Se al momento della stipula del contratto le parti hanno concordato una clausola di salvaguardia che consente di ricondurre a liceità la pattuizione di interessi di mora che, sia al momento della pattuizione che nel corso della durata del rapporto contrattuale, risulti sforare la soglia dell’usura, non è configurabile l’ipotesi di usura. Una simile clausola, infatti, prevede la riduzione dell’interesse moratorio nei limiti previsti dalla legge n. 108 del 1996, in ragione delle eventuali variazioni del tasso pattuito, con il meccanismo per cui, in caso di astratto superamento di detto limite, la misura degli interessi moratori viene ridotta in base al meccanismo concordato.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Milano, Giudice Anna Giorgia Carbone, con la sentenza n. 3548 del 09.04.2019.
Nel caso in esame, una società e il legale rappresentante della stessa hanno convenuto in giudizio la banca con la quale avevano stipulato un contratto di locazione finanziaria, lamentando il carattere usurario degli interessi pattuiti, causato sia dalla sommatoria del tasso corrispettivo (al 9,44%) e del tasso di mora (al 10,26%), che dai soli interessi di mora. La doglianza attorea, finalizzata all’accertamento della nullità della clausola e alla gratuità del contratto di leasing, è stata rigettata.
Riguardo alla natura usuraria degli interessi di mora, il Tribunale ha ritenuto che l’usurarietà di questi ultimi non determinerebbe in ogni caso la nullità anche della distinta clausola di determinazione degli interessi corrispettivi. Nell’ipotesi di usurarietà degli interessi moratori, trattandosi di clausola autonoma avente distinta funzione rispetto a quella relativa agli interessi corrispettivi, ai sensi degli artt. 1815 comma 2 e 1419 c.c., sarebbe nulla la sola clausola di determinazione degli interessi moratori (che, pertanto, non sarebbero dovuti) ma sarebbero comunque dovuti gli interessi corrispettivi, se rispettosi del tasso soglia. L’applicazione dell’art. 1815, II comma c.c. con la conseguente gratuità del contratto comporterebbe la totale non risarcibilità del danno da inadempimento a vantaggio del debitore che si è reso inadempiente al proprio obbligo restitutorio.
Questa argomentazione ha trovato una conferma nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 27442/2018 che, nel ribadire la rilevanza usuraria degli interessi di mora, ha ravvisato la funzione degli interessi (sia corrispettivi che moratori) nella remunerazione del capitale correlata alla “naturale fecondità” del danaro. Tuttavia la Suprema Corte, nell’esaminare le conseguenze previste dall’art. 1815 c.c., ne ha limitato l’applicabilità ai soli interessi corrispettivi e non l’ha estesa agli interessi moratori “perché la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa”. Questo orientamento giurisprudenziale non tiene conto però del fatto che, se gli interessi moratori avessero funzione esclusivamente remuneratoria, non avrebbe alcun significato la disposizione dell’art. 1224 c.c. che in caso di danno maggiore rispetto a quello coperto dagli interessi di mora riconosce al creditore “l’ulteriore risarcimento”. In questo caso, quindi, il creditore avrebbe diritto oltre che agli interessi di mora anche al risarcimento dell’intero danno, così come nell’eventualità in cui fosse pattuita una clausola penale per il ritardo al creditore spetterebbero sia la penale che gli interessi moratori. Inoltre, se in un contratto di leasing o di mutuo sono pattuiti sia gli interessi corrispettivi che di mora e poi quelli di mora sono applicati solo in caso di inadempimento non è corretto considerare entrambi gli interessi corrispettivi in considerazione della ritenuta funzione remuneratoria.
La diversa disciplina prevista dal codice civile per le due tipologie di interessi si fonda proprio su una diversa natura degli stessi: gli uni, quelli corrispettivi hanno la funzione di retribuzione del denaro, mentre gli interessi di mora sono destinati ad operare solo in caso di inadempimento prestazione e pertanto hanno ad oggetto una prestazione non necessaria, ma solo eventuale, in funzione risarcitoria del danno derivante dall’inadempimento. Per tale motivo, il Giudice – come ha ben motivato – auspica un intervento del legislatore volto a stabilire i criteri per rilevare il tasso soglia con riferimento agli interessi moratori.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA-MUTUO: LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA PER IL TASSO DI MORA ESCLUDE OGNI PROFILO DI ILLEGITTIMITÀ
GLI INTERESSI SONO RIDOTTI AUTOMATICAMENTE AL LIMITE SOGLIA
Sentenza | Tribunale di Napoli Nord, Giudice Maria Grazia Lamonica | 22.05.2018 | n.1425
USURA: LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA RELATIVA GLI INTERESSI DI MORA ESCLUDE L’USURARIETÀ A TITOLO ORIGINARIO
E’ INIBITO EX ANTE IL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA
Sentenza | La Corte d’Appello di Bologna, Pres. Rel. Roberto Aponte | 21.05.2018 | n.1355
USURA: VALIDA LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA CHE PREVEDE LA RICONDUZIONE INTRA – SOGLIA DEI TASSI DI MORA CONVENUTI
COSÌ STRUTTURATA LA PATTUIZIONE NON VIOLA LA RATIO DELLA L. 108/1996
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Ettore Pastore Alinante | 09.02.2018 | n.1476
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