Provvedimento segnalato dell’Avv. Fulvio Graziotto – dell’Ordine di Imperia
Non sussiste violazione né del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, stabilito dall’art. 112 cod. proc. civ., né del principio del divieto del ius novorum in appello, stabilito dall’art. 345 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui il giudice di appello, nel rispetto dei termini della controversia delineati in primo grado, accolga la domanda sulla base di una diversa qualificazione giuridica dei fatti, già implicitamente o esplicitamente acquisiti al processo.
Questo il principio espresso dalla Suprema Corte, Pres. D’Ascola – Rel. Criscuolo, con l’ordinanza n. 1244 del 17.01.2019.
Il caso oggetto di ricorso riguardava una controversia contrattuale, in cui il compratore aveva esercitato il recesso unilaterale (che comportava il pagamento di una somma come corrispettivo, oltre che il risarcimento del danno), e in primo grado il Tribunale dichiarava risolto il contratto per inadempimento dell’acquirente.
Il Giudice di appello confermava la sentenza di primo grado, ma riqualificava l’azione proposta come domanda intesa a far valere il pagamento della multa penitenziale stabilita per il recesso convenzionale unilaterale.
Per la Suprema Corte, la Corte d’Appello, attenendosi a quelle che erano le richieste avanzate dall’attrice, e tenuto conto dell’allegazione dei fatti operata in citazione, con la soluzione raggiunta nella sentenza gravata, non ha in realtà introdotto nel giudizio nuovi elementi di fatto.
Invero, a parere degli Ermellini, il Giudice di appello si è limitato ad offrire una diversa qualificazione giuridica a quei fatti che erano stati appunto posti a fondamento della domanda, dovendo quindi escludersi la ricorrenza del dedotto vizio di extra petizione.
In altri termini, per la Corte adita, il potere – dovere del giudice di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire il nomen iuris al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, anche in difformità rispetto alle deduzioni delle parti, trova un limite – la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione – nel divieto di sostituire l’azione proposta con una diversa, perché fondata su fatti diversi o su una diversa “causa petendi”, con la conseguente introduzione di un diverso titolo accanto a quello posto a fondamento della domanda, e di un nuovo tema di indagine.
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