Ai fini di cui all’art. 100 cpc, la parte che agisce in giudizio deve dimostrare, oltre che la propria legittimazione, anche il proprio concreto interesse ad ottenere una statuizione, decisamente carente allorquando sia costituita da una mera utilità astratta, tesa ad ottenere una soluzione di una questione giuridica, senza, tuttavia, potere ottenere dalla stessa riflessi pratici in proprio favore.
E’ inammissibile un’azione con la quale si ipotizzi la mera violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande proposte e che sia diretta ad ottenere l’emanazione di una statuizione priva di rilevanza concreta.
In caso di mancata applicazione degli interessi moratori durante la vigenza contrattuale il cliente non ha concreto interesse ex art. 100 cpc ad ottenere una pronuncia vòlta alla declaratoria della dedotta nullità per usura dei tassi di interesse in questione per cui le eventuali richieste istruttorie formulate di ammissione di una CTU è assolutamente ininfluente ai fini della decisione, oltre che inammissibile, in quanto meramente esplorativa.
La pattuizione della clausola di salvaguardia per gli interessi di mora tesa non ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari è legittima in tesa, a mantenere detti tassi, fin dall’origine, con previsione valevole anche per il futuro, in caso di oscillazioni medio tempore fossero intervenute, entro la predetta soglia
Non si devono cumulare gli interessi corrispettivi con quelli moratori, siccome aventi diversa ragion d’essere, gli uni, costituendo la normale remunerazione del capitale investito dalla concedente, gli altri, operando la loro applicazione solo in presenza dell’inadempimento del conduttore, assumendo natura di penale preconcordata, in via forfetaria, tra le parti e, quindi, da mantenersi distinti, anche concettualmente, dai primi, a tacere che l’applicazione dei predetti tassi moratori scatta soltanto nel momento patologico del rapporto sinallagmatico, allorquando si concretizzi la volontà del debitore di non adempiere le proprie obbligazioni, assumendosene le conseguenti responsabilità, per cui non appare nemmeno corretta sotto il profilo logico e matematico, prima che giuridico, la pretesa di compiere la sommatoria dei due tassi in discussione.
Questi sono i principi espresso dalla Corte di Appello di Milano, Pres. Piombo, Rel. Martinengo Villagana Patatina di Villachiara Ragazzoni con la sentenza n. 1253 del 21/03/2019.
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