L’ente ponte succede, senza soluzione di continuità, all’ente in risoluzione nei diritti, nelle attività e nelle passività ceduti ai sensi dell’art. 43, comma 4, del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, che prevede una disciplina ad esso sovrapponibile.
Gli azionisti, i titolari di altre partecipazioni o i creditori dell’ente sottoposto a risoluzione e gli altri terzi i cui diritti, attività, o passività non sono oggetto di cessione non possono esercitare pretese sui diritti, sulle attività o sulle passività oggetto della cessione e, nelle cessioni disciplinate dalle sottosezioni II e III, nei confronti dei membri degli organi di amministrazione e controllo o dell’alta dirigenza del cessionario.
I rapporti contrattuali già conclusi al momento della cessione, non costituendo in quel momento l’azienda bancaria, non sono oggetto di cessione.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Ferrara, Giudice Marianna Cocca, con la sentenza n. 806 del 21.11.2018.
In particolare, la vicenda ha riguardato una società correntista che ha convenuto in giudizio un istituto di credito chiedendo la declaratoria di nullità o di annullamento, anche parziale, o comunque l’inefficacia del conto corrente con la conseguente condanna della Banca al pagamento di quanto indebitamente trattenuto.
La Banca, nel costituirsi in giudizio, ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo inopponibili le ragioni e le pretese scaturenti dai rapporti di conto corrente in quanto estinti anteriormente alla cessione della istituti bancario in dissesto all’ente “ponte”.
Il Giudice adito, espletata la fase istruttoria, a seguito della discussione orale ha trattenuto la causa in decisione ai sensi dell’art. 281 sexies cpc.
L’Organo giudicante, in particolare, ha ritenuto l’eccezione preliminare formulata dalla convenuta idonea a definire il giudizio. Ciò in quanto il conto corrente ordinario intrattenuto dalla società attrice con la Banca è stato estinto in data 4 settembre 2014, mentre i conti tecnici erano già stati chiusi in data 21 marzo 2013.
Orbene, il Tribunale ha rappresentato che, con provvedimento del 22 novembre 2015, è stata disposta la cessione di tutti i diritti, le attività e le passività costituenti l’azienda bancaria convenuta, in amministrazione straordinaria, posta in risoluzione con provvedimento della Banca d’Italia del 21 novembre 2015 a favore dell’ente ponte. Quest’ultimo non è subentrato quindi in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo all’ente in risoluzione in quanto vengono trasferiti solo gli elementi “costituenti l’azienda bancaria della banca in risoluzione”.
In tal senso, il Giudice ha specificato che costituiscono l’azienda, quale complesso funzionale di beni e rapporti organizzati per l’esercizio dell’impresa, gli elementi che ne fanno parte in un dato momento storico e tali non sono, conseguentemente, le posizioni contrattuali esaurite al momento della cessione, come quelle facenti capo parte attrice, titolare di conti correnti che al momento della cessione erano chiusi da oltre un anno.
Invero, l’ente ponte succede, senza soluzione di continuità, all’ente in risoluzione nei diritti, nelle attività e nelle passività ceduti ai sensi dell’art. 43, comma 4, del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, che prevede una disciplina ad esso sovrapponibile.
Il meccanismo del trasferimento, disciplinato dall’art. 47 del d.lgs. sopracitato, stabilisce che “salvo quanto è disposto dal Titolo VI, gli azionisti, i titolari di altre partecipazioni o i creditori dell’ente sottoposto a risoluzione e gli altri terzi i cui diritti, attività, o passività non sono oggetto di cessione non possono esercitare pretese sui diritti, sulle attività o sulle passività oggetto della cessione e, nelle cessioni disciplinate dalle sottosezioni II e III, nei confronti dei membri degli organi di amministrazione e controllo o dell’alta dirigenza del cessionario”.
Dunque i soggetti titolari di diritti/rapporti non oggetto di cessione non possono esercitarli.
Si realizza quindi la separazione tra i rapporti giuridici pendenti, sia attivi che passivi, destinati ad avere continuità sul mercato in quanto ceduti e le altre componenti che hanno invece subito la risoluzione. Alla separazione consegue il fatto che i rapporti contrattuali conclusi al momento della cessione, non costituendo in quel momento l’azienda bancaria, non sono oggetto di cessione.
Sulla base delle suesposte argomentazioni, il Tribunale ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Banca convenuta e, per l’effetto, ha rigettato la domanda attorea.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
LEGITTIMAZIONE PASSIVA: È CARENTE LA NUOVA BANCA SE I RAPPORTI CONTROVERSI SONO ESTINTI PRIMA DELLA COSTITUZIONE DELL’ENTE PONTE
IL RAPPORTO ESCLUSO DALLA CESSIONE NON SI TRASFERISCE AL CESSIONARIO
Ordinanza | Tribunale di Ferrara, Giudice Caterina Arcani | 29.03.2018
BANCHE VENETE: I GIUDIZI INTERROTTI VANNO RIASSUNTI NEI CONFRONTI DELLA CEDENTE
IN MANCANZA DEVE DISPORSI L’ESTINZIONE DEL PROCESSO
Ordinanza | Tribunale di Rovigo, Giudice Pierangela Congiu | 21.02.2018
CESSIONE BANCHE VENETE: IL CONTENZIOSO PREGRESSO VA RIASSUNTO NEI CONFRONTI DELLA CEDENTE
LA RIASSUNZIONE NEI SOLI CONFRONTI DEL SOLO CESSIONARIO COMPORTA L’ESTINZIONE DEL GIUDIZIO
ordinanza | Tribunale di Trieste, giudice Roberta Mastropietro | 06.07.2018
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