipeso da un errore del sistema interno della Banca A.
Nel dirimere la controversia, il Giudice si è, in primis, soffermato sulla definizione di Addebito Diretto SEPA (SDD), ossia, il servizio d’incasso basato su un mandato all’addebito, e cioè sulla preventiva sottoscrizione da parte del debitore di un’autorizzazione a prelevare i fondi direttamente dal proprio conto corrente; l’addebito SEPA viene attivato esclusivamente dal creditore che, su mandato del debitore, avvia la riscossione delle somme dovute attraverso l’invio mediante la propria banca all’istituto di credito del debitore di una attivazione dell’addebito; quest’ultimo, una volta verificata la regolarità della richiesta, procede all’addebito inviando una “stringa” riportante l’avvenuto pagamento dell’importo.
La pronuncia de qua ha offerto la possibilità all’Organo Giudicante di evidenziare, altresì, le due tipologie di operazioni di addebito SEPA.
E’ possibile ricorrere, infatti, all’addebito diretto SEPA “base”, nel quale il debitore può rivestire qualsiasi qualifica (consumatore, micro impresa e impresa) e che ha la caratteristica principale di consentire al debitore di richiedere il rimborso di un’operazione autorizzata entro 8 settimane dall’addebito. Altra modalità è il cd. addebito diretto SEPA “Aziende”, che è utilizzabile dal creditore esclusivamente nei confronti di debitori che rivestono la qualifica di non consumatori (micro impresa o impresa) e che consente di inviare e ricevere incassi e insoluti in tempi più brevi rispetto all’addebito diretto “base” senza possibilità di esercitare il diritto di richiedere il rimborso da parte del debitore che potrà unicamente revocare l’addebito entro il giorno di scadenza dell’effetto.
Con riferimento al caso di specie, il Tribunale adito ha ritenuto che il mancato accredito della somma a favore della società attrice non fosse attribuibile alle banche chiamate in causa, in quanto dalle risultanze istruttorie era emerso che gli addebiti sono stati puntualmente eseguiti dai due istituti, che non vi sono state revoche ai pagamenti o storni successivi e che le disposizioni SSD sono state pagate.
In tal senso, il Giudice ha ritenuto che l’istituto di credito convenuto abbia ricevuto le somme in parola e che il mancato trasferimento all’attrice sia attribuibile a un errore interno.
A riprova di ciò vi è, pure, il fatto che, essendo altamente improbabile che due operatori diversi di due distinti istituti di credito, in relazione a due diversi clienti, abbiano commesso lo stesso errore, l’accredito di fondi sia avvenuto per un’anomalia del sistema interno alla banca convenuta.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, ha escluso qualsivoglia responsabilità degli istituti bancari chiamati in causa dalla convenuta, condannando quest’ultima alla corresponsione di una somma di denaro, oltre che al pagamento delle spese di giudizio.
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