Una recente sentenza del Tribunale di Pavia, in persona del Dott. Luciano Arcudi, pubblicata in data 6 novembre 2018, offre uno spunto per riaprire la riflessione sugli strumenti di tutela apprestati dall’ordinamento in favore dell’aggiudicatario che “scopra”, successivamente all’acquisto, che l’immobile presenta vizi non segnalati nella perizia di stima.
Sul piano normativo, l’art. 2922 del codice civile stabilisce che nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per vizi della cosa e che essa non può essere impugnata in caso di lesione.
Nonostante tale limitazione, la giurisprudenza ha da tempo elaborato una linea interpretativa di favore per l’aggiudicatario, almeno per tutte le ipotesi in cui la res alienata difetti di quegli elementi sostanziali che ne caratterizzano la funzionalità, l’attualità o il pregio e che sono tali da determinare la specie cui il bene appartiene. Trattasi del caso della vendita di “aliud pro alio”, la quale si configura qualora l’alienazione coattiva abbia ad oggetto un bene diverso da quello per cui è stata disposta l’ordinanza di vendita, o perché la cosa appartiene ad un genere differente da quello definito nell’ordinanza medesima o perché risulta carente delle caratteristiche necessarie ad assolvere alla sua funzione economico-sociale.
La vendita forzata può dunque essere “impugnata” quando il bene trasferito risulti del tutto diverso da quello descritto, ovvero si riveli assolutamente inidoneo all’utilizzo descritto nell’ordinanza di vendita e nella pubblicità? Secondo la Corte di Cassazione sì, ma – almeno per quanto si ricava dalle più recenti pronunce – al fine di garantire la stabilità degli effetti dell’espropriazione forzata, l’aggiudicatario ha l’onere di far valere l’ipotesi di aliud pro alio con il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, da esperirsi entro il termine perentorio di venti giorni, che decorre dalla conoscenza del vizio ovvero dalla sua conoscibilità secondo l’ordinaria diligenza.
A confermare tale orientamento è intervenuto, appunto, il Tribunale di Pavia con la sentenza citata in apertura, affrontando la peculiare ipotesi in cui l’immobile aggiudicato presenti abusi edilizi insanabili – ma non adeguatamente segnalati in perizia – ovvero sanabili con costi non preventivati.
Nel caso di specie, l’aggiudicatario aveva convenuto in giudizio direttamente l’esperto stimatore, richiedendo la condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno determinato dall’errore professionale, dopo aver subito la demolizione della parte di immobile non sanabile ed aver dovuto corrispondere ulteriori somme per la regolarizzazione della porzione sanabile.
Ebbene, il giudice pavese ha riconosciuto la sussistenza, nel caso di specie, di una fattispecie di “aliud pro alio”, rigettando però la domanda dell’aggiudicatario, perché quest’ultimo avrebbe dovuto provvedere alla tempestiva impugnazione del decreto di trasferimento con l’opposizione agli atti esecutivi, ovvero giustificare la mancata impugnazione con l’impossibilità di attivare tale tutela endoprocessuale.
Solo in tal modo l’acquirente avrebbe potuto ottenere la caducazione dell’acquisto e la restituzione delle somme corrisposte per la porzione di immobile demolita.
Il consolidamento del decreto di trasferimento, con consapevole abdicazione alla sua impugnazione da parte dell’aggiudicatario, sottende invece la rinuncia di quest’ultimo al rimborso del “prezzo”, che, pertanto, non può neppure costituire un danno risarcibile.
In ogni caso, l’acquirente avrebbe potuto richiedere il rimborso delle somme “indebitamente” versate per l’acquisto, solo da chi quelle somme aveva incamerato – e non dall’esperto stimatore, neppure a titolo risarcitorio.
Discorso diverso vale per il ristoro dei maggiori costi sostenuti per la regolarizzazione degli abusi e per la demolizione del manufatto abusivo – non segnalati in perizia – che l’aggiudicatario avrebbe potuto conseguire dal perito, (anche) a prescindere dall’impugnazione del decreto di trasferimento, ma solo adeguatamente e rigorosamente provando il danno e la sua causa generatrice, da individuarsi eventualmente nell’errore professionale.
Il Tribunale ha, di fatto, rigettato nel merito le domande proposte dall’acquirente, ma ha offerto un buon “quadro” generale degli strumenti a disposizione di quest’ultimo per garantirsi da vizi (gravi) non emergenti dalla perizia.
FOCUS
La giurisprudenza tende a tutelare l’acquirente della vendita forzata, andando anche “oltre” il rigido dettato del codice civile. Nel caso in cui si configuri vendita di “aliud pro alio”, l’aggiudicatario deve però stare attento agli stretti termini processuali per l’opposizione agli atti esecutivi, la cui mancata proposizione determina il consolidamento del decreto di trasferimento. In mancanza, una autonoma azione è sì esperibile, ma solo fornendo la rigorosa prova che non vi sia stata concreta possibilità di attivare tale tutela endoprocessuale con tempestività.
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