LA MASSIMA
Il termine di dieci giorni di cui alla Legge 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nel testo sostituito dal D.L. 14 marzo 2005, n.35, art.2, comma 4, lett. c), n. 3, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 maggio 2005, n.80, art.1, comma 1, entrato in vigore il 17 marzo 2005 – secondo il quale, nel caso (quale quello di specie), in cui il piego raccomandato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna non sia stato ritirato dal destinatario, “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2…” – deve essere qualificato come termine “a decorrenza successiva” e computato, secondo il criterio di cui all’art.155 cpc, comma 1, escludendo il giorno iniziale (data di spedizione della lettera raccomandata di cui allo stesso art.8, comma 2) e conteggiando quello finale.
Lo stesso termine – essendo stabilito nell’ambito de procedimento preordinato alla notificazione di atti inerenti al processo (anche) civile (nella specie: notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione del debitore, di cui alla Legge Fallimentare art.15, comma 3) – deve intendersi compreso fra i “termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza”, di cui all’art. 155 cpc, comma 5, aggiunto dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, art.2, comma 1, lett. f), entrato in vigore il 1 marzo 2006, con la conseguenza che il dies ad quem del termine medesimo, ove scadente nella giornata del sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto del quinto e dello stesso art.155 cpc, comma 4.
IL CONTESTO NORMATIVO
ART.8, COMMA 4 LEGGE N.890 DEL 1982, – NEL TESTO SOSTITUITO DAL D.L. 14 MARZO 2005, N. 35, ART. 2, COMMA 4, LETT. C), N. 3, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 14 MAGGIO 2005, N. 80, ART. 1, COMMA 1, entrato in vigore il 17 marzo 2005 ed applicabile alla specie ratione temporis:
“La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.
ART. 149 CODICE PROCEDURA CIVILE (NOTIFICAZIONE A MEZZO DEL SERVIZIO POSTALE)
I. Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
II. In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale.
III. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto.
ART. 155 CODICE PROCEDURA CIVILE (COMPUTO DEI TERMINI)
I. Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali.
II. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune.
III. I giorni festivi si computano nel termine.
IV. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
V. La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato.
VI. Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa.
IL CASO
CARTO ROSSO, titolare della impresa individuale, ha presentato in data 1 dicembre 2008 il ricorso di fallimento della VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE.
Con decreto del 3 dicembre 2008 il Giudice delegato ha convocato dinanzi a sè la debitrice e il creditore istante per l’udienza del 12 gennaio 2009, mandando a tale creditore di notificare il ricorso ed il decreto “entro il termine di 15 giorni prima dell’udienza fissata, con deposito entro l’udienza dell’atto notificato”.
All’udienza di comparizione, il difensore del CARTO ROSSO ha rappresentato che la notificazione del ricorso e del decreto alla debitrice era stata eseguita presso la sede sociale a mezzo del servizio postale, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art.3, comma 3, (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), con spedizione del piego raccomandato con avviso di ricevimento in data 15 dicembre 2008, e che il piego raccomandato, non potuto consegnare per assenza della destinataria, era stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art.8, comma 2, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), con contestuale spedizione dell’avviso di deposito alla stessa Società debitrice, sottolineando altresì che la notificazione si era perfezionata, per compiuta giacenza ai sensi della stessa L. n.890 del 1982, art.8, comma 4, in data 27 dicembre 2008.
Il Tribunale – preso atto del ricorso e del decreto così notificati e disposta la riunione di altra istanza per la dichiarazione di fallimento VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE, presentata dalla FERRAMENTA VIOLA SAS – si è riservato sulla decisione.
Con sentenza n.7 del 30 gennaio 2009, il Tribunale ha dichiarato il fallimento della VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE.
La VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE ha proposto reclamo sul presupposto che non era stato rispettato il termine dilatorio di quindici giorni tra la data della notificazione del ricorso e del decreto di convocazione e quella dell’udienza, di cui alla Legge Fallimentare art.15, comma 3, nel testo sostituito dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n.169, art.2, comma 4, applicabile ratione temporis.
