Il tasso moratorio e quello corrispettivo non possono mai trovarsi ad essere applicati congiuntamente in relazione ad un medesimo periodo temporale. Gli interessi corrispettivi, infatti, si applicano soltanto sul capitale a scadere, essendo il corrispettivo del diritto dell’utilizzatore a godere della somma capitale in conformità al piano di rimborso graduale (artt. 821 e 1815 c.c.), mentre gli interessi di mora si applicano soltanto sul debito scaduto (art. 1224 c.c.).
Dunque, il tasso di mora sostituisce il tasso corrispettivo e, pertanto, i due tassi non possono sic et simpliciter sommarsi tra loro.
La clausola di salvaguardia, che prevede l’automatica riduzione del tasso nei limiti della soglia e la cui presenza esclude qualsiasi fenomeno usurario; ne consegue che in presenza di una clausola di salvaguardia il debitore non può in alcun modo invocare le sanzioni di cui all’art. 1815 c.c., prevista per l’ipotesi in cui vengano pattuiti interessi usurari.
Il piano di ammortamento alla francese non implica, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi. Il metodo “alla francese”, infatti, comporta che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi.
La parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni poiché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate (e non possono essere riproposte in appello); né tale onere può essere assolto attraverso il richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi, atteso che la precisazione delle conclusioni deve avvenire in modo specifico, coerentemente con la funzione sua propria di delineare con precisione il “thema” sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle (sole) richieste – istruttorie e di merito – definitivamente proposte.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Torino, Giudice Edoardo di Capua, con la sentenza n.29 del 07.01.2019.
Il giudizio, conclusosi con l’emissione della sentenza in esame, ha ad oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da una società avverso l’ingiunzione di pagamento ottenuta da una società di leasing in seguito alla risoluzione contrattuale.
Nell’impugnare il decreto ingiuntivo la società ha lamentato:
– violazione da parte dell’Istituto di Credito erogante della normativa sulla trasparenza per mancata indicazione del Tasso Annuo Effettivo Globale – T.A.E.G.;
– nullità ex art. 1284 cod. civ. della clausola relativa agli interessi per aver applicato un tasso di interesse superiore a quello indicato per iscritto;
– nullità, per contrasto con l’articolo 1526 Codice Civile, delle clausole risolutive espresse contenute nel contratto di locazione finanziaria
– violazione da parte della BANCA delle norme di buona fede oggettiva.
Nel corso del giudizio non venivano ammessi i mezzi istruttori articolati nelle memorie 183 comma VI (CTU) e, pertanto, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e di lì a sentenza.
Orbene, il Giudicante nel decidere la controversia ha prima di tutto focalizzato l’attenzione sulle deduzioni istruttorie formulate da parte attrice evidenziando che la stessa, dopo aver formulato le proprie richieste con istanza di CTU nella memoria ex art. 183, 6° comma, n. 2), c.p.c., a seguito del rigetto formulato dal Giudicante non ha poi, nelle proprie conclusioni definitive, reiterato l’istanza di ammissione delle prove.
Proprio per tale motivo il Giudice ha ritenuto di uniformarsi alla ormai consolidata giurisprudenza per cui la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni poiché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate (e non possono essere riproposte in appello); e tale onere non è assolto neppure attraverso il richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi, atteso che la precisazione delle conclusioni deve avvenire in modo specifico, coerentemente con la funzione sua propria di delineare con precisione il “thema” sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle (sole) richieste – istruttorie e di merito – definitivamente proposte (cfr. in tal senso: Cass. civile sez. III, 03 agosto 2017, n. 19352).
Nel caso di specie, non avendo parte attrice opponente riproposto l’istanza di ammissione della CTU in sede di precisazione delle conclusioni, la stessa deve intendersi tacitamente rinunciata.
Continuando nell’esame delle doglianze sollevate da parte opponente il Giudicante ha poi chiarito e ribadito alcuni principi che di seguito si riportano.
Con riferimento alla lamentata mancata indicazione del TAEG/ISC, il magistrato evidenzia come, nel caso di specie, le disposizioni sulla trasparenza emesse dalla Banca d’Italia il 29.7.2009 prescrivevano l’indicazione dell’ISC solo per le tipologie di contratti indicati nella sezione II dell’art. 8, fra cui non è incluso il leasing finanziario.
Invero, la Banca d’Italia, con delibera del 25.7.2003 ha esteso l’obbligo di indicazione dell’ISC alle sole categorie di operazioni, fra quelle indicate nell’allegato alla delibera CICR, dei mutui, delle anticipazioni bancarie e degli altri finanziamenti (senza menzionare quindi il leasing finanziario).
Deve pertanto escludersi che fosse necessaria l’indicazione dell’ISC nel contratto per cui è causa e deve negarsi, di conseguenza, l’applicabilità del tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB.
