La ripetizione con conseguenziale condanna alla restituzione può essere chiesta solo con riferimento a rimesse solutorie. Quindi o ci sono rimesse solutorie e l’attore potrebbe chiedere la restituzione dei pagamenti (solutori) effettuati; oppure non vi sono rimesse solutorie, ma allora il correntista non avrebbe alcun pagamento di cui chiedere la restituzione.
E’ onere dell’attore dimostrare la natura solutoria della rimessa.
La rimessa ripristinatoria non è mai ripetibile, perché non sostanzia un pagamento in senso giuridico. Nell’ipotesi di versamenti effettuati dal titolare di un conto corrente bancario, in pendenza di una apertura di credito, sul conto corrente cui l’apertura accede, sono da considerarsi pagamenti suscettibili di ripetizione solo i versamenti eseguiti per coprire un passivo eccedente il limite dell’affidamento (versamenti solutori) e che risulti essere dovuto, in tutto o in parte, ad indebite annotazioni della banca e non i versamenti che fungano da atti di reintegrazione delle provvista (versamenti ripristinatori). In sé e per sé il fatto che il passivo sia derivato da annotazioni indebite non rileva posto che la annotazione comporta solo un incremento formale del debito o un decremento formale del credito del cliente ma non un pagamento.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Lagonegro, Giudice Carmela Abagnara, con la sentenza n. 200 del 05.12.2018.
La vicenda ha riguardato delle correntiste che hanno convenuto in giudizio un istituto di credito al fine di ottenere la declaratoria di nullità dei contratti di conto corrente con affidamento relativamente alle clausole che avrebbero portato all’applicazione di pratiche anatocistiche e addebito di interessi superiori a quelli pattuiti, ed, in conseguenza di tanto, ottenere la ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla banca in virtù delle pattuizioni nulle.
La convenuta banca, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, la prescrizione dell’azione del diritto e, nel merito, l’infondatezza della domanda chiedendone il rigetto.
Il Giudice, investito del thema decidendum, ha, in via preliminare, sottolineato che spetta alla parte attrice assolvere all’onere della prova che grava sul creditore istante ex art. 2033 c.c.; quest’ultimo è, infatti, tenuto a provare i fatti costitutivi della sua stessa pretesa e, quindi, sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi, ovvero il venir meno di questa. Detto principio generale, vale anche nel caso di specie in cui non si assume che l’intero pagamento è indebito, ma solo una parte, per cui si agisce in ripetizione solo per l’eccedenza, ovvero la differenza della misura degli interessi.
Il Tribunale ha, altresì, specificato che, in detti casi, poiché l’inesistenza della causa debendi — parziale, se l’obbligo è esistente in minor misura — è elemento costitutivo, unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale, della domanda di indebito oggettivo, la relativa prova incombe sull’attore.
In tal senso, nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dell’estratto notarile delle sue scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, ma ha l’onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto.
Né la banca può sottrarsi all’assolvimento di tale onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito.
Inoltre, il Giudice ha rappresentato che i rapporti contestati sono corroborati da apertura di credito che ha dato luogo anche ad affidamenti. Orbene, sulla scia della sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 798 del 15/1/2013, occorre evidenziare che in presenza di un conto corrente affidato le rimesse effettuate si devono intendere tutte avere carattere ripristinatorio, di guisa che l’azione di ripetizione non può che riguardare rimesse solutorie.
Infatti, la ripetizione con conseguenziale condanna alla restituzione può essere chiesta solo con riferimento a rimesse solutorie. Quindi o ci sono rimesse solutorie e l’attore potrebbe chiedere la restituzione dei pagamenti (solutori) effettuati; oppure non vi sono rimesse solutorie, ma allora il correntista non avrebbe alcun pagamento di cui chiedere la restituzione.
Pertanto, la rimessa ripristinatoria non è mai ripetibile, perché non sostanzia un pagamento in senso giuridico.
Nell’ipotesi di versamenti effettuati dal titolare di un conto corrente bancario, in pendenza di una apertura di credito, sul conto corrente cui l’apertura accede, sono da considerarsi pagamenti suscettivi di ripetizione solo i versamenti eseguiti per coprire un passivo eccedente il limite dell’affidamento (versamenti solutori) e che risulti essere dovuto, in tutto o in parte, ad indebite annotazioni della banca e non i versamenti che fungano da atti di reintegrazione delle provvista (versamenti ripristinatori). In sé e per sé il fatto che il passivo sia derivato da annotazioni indebite non rileva posto che la annotazione comporta solo un incremento formale del debito o un decremento formale del credito del cliente ma non un pagamento (Cass., 15/1/2013, n. 798).
L’organo giudicante ha rilevato che nel caso di specie l’attore non ha adempiuto al proprio onere di dimostrare la natura solutoria della rimessa e che, pertanto, la domanda avanzata è da disattendere.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Giudice ha rigettato le domande attoree.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
INDEBITO: SE IL CLIENTE NON PROVA L’AFFIDAMENTO LE RIMESSE SI INTENDONO SOLUTORIE
LA PRESCRIZIONE DECENNALE DECORRE DAL SINGOLO VERSAMENTO
Sentenza | Tribunale di Bari, dott. Savino Gambatesa | 21.05.2015 | n.2353
INDEBITO BANCARIO: L’ONERE DI PROVARE L’EFFETTUAZIONE DI RIMESSE SOLUTORIE GRAVA SUL CORRENTISTA ATTORE
REQUISITO ESSENZIALE DELL’AZIONE DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO È L’ESISTENZA DI UN PAGAMENTO, CHE NEI RAPPORTI TRA BANCA E CLIENTE DEVE ESSERE IDENTIFICATO IN UNA RIMESSA SOLUTORIA.
Sentenza, Tribunale di Siena, dott. Stefano Caramellino, 07-07-2014
RIPETIZIONE INDEBITO: IN MANCANZA DELLA PROVA DELL’AFFIDAMENTO LE RIMESSE SI PRESUMONO SOLUTORIE
IL TERMINE DI PRESCRIZIONE DECENNALE DECORRE DALLA DATA DEL VERSAMENTO
Sentenza, Tribunale di Torino, dott.ssa Maurizia Giusta, 24-11-2014
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