La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n.249/09 del 12 giugno 2009, ha revocato la dichiarazione di fallimento della VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE, così motivando:
a) la notificazione era stata eseguita a mezzo del servizio postale, ai sensi della menzionata L. n. 53 del 1994;
b) per l’assenza del destinatario, il piego raccomandato era stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008;
c) “nessuno essendosi presentato a ritirare il plico, la notifica si perfezionò con la giacenza di dieci giorni”;
d) “La giacenza si completò il giorno 29 dicembre, poiché i giorni 25 e 26 dicembre sono festivi mentre il giorno 27 era sabato ed il 28 era domenica, quindi nessuno di questi giorni era utile alla scadenza, stante il disposto degli ultimi due commi dell’art.155 cpc. Primo dei quindici giorni del termine dilatorio della Legge Fallimentare, art.15. fu quindi il 30 dicembre. Ultimo dei quindici giorni liberi era il 13 gennaio, ma l’udienza si tenne, come disposto, lunedì 12 gennaio. All’udienza nessuno comparve per la società debitrice…. Evidente la violazione del contraddittorio, per non essere stato garantito al debitore termine pari a quello previsto dalla norma e dallo stesso decreto di convocazione, deve essere revocata la sentenza dichiarativa di fallimento, affetta da nullità”.
Avverso tale sentenza il Fallimento della VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura.
La VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE ha resistito al controricorso ed ha proposto ricorso incidentale.
LA DECISIONE
La sentenza in esame presenta particolati elementi di approfondimento.
Nella prima parte la Corte si occupa della legittimazione e dell’interesse del curatore a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia revocato la dichiarazione di fallimento.
Sul punto la Corte ha enunciato il principio per il quale deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal curatore avverso la sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento, in quanto il fallimento viene meno, con la conseguente decadenza dei suoi organi, soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza di revoca, salva la verifica nel singolo caso, ai sensi dell’art.100 cpc, dell’esistenza dell’interesse dello stesso curatore ad agire o a contraddire (cfr., le sentenze nn.4632 del 2009 e 4707 del 2011, ambedue pronunciate in fattispecie assoggettate alla disciplina di cui al D.Lgs. n.5 del 2006).
Nella seconda parte della sentenza la Corte affronta il problema della regolarità della notifica e del computo dei termini.
In particolare, la fattispecie è la seguente:
a) il giudice delegato, con decreto del 3 dicembre 2008, emesso ai sensi della Legge Fallimentare, art.15, comma 3, – nel testo sostituito dal D.Lgs. n.169 del 2007, art. 3, comma 4, – ha convocato la debitrice VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE per l’udienza del 12 gennaio 2009, mandando al creditore CARTO ROSSO di notificare il ricorso ed il decreto “entro il termine di 15 giorni prima dell’udienza”;
b) il creditore ha eseguito la notifica, a mezzo del servizio postale, ai sensi della Legge 21 gennaio 1994, n. 53, art.3, comma 3, (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), spedendo il piego raccomandato con avviso di ricevimento in data 15 dicembre 2008;
c) tale piego, non consegnato per temporanea assenza della destinataria, è stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008,ai sensi della Legge 20 novembre 1982, n.890, art.8, comma 2, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari);
d) nella stessa data del 16 dicembre 2008, l’agente postale ha compiuto le formalità, di cui alla stessa Legge n.890 del 1982, art.8, comma 2, ed ha spedito alla VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE l’avviso ivi previsto;
e) all’udienza del 12 gennaio 2009, la Società debitrice non è comparsa e, con sentenza n.7 del 30 gennaio 2009, il Tribunale ne ha dichiarato il fallimento.
Da tale fattispecie la Corte fa derivare due distinte questioni di diritto:
a) se – nel caso in cui: il debitore sia stato convocato per l’udienza di cui alla Legge Fallimentare art.15, comma 3, nel testo sostituito dal D.Lgs. n.169 del 2007, art.3, comma 4, la notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione sia stata eseguita a mezzo del servizio postale, la consegna del piego raccomandato non sia stata effettuata per temporanea assenza del notificato, tale piego sia stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna ed il termine di dieci giorni, di cui alla Legge n. 890 del 1982, art.8, comma 4, cada in giorno festivo, seguito da un sabato e da una domenica – la scadenza di tale termine debba, o no, essere prorogata di diritto, ai sensi del combinato disposto dei commi quinto e quarto dell’art.155 cpc , al primo giorno seguente non festivo; e se, previamente e più in generale, il termine medesimo, previsto per il compimento della cosiddetta ” ” e quindi per il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale, sia qualificabile, o no, come termine “per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza” ai sensi dell’art.155 cpc, comma 5, con la conseguenza, in caso di risposta affermativa, che il termine medesimo, ove cadente nella giornata del sabato, deve essere prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo;
b) come, nella stessa fattispecie, debba essere qualificato, anche ai fini del suo computo, il termine “non inferiore a quindici giorni”, che “deve intercorrere” tra la data della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione del debitore e quella dell’udienza, di cui al più volte citata Legge Fallimentare,art.15, comma 3.
