La consulenza tecnica d’ufficio è solo uno strumento di migliore valutazione del materiale probatorio già acquisito. Tenuto conto che ha la funzione di offrire al giudice l’ausilio delle specifiche conoscenze tecnico-scientifiche che si rendono necessarie ai fini della decisione, tale mezzo istruttorio – presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste – non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all’accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione rientri, invece, nell’onere probatorio delle parti.
Il divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative può essere superato soltanto quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza. Al contrario, il divieto è pienamente operante quando l’onere della prova sia a carico di una parte e non si rientri nella sopraindicata fattispecie eccezionale e derogatoria».
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Genovese – Rel. Iofrida, con l’ordinanza n. 27776 del 30.10.2019.
La Corte d’Appello di Salerno aveva riformato una sentenza di primo grado con la quale il Tribunale aveva condannato l’istituto di credito a restituire al correntista ricorrente una somma di denaro per l’illegittima applicazione al rapporto bancario di tassi di interessi ultralegali e di una capitalizzazione trimestrale degli interessi. La pronuncia della corte territoriale, invece, aveva rilevato che, avendo il correntista proposto un’azione di ripetizione di indebito, l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda ricadeva su di lui, il quale invece si era limitato a produrre il contratto di conto corrente ed a formulare istanza di ordine di esibizione alla banca. In tal senso anche la consulenza tecnica contabile, non costituente un mezzo di prova, non avrebbe potuto essere disposta.
La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli eredi del correntista, deceduto nelle more del giudizio, ritenendo che il giudice possa integrare d’ufficio la prova a favore del correntista che agisce in giudizio, contro la banca, fornendo una documentazione parziale, ma non può fare nulla se il correntista si limita a produrre solo il contratto di apertura del credito.
I principi richiamati dalla Suprema Corte sono ormai ben consolidati (Cass. n. 212 del 2006; Cass. n. 12921 del 2015; Cass. 15774/2018; Cass. 20693/2016