LA MASSIMA
La fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo – modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.
Si attua, dunque, un mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente, che si distingua dal vecchio, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti alla vicenda modificativa nella società incorporante con la conseguenza che la sentenza emessa nei confronti di un soggetto che nel corso del giudizio è stato incorporato a un altro è validamente emessa.
IL FATTO
La BANCA NERO, a seguito del mancato pagamento delle rate semestrali di un mutuo fondiario decennale, garantito da ipoteca volontaria erogato dalla BANCA GRIGIO nel giugno 92 in favore della SOCIETA’, dopo aver intimato precetto, ha proceduto a pignoramento immobiliare in danno della società, che a sua volta ha proposto istanza di conversione.
Il Giudice dell’Esecuzione ha determinato la somma da versare per la conversione e la SOCIETA’ ha proposto opposizione ex art.512 cpc, deducendo che gli interessi conteggiati dalla Banca erano superiori alla soglia dell’usurarietà e la nullità della clausola capitalizzazione semestrale degli interessi, chiedendo che fosse rideterminata la somma degli i interessi dovuti.
Il Tribunale, assegnata la somma non contestata e sospesa la distribuzione della restante somma, con sentenza ha rigettato l’opposizione.
Avverso tale sentenza la SOCIETA’ ha proposto appello.
La Corte di appello ha confermato la decisione del Tribunale ed avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione proponendo i seguenti motivi:
1). nullità della sentenza impugnata in quanto emessa contro soggetto inesistente in relazione agli artt.2501 e 2505 cc, e art.81 cpc, in relazione all’art. 360 n.4 cpc, sul presupposto che la sentenza della Corte di appello è stata emessa nei confronti di un soggetto (BANCA ROSSO), quando al momento della decisione la società era mutata (BANCA VERDE);
2). violazione degli artt. 1728, 2501 e 2505 cc, e degli artt.81 – 83 cpc, in relazione all’art.360 cpc, n.4, sul presupposto che il mandato e la conseguente rappresentanza processuale erano stati conferiti da un soggetto che al momento dell’appello era inesistente;
3). violazione dell’art.2697 cc, comma 2, ex art.360, n.3, sul presupposto che la Corte di appello ha ritenuto quale circostanza non contestata il cambio di denominazione;
4). violazione dell’art.1728 cc e segg., ex art. 360, nn.3 e 5, sul presupposto che cessano gli effetti del mandato al difensore quando muta, anche se solo come denominazione, il soggetto conferente;
5). violazione dell’art. 81 cpc, ex art.360 cpc, nn. 3 e 4, sul presupposto che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibili, in quanto questioni nuove, i motivi di impugnazione relativi alla carenza di legittimazione e la mancanza di atti che legittimano l’esecuzione e la sostituzione processuale, essendo questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del procedimento;
6). violazione dell’art.2697 cc, ex art.360, n.3, sul presupposto che la Corte di appello avrebbe invertito l’onere probatorio in relazione alla misura degli interessi dovuti.
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha confermato la sentenza emessa dalla Corte di appello.
LA DECISIONE
La sentenza in esame è particolarmente interessante, in quanto affronta il problema relativo alla legittimazione a stare in giudizio della società, che nel corso del giudizio è stata incorporata in un’altra e la consequenziale validità della procura alle liti rilasciata all’avvocato da parte dell’incorporante e, dunque, se la fusione per incorporazione – a fronte della riforma societaria del 2003 – comporta l’estinzione della prima e, quindi, l’interruzione del giudizio ed ancora se la procura alle liti rilasciata dalla incorporata resti valida ovvero sia necessaria una nuova procura conferita dall’incorporante.
La Corte di Cassazione ha ribadito il principio (già statuito con le sentenze Cass. 14-1-2003 n. 444 e Cass. 17-3-2009 n.6439) secondo cui l’eccezione della mancanza agli atti del procedimento della procura alle liti rilasciata all’avvocato costituito e della nullità derivante da valida procura per l’estinzione dell’ente conferente possono essere dedotti in ogni stato e grado del procedimento ed oltretutto sono rilevabili di ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità.
La sentenza di appello, dunque, è erronea nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’eccezione in quanto costituente domanda nuova.