In ordine al primo quesito la Corte è partita dall’esame delle seguenti disposizioni normative:
L’art. 149 cpc, comma 3, – aggiunto dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, art.2, comma 1, lett. e), entrato in vigore il 1 marzo 2006 ed applicabile alla specie ratione temporis -, nel disciplinare la notificazione a mezzo del servizio postale, dispone: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”.
Tale disposizione codifica il principio di scissione fra i due momenti di perfezionamento della notificazione e precisamente:
“… risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti”(così la sentenza n. 28 del 2004, n. 4, del Considerato in diritto; cfr. anche le ordinanze nn. 97, 132 e 153 del 2004, nonchè la sentenza n. 3 del 2010).
La stessa disposizione, inoltre – nella parte in cui stabilisce che la notifica si perfeziona per il destinatario dal momento in cui questo “ha la legale conoscenza dell’atto” -, tiene conto, per ragioni di coerenza sistematica, proprio del fatto che nella notificazione a mezzo del servizio postale il perfezionamento della notifica non sempre coincide con il materiale recapito o ritiro del piego raccomandato da parte del notificato, potendo invece coincidere, come nella specie, con l’inutile spirare del termine di “compiuta giacenza”, di cui alla Legge n.890 del 1982, art.8, comma 4.
La Legge n.890 del 1982, art.8, comma 4, – nel testo sostituito dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 4, lett. c), n. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 1, entrato in vigore il 17 marzo 2005 ed applicabile alla specie ratione temporis -, stabilisce: “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.
Tale disposizione realizza – contemperandoli – due diversi e contrapposti interessi: quello del notificante, anche sia comunque assicurato un termine finale per il perfezionamento del procedimento di notificazione dallo stesso promosso, spirato il quale, appunto, “la notificazione si ha per eseguita” anche in mancanza di ritiro del piego depositato da parte del destinatario, che pertanto, da tale momento, “ha la legale conoscenza dell’atto”; quello del notificato – nei casi, di cui allo stesso art.8, comma 2, di mancato recapito del piego – a disporre di un termine ragionevole per il ritiro dello stesso presso l’ufficio postale preposto alla consegna, dal momento che la previsione di tale termine risponde al “fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli” (così la sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998, n. 5.2. del Considerato in diritto).
L’art.155 cpc, sul computo dei termini, dispone, ai comma 4, che, “se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”, e, ai commi quinto e sesto – aggiunti dalla citata Legge n.263 del 2005, art.2, comma 1, lett. f), entrati in vigore il 1 marzo 2006, applicabili anche ai processi pendenti a tale data (L. 18 giugno 2009, n.69, art. 58, comma 3: cfr. le ordinanze nn. 7841 del 2011, 454 del 2010, 15636 del 2009 e la sentenza n, 6212 del 2010) ed applicabili alla specie ratione temporis -, che: “La proroga prevista dal comma 4, si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato (comma 5). Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa (comma 6)”.
Si tratta, pertanto, di stabilire se il termine previsto dalla Legge n.890 del 1982, art.8, comma 4, debba, o no, essere qualificato “a decorrenza successiva” e computato, conseguentemente, secondo il normale criterio “in avanti”.
Sul punto la Corte ha ribadito il principio secondo il quale tale disposizione, diretta a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata del sabato, opera con esclusivo riguardo ai termini a decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano “a ritroso” con l’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, in quanto, altrimenti, si determinerebbe l’effetto contrario dell’abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del termine medesimo (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 182 del 2011 e la sentenza n. 11163 del 2008).