Quanto poi al tasso da porre a confronto con il tasso soglia per la verifica dell’usura il giudice torinese ha correttamente osservato che, com’è stato più volte evidenziato, per la stessa struttura del contratto di leasing, il tasso moratorio e quello corrispettivo non possono mai trovarsi ad essere applicati congiuntamente in relazione ad un medesimo periodo temporale (cfr. in tal senso: Tribunale Torino 17 settembre 2014 e Tribunale Torino 20 giugno 2015).
Precisa infatti come gli interessi corrispettivi si applicano soltanto sul capitale a scadere, essendo il corrispettivo del diritto dell’utilizzatore a godere della somma capitale in conformità al piano di rimborso graduale (artt. 821 e 1815 c.c.), mentre gli interessi di mora si applicano soltanto sul debito scaduto (art. 1224 c.c.).
Dunque, il tasso di mora sostituisce il tasso corrispettivo – con formula equivalente può dirsi che, con riguardo al debito scaduto, al tasso corrispettivo si aggiunge lo spread di mora – e, pertanto, i due tassi non possono sic et simpliciter sommarsi tra loro.
In altri termini, l’utilizzatore può essere tenuto a corrispondere, per un certo periodo, o il tasso corrispettivo (se il capitale deve ancora scadere) o il tasso di mora (se la rata è già scaduta), mentre non può (né mai potrebbe) essere chiamato a pagare un tasso di interesse periodale pari alla somma del tasso corrispettivo e della mora.
Questa considerazione esclude che il T.E.G contrattuale ai fini della verifica dell’usura possa corrispondere alla sommatoria dei tassi. Inoltre, con riferimento al tasso di mora, che in linea teorica avrebbe potuto essere considerato oltre il limite di soglia di usura, il Giudicante rileva come all’interno del contratto risulta inserita la clausola di salvaguardia, che prevede l’automatica riduzione del tasso nei limiti della soglia e la cui presenza esclude qualsiasi fenomeno usurario.
Tale per cui, secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, che il Tribunale condivide, la clausola di salvaguardia, per la quale il tasso di interesse corrisponde al tasso soglia usura impedisce “ab origine” che la pattuizione possa violare la soglia dell’usura.
Pertanto ne consegue che in presenza di una clausola di salvaguardia il debitore non può in alcun modo invocare le sanzioni di cui all’art. 1815 c.c., prevista per l’ipotesi in cui vengano pattuiti interessi usurari.
Ancora, con riferimento all’eccezione per cui l’ammortamento c.d. alla “francese” avrebbe determinato un’illegittima capitalizzazione composta degli interessi, il Giudice conclude per l’infondatezza della stessa.
Invero, come la giurisprudenza di merito ha ormai chiarito, il piano di ammortamento alla francese prevede che il debitore rimborsi alla fine di ogni anno (o di altro intervallo temporale che disciplina la cadenza delle rate) e per tutta la durata dell’ammortamento, una rata costante posticipata tale che al termine del periodo stabilito il debito sia completamente estinto, sia in linea capitale che per interessi.
Il metodo “alla francese”, infatti, comporta che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi.
In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de)gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale.
Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti (cfr. in tal senso: Tribunale Pescara 10 aprile 2014).
Alla luce delle suesposte argomentazioni, unitamente alle altre richiamate nella sentenza in commento (cui per completezza si rimanda) il giudice ha concluso per il rigetto della domanda.
Per approfondimenti sui diversi temi trattati nella sentenza si rimanda alle pronunce già oggetto di pubblicazione di approfondimento tra cui:
SUPERAMENTO SOGLIA USURA: NO ALLA SOMMATORIA DEI TASSI
INTERESSI MORATORI E CORRISPETTIVI HANNO FUNZIONI DIFFERENTI
Ordinanza | Tribunale di Napoli, Giudice Fabiana Ucchiello | 07.01.2019 |
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/superamento-soglia-usura-no-alla-sommatoria-dei-tassi
MUTUO CON AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE: NESSUNA SOMMATORIA TRA MORATORI E CONVENZIONALI
LE DUE CATEGORIE DI INTERESSI SI APPLICANO ALTERNATIVAMENTE
Sentenza | Tribunale di Sassari, Giudice Giovanna Maria Mossa | 24.12.2018 | n.1365
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/mutuo-con-ammortamento-alla-francese-nessuna-sommatoria-tra-moratori-e-convenzionali
USURA-MORATORI: LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA INIBISCE IN RADICE IL VERIFICARSI DEL FENOMENO USURARIO
INCONDIVISIBILE E CONTRADDITTORIA LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE 27442/2018
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Michela Guantario | 08.02.2019 | n.1897
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-moratori-la-clausola-di-salvaguardia-inibisce-in-radice-il-verificarsi-del-fenomeno-usurario
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