LA MASSIMA
Nell’ambito delle procedure fallimentari, si deve escludere che la sentenza del Giudice Tributario emessa nei confronti di un soggetto fallito, quando il giudizio sia stato intrapreso prima della dichiarazione di fallimento e sia proseguito fra le parti originarie, faccia stato sia nei confronti del curatore rimasto estraneo alla lite, attesa la posizione di terzietà che questi assume nel procedimento di verifica – quale portatore dell’interesse della massa alla conservazione del patrimonio fallimentare – sia nei confronti dei creditori concorsuali che nei confronti del fallito.
La sentenza, tuttavia, non è nè nulla nè inutiliter data, e, pur essendo inopponibile al Fallimento – rispetto al quale costituisce res inter alios acta – potrà produrre i suoi effetti nei confronti del fallito tornato in bonis.
La mancata formazione del giudicato tributario nei confronti del Fallimento non è di ostacolo all’ammissione al passivo del credito dell’ente impositore in quanto la domanda di insinuazione va proposta dal concessionario avvalendosi esclusivamente dell’estratto del ruolo e, anche qualora il credito risulti contestato dinanzi al giudice tributario o il curatore intenda impugnare la cartella esattoriale, il G.D. non può negarne l’ammissione, ma è tenuto a disporla con riserva, da sciogliersi una volta che sia inutilmente decorso il termine per l’impugnazione, o il giudizio sia definito con decisione irrevocabile o venga dichiarato estinto.
IL CASO
EQUITALIA ha presentato domanda di ammissione al passivo, fondata su estratti di ruolo.
Detta domanda è stata respinta in quanto relativa da cartella esattoriale annullata con sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano su ricorso del contribuente in bonis, contro la quale l’ente impositore aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale dopo la dichiarazione di fallimento.
Avverso tale provvedimento di esclusione EQUITALIA ha promosso opposizione volta ad ottenere l’ammissione, quantomeno con riserva in attesa della definizione del giudizio di appello.
Proponeva intervento aderendo alle conclusioni di EQUITALIA, anche l’AGENZIA DELLE ENTRATE.
Il Tribunale ha confermato l’esclusione, motivando la sentenza di annullamento era divenuta definitiva nei confronti del curatore fallimentare poichè l’Agenzia delle Entrate non aveva provveduto a notificare l’appello al curatore, interposto post dichiarazione di fallimento.
L’AGENZIA DELLE ENTRATE ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento, lamentando violazione del D.P.R. n.602 del 1973, art.88 e art. 2909 cc, deducendo che, alla data in cui è stato pronunciato il decreto impugnato, la questione della legittimità dell’emissione della cartella esattoriale era ancora sub iudice (ed anzi era già stata depositata la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva riformato quella di primo grado), sicchè il Tribunale avrebbe dovuto ammettere il credito con riserva, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art.88, a nulla rilevando che a curatore non fosse stato notificato l’atto d’appello, in quanto in materia di contenzioso tributario l’efficacia oggettiva della sentenza estende i suoi effetti erga omnes, non potendosi ragionevolmente ritenere che la medesima cartella esattoriale sia contemporaneamente legittima nei confronti del fallito ed illegittima nei confronti della massa dei creditori.
Equitalia spa depositava controricorso, contenente ricorso incidentale adesivo con cui deduceva analoga censura, rilevando che, poichè il merito della pretesa tributaria era ancora sub iudice, il credito insinuato avrebbe dovuto essere ammesso con riserva allo stato passivo sulla base del ruolo emesso dall’Agenzia delle Entrate.
Il Fallimento resisteva con separati controricorsi.
LA DECISIONE
La Corte ha accolto i ricorsi ed ha cassato il decreto impugnato, rinviando al Tribunale di Milano in diversa composizione, anche le spese del giudizio di legittimità.
In particolare la Corte ha ritenuto che l’assunto dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, secondo cui la sentenza di secondo grado, anche se pronunciata nei soli confronti della società fallita, sarebbe opponibile al fallimento, è palesemente errato, non rinvenendosi in materia tributaria alcuna eccezione al disposto dell’art.2909 cc e dovendosi escludere che la sentenza del Giudice tributario emessa nei confronti di un soggetto fallito, quando il giudizio sia stato intrapreso prima della dichiarazione di fallimento e sia proseguito fra le parti originarie, faccia stato nei confronti del curatore rimasto estraneo alla lite, attesa la posizione di terzietà che questi assume nel procedimento di verifica – quale portatore dell’interesse della massa alla conservazione del patrimonio fallimentare – sia nei confronti dei creditori concorsuali sia nei confronti del fallito.
La sentenza, tuttavia, non è nè nulla nè inutiliter data, e, pur essendo inopponibile al Fallimento – rispetto al quale costituisce res inter alios acta – potrà produrre i suoi effetti nei confronti del fallito tornato in bonis.
I principi enunciati operano però in MANIERA BIUNIVOCA per cui possono desumere le seguenti regole:
– il CREDITORE non può ottenere l’ammissione al passivo sulla base di una sentenza a lui favorevole ma inopponibile alla massa, in quanto resa nei soli confronti del fallito in data successiva alla dichiarazione di insolvenza;
– il CURATORE non può respingere la domanda di ammissione, fondata su di un titolo diverso, avvalendosi degli effetti favorevoli al fallito della sentenza di primo grado emessa in un giudizio al quale egli è rimasto estraneo e che, nonostante l’intervenuta dichiarazione di fallimento, è proseguito fra le parti originarie anche in grado d’appello.
Va comunque ricordato che la mancata formazione del giudicato tributario nei confronti del Fallimento non è di ostacolo all’ammissione al passivo del credito dell’ente impositore in quanto in base al comb. disp. del D.Lgs. n.112 del 1999, art. 33 ed D.P.R. n. 602 del 1973, art. 88, la domanda di insinuazione va proposta dal concessionario avvalendosi esclusivamente dell’estratto del ruolo e, anche qualora il credito risulti contestato dinanzi al giudice tributario o il curatore intenda impugnare la cartella esattoriale, il G.D. non può negarne l’ammissione, ma è tenuto a disporla con riserva, da sciogliersi una volta che sia inutilmente decorso il termine per l’impugnazione, o il giudizio sia definito con decisione irrevocabile o venga dichiarato estinto.
Il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto concretamente esaminare nel merito la domanda, limitarsi a deliberare se l’ammissione andasse o meno disposta con riserva.
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