Il legislatore, infatti, prefigura la fattispecie – perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo posta, nel caso di deposito presso l’ufficio postale preposto alla consegna del piego raccomandato e di mancato ritiro di quest’ultimo – prevedendo un termine iniziale, coincidente con la data di spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente la notizia del deposito, ed un termine finale esplicitamente considerato successivo rispetto a detta data (“decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2”), data che costituisce appunto il dies a quo per il computo “in avanti” del termine di dieci giorni.
Tale conclusione è confermata dalla ratio della Legge n.890 del 1982, art.8, comma 4 secondo cui la realizzazione dei contrapposti interessi del notificante – al perfezionamento del procedimento di notificazione – e del notificato – alla conoscibilità effettiva dell’atto – richiede che per quest’ultimo “trascorrano” o “decorrano”, appunto, dieci giorni dal momento in cui lo stesso, con la spedizione dell’avviso di deposito, è stato posto in condizione di conoscere effettivamente il contenuto dell’atto.
Conseguentemente, questo termine deve essere computato secondo i normali criteri, escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale (art.155 cpc, comma 1).
Altra problematica affrontata è stata quella di stabilire se quello previsto dalla Legge n.890 del 1982, art.8, comma 4, sia, o no, termine previsto “per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza” (art.155 cpc, comma 5), con la conseguenza – in caso di risposta affermativa – che esso, se scadente nella giornata del sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art.155 cpc, comma 4).
La Corte ha ritenuto che non può esservi dubbio che, nel caso in cui il termine di dieci giorni, di cui alla Legge. n.890 del 1982, art.8, comma 4, scada della giornata del sabato, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto dell’art.155 cpc, commi 4 e 5.
Tale statuizione è basata sul rilievo che per “atti processuali”, di cui all’art.155, comma 5, devono intendersi quelli che hanno rilevanza, diretta o indiretta, nel processo ivi inclusa la notifica di atti inerenti al processo.
Alla luce di tali deduzioni, la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto:
a) il termine di dieci giorni di cui alla Legge 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nel testo sostituito dal D.L. 14 marzo 2005, n.35, art.2, comma 4, lett. c), n. 3, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 maggio 2005, n.80, art.1, comma 1, entrato in vigore il 17 marzo 2005 – secondo il quale, nel caso (quale quello di specie), in cui il piego raccomandato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna non sia stato ritirato dal destinatario, “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2…” – deve essere qualificato come termine “a decorrenza successiva” e computato, secondo il criterio di cui all’art.155 cpc, comma 1, escludendo il giorno iniziale (data di spedizione della lettera raccomandata di cui allo stesso art.8, comma 2) e conteggiando quello finale;
b) lo stesso termine – essendo stabilito nell’ambito de procedimento preordinato alla notificazione di atti inerenti al processo (anche) civile (nella specie: notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione del debitore, di cui alla Legge Fallimentare art.15, comma 3) – deve intendersi compreso fra i “termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza”, di cui all’art. 155 cpc, comma 5, aggiunto dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, art.2, comma 1, lett. f), entrato in vigore il 1 marzo 2006, con la conseguenza che il dies ad quem del termine medesimo, ove scadente nella giornata del sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto del quinto e dello stesso art.155 cpc, comma 4.
Applicando tali principi al caso in esame, la Corte ha rigettato il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso principale.
In particolare la Corte ha ritenuto che nel caso di specie il dies ad quem del termine di dieci giorni, scadendo il giorno festivo ai sensi della Legge 27 maggio 1949, n.260, art.2, seguito da un sabato (27 dicembre) e da una domenica (28 dicembre), deve intendersi prorogato di diritto, in forza del combinato disposto dell’art.155 cpc, commi 4 e 5, al giorno 29 dicembre 2008 (lunedì), con l’ulteriore conseguenza che in questa data, realizzatasi la cosiddetta “compiuta giacenza”, si è perfezionata la notificazione del ricorso introduttivo per la dichiarazione di fallimento della VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE e del decreto di convocazione della debitrice, in ragione della “legale conoscenza” di tale atto da parte di quest’ultima (art.149 cpc, comma 3).
Altro problema è – secondo la Corte – la qualifica da dare- anche ai fini del computo – al termine non inferiore a quindici giorni, che deve intercorrere tra la data della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione del debitore e quella dell’udienza, di cui alla Legge Fallimentare art.15, comma 3 (cfr., supra, n. 3.1., lett. b).
La Corte ritiene che tale termine rientra tra quelli generali fissati dall’art.155 cpc, comma 1, per il quale soltanto dies a quo non computatur in termino e dunque essendo di natura “dilatoria” e “a decorrenza successiva”, deve essere computato secondo i normali criteri, escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale (art.155 cpc, comma 1).
Tale conclusione è stata supportata dai seguenti rilievi:
a) il legislatore delegato del decreto “correttivo” non da ragione specifica di detta soppressione nell’art. 15, comma 3, essendosi limitato ad osservare genericamente, nella relazione governativa, che “L’art. 2, comma 4, riformula ex novo l’art.15, per emendarlo di alcune improprietà”, sicchè nessun ausilio ermeneutico è apportato dai lavori preparatori;
b) il verbo “intercorrere” – che allude ad un tempo che “corre” appunto tra due estremi di cui non deve tenersi conto e che, quindi, potrebbe far ipotizzare che la soppressione dell’aggettivo “liberi” nel caso de quo è stata operata per meri motivi pleonastici – è, in realtà, utilizzato dal legislatore del codice di rito per indicare sia termini “liberi” (L. Fall., art.163 bis, comma 1, art.318, comma 2, art.15, comma 3, nella versione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006) sia termini che non sono esplicitamente qualificati come tali (L. Fall., art. 415, comma 5, art.15, comma 3, nella versione vigente), sicchè la previsione o la soppressione dell’aggettivo “liberi” associata ad un termine assume un autonomo significato sul piano giuridico, quanto al criterio applicabile per il computo del termine stesso;
c) la Corte ha più volte enunciato il condivisibile principio per il quale, in tema di computo dei termini processuali, qualora la legge non preveda espressamente che si tratti di un termine libero, opera il criterio generale di cui all’art.155 cpc, secondo il quale non devono essere conteggiati i giorni e l’ora iniziali computandosi invece quelli finali (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 11302 del 2011, 6263 del 2006 e 10797 del 1997);
d) la prevalente dottrina è concorde nel ritenere che, a seguito di detta soppressione dell’aggettivo “liberi”, nel computo del termine in questione deve applicarsi la regola generale dettata dall’art.155 cpc, comma 1, per la quale dies a quo non computatur in termino.
e) la disposizione transitoria di cui allo stesso D.Lgs. n. 169 del 2007, art.22, comma 2, – in forza del quale “Le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore 1 gennaio 2008” – fa sì che il testo dell’art. 15, comma 3, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 13, è applicabile unicamente ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento promossi a far data dal 16 luglio 2006 e conclusisi (ivi comprese le eventuali fasi del reclamo e/o del regolamento di competenza) entro il 31 dicembre 2007. E’, quindi, del tutto evidente che l’applicabilità di tale testo è meramente teorica, non essendo immaginabili ipotesi in cui sia ancora deducibile, nonostante l’intervenuta definitività della sentenza dichiarativa di fallimento, l’eventuale omesso rispetto del criterio di computo con riferimento ai quindici giorni “liberi”.
f) il termine in esame sia annoverabile tra quelli “a decorrenza successiva” e, dunque, da computare “in avanti” e non “a ritroso”.
All’esito di tali statuizioni, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: il termine di quindici giorni di cui alla Legge Fallimentare art. 15, comma 3, – nel testo sostituito dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n.169, art. 2, comma 4, entrato in vigore il 1 gennaio 2008 (art. 22, comma 1) ed applicabile, ai sensi dell’art.22, comma 2, dello stesso decreto legislativo, “ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonchè alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore” – deve essere qualificato come termine di natura “dilatoria” e “a decorrenza successiva” e computato, secondo il criterio di cui all’art.155 cpc, comma 1, escludendo il giorno iniziale (data della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione) e conteggiando quello finale (data dell’udienza di comparizione).
Alla luce di tale principio la Corte ha rigettato il del ricorso principale, in quanto basato su premesse interpretative contrarie allo stesso principio, ed ha corretto la motivazione, ai sensi dell’art.384 cpc., comma 4, in quanto l’errore in cui sono incorsi i Giudici sta nell’aver qualificato come “LIBERI” i giorni previsti dal termine.
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