Nel merito la Corte si è pronunziata in ordine agli effetti sulla validità del mandato alle liti delle successive trasformazioni per fusione del soggetto rilasciante l’originaria procura.
La decisione parte dall’esame delle modifiche societarie intervenute anteriormente al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della L. 3 ottobre 2001, n. 366, e quelle successive, e quindi dall’art. 2501 cc comma 1 e dall’art. 2504 bis cc comma 1 nell’originaria formulazione e come modificato.
In particolare dal combinato disposto dagli artt. 2501 cc comma 1 e dell’art. 2504 bis cc comma 1 nel testo anteriore alla riforma del diritto societario, si evince che la fusione di una società in una sola può realizzarsi in due modi:
1). fusione in senso stretto ossia con la costituzione di una nuova società e la conseguente estinzione delle società che si fondono ed in tal caso la nuova società assume i diritti e gli obblighi delle società estinte. In tal caso tutti i soggetti preesistenti vengono sostituiti da un nuovo soggetto, che prende il posto di tutte le società che si fondono e ne continua l’attività;
2). fusione per incorporazione ossia mediante l’assorbimento (o incorporazione) di una o più società (incorporate) in una società preesistente (incorporante), che assume tutti i diritti e gli obblighi delle società incorporate, con la conseguenza che queste ultime si estinguono.
In tal senso l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione (Cass. n. 4679/02; Cass. n. 10595/01) era quello di ritenere con riferimento alla fusione per incorporazione che tale fusione realizzava una successione a titolo universale corrispondente alla successione “mortis causa” e produceva gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati.
Se l’estinzione riguardava solo i soggetti incorporati e non l’incorporante e la modifica riguardava soltanto la titolarità dei rapporti giuridici che facevano capo alle società incorporate, ne derivava che non si verificava alcun mutamento nella titolarità dei rapporti giuridici dalla incorporante anche se posti in essere prima della fusione, restando la sostituzione nella titolarità dei rapporti pregressi limitata ai soli rapporti che in precedenza facevano capo alle società incorporate.
Se questo era l’orientamento della Corte – prima della riforma del diritto societario – a seguito del nuovo art.2504 bis cc, con la ordinanza n. 2637/2006 (seguita da Cass. n. 14526/2006), le Sezioni Unite della Corte, valorizzando la lettera della disposizione, che non contiene più il riferimento all’effetto estintivo e che, inoltre, sottolineano che la società che risulta dalla fusione o quella incorporante prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, ha affermato che la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo – modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.
Da tali disposizioni normative così come modificate e dalla interpretazione data all’art. 2504 bis cc, la Corte ha ritenuto che per la società incorporante non si verifica alcun mutamento nella titolarità dei rapporti giuridici anche se posti in essere prima della fusione, restando la sostituzione nella titolarità dei rapporti pregressi limitata ai soli rapporti che in precedenza facevano capo alle società incorporate.
Viceversa: i cambi di denominazione che hanno accompagnato le fusioni non hanno alcun rilievo in quanto il cambio di denominazione non modifica l’identità della persona giuridica.
Conseguentemente: l’originaria società erogante il mutuo, essendo sempre società incorporante, non può ritenersi estinta, con la conseguente validità della procura alle liti da questa rilasciata al legale costituito.
Ancora: la Corte ha statuito che la sentenza di appello deve considerarsi validamente emessa nei confronti del soggetto fusosi in un altro pur essendosi la fusione si sia realizzata nel corso del procedimento, in quanto la fusione secondo la nuova norma è una mera modifica che lascia sopravvivere tutte le società partecipanti alla fusione, sia pure con un nuovo assetto organizzativo reciprocamente modificato, e senza alcun effetto successorio ed estintivo.
Si attua, infatti, un semplice mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente, che si distingua dal vecchio, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti alla vicenda modificativa nella società incorporante. Tanto in piena aderenza con la ratio della riforma del 2003, che ha precisato che, in caso di fusione societaria, c’è prosecuzione e, dunque, continuità anche nei rapporti processuali, escludendosi che la fusione comporti, a norma degli artt.110, 299 e 300 cpc, interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante ad una fusione.
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