Legittimo il recesso della Banca da c/c in quanto contrattualmente previsto e conforme alla normativa di riferimento.
Il recesso dal contratto di apertura di credito costituisce una facoltà riconosciuta dall’art. 1845 cod. civ., sicché risulta adeguatamente motivato anche attraverso il mero richiamo a quella norma; è invece la parte che assume l’illegittimità del recesso che ha l’onere di enunciarne le ragioni e di fornire la relativa prova nel caso concreto.
Questi i principi espressi dalla Corte di Appello di Potenza, Pres. est. Cataldo C. Collazzo con la sentenza n. 862 del 14.12.2018.
La vicenda ha riguardato l’impugnazione proposta da una correntista avverso la sentenza di rigetto emessa in primo grado dal Tribunale di Matera. In particolare, il giudice di prime cure, era stato chiamato a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni avanzata nei confronti di un istituto di credito per la mancata erogazione di un mutuo nonché per l’illegittimo recesso dal contratto di conto corrente.
Il Tribunale ha ritenuto non provato il pregiudizio subito né il ricorso effettivo a finanziamenti con condizioni più onerose ed ha, pertanto, rigettato le domande attoree.
La correntista soccombente nel primo grado di giudizio ha, poi, proposto appello avverso la suddetta pronuncia fondando il gravame su un univo motivo, ossia, l’erronea convinzione del Tribunale circa la mancata prova del danno lamentato.
In particolare, l’appellante ha dedotto che l’ammontare del danno vada determinato tenendo conto della peculiarità dell’illecito e delle caratteristiche della responsabilità stessa. Inoltre, ha dedotto che al creditore che agisca per il risarcimento del danno spetterebbe solo la prova della fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento dell’altra parte. Infine, l’appellante ha lamentato il fatto che la banca sarebbe venuta meno agli obblighi di correttezza e buona fede da cui discenderebbe una responsabilità contrattuale della stessa, con il conseguente obbligo del risarcimento del danno dovuto, altresì, all’ingiustificato recesso nella fase delle trattative.
La Banca appellata, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell’appello per la sua palese infondatezza.
La Corte adita, nell’analizzare l’unico motivo di gravame ha rappresentato che il giudice di prime cure nel rigettare la domanda per il mancato assolvimento dell’onere della prova del pregiudizio sofferto, ha implicitamente ritenuto la fondatezza dell’an della pretesa, ritenendo in sostanza che la banca convenuta avesse violato gli obblighi di buona fede e correttezza nella fase precontrattuale.
Tuttavia, il giudicante ha rappresentato che, in tema di responsabilità precontrattuale, la giurisprudenza di legittimità afferma che il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari.
Nel caso di specie, l’appellante non ha provato né di aver sostenuto spese nel corso delle trattative, finalizzate alla conclusione del contratto, né di aver perso altre occasioni di stipulazione contrattuale.
In tal senso, la motivazione del Tribunale risponde a tale principio.
A tal proposito, la corte adita ha rappresentato che nessuna delle argomentazioni spese con l’appello aggredisce la motivazione del giudice di prime cure giacché in alcun modo l’appellante ha indica da quali elementi possa e debba trarsi la prova degli elementi indicati.
Né tale vuoto probatorio può essere colmato con la prova testimoniale richiesta dall’appellante, la quale verte su fatti non controversi.
L’istanza per l’ordine di esibizione del finanziamento è pur essa ininfluente, giacché contraddittoria rispetto alle stesse difese dell’appellante, il quale reclamando una responsabilità di tipo precontrattuale ha fondato tale responsabilità della banca sulla rottura delle trattative e sul mancato perfezionamento del contratto.
Né, sotto diverso profilo, l’appello supera detti limiti di ammissibilità, ove anche si voglia considerare la diversa domanda relativa al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo recesso dal conto corrente.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Giudice d’appello ha ritenuto il gravame inammissibile e lo ha rigettato con conseguente condanna alla refusione delle spese di lite a fare della Banca che sono liquidate complessivamente in euro 7.659,58.
Invero, come evidenziato dal giudice di merito, si tratta del recesso, operato dalla banca, dal contratto di apertura di credito per la somma di lire 100 milioni valido fino a revoca, di cui al contratto del 25/6/1998 (doc. 1 produzione di primo grado di parte convenuta).
Sul punto, il giudicante ha richiamato anche precedenti della corte di cassazione secondo cui il recesso dal contratto di apertura di credito costituisce una facoltà riconosciuta dall’art. 1845 cod. civ., sicché risulta adeguatamente motivato anche attraverso il mero richiamo a quella norma; è invece la parte che assume l’illegittimità del recesso che ha l’onere di enunciarne le ragioni e di fornire la relativa prova nel caso concreto.
Tuttavia, la suddetta prova non è stata fornita dall’appellante nel caso di specie.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
APERTURA DI CREDITO: È LEGITTIMO IL RECESSO SE IL TERMINE DI PREAVVISO È FISSATO IN UN GIORNO
A PATTO CHE IL CONTRATTO SIA STIPULATO A TEMPO INDETERMINATO E CHE LE PARTI SIANO “PROFESSIONISTI
Sentenza | Tribunale di Cassino, dott. Salvatore Scalera | 24.05.2014 | n.673
CONTRATTI BANCARI: È CONSENTITO IL RECESSO UNILATERALE AD NUTUM
LEGITTIMO CON EFFETTO IMMEDIATO IN QUALUNQUE MOMENTO, ANCHE SENZA PREAVVISO
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Giacomo Cicciò | 04.09.2018 | n.1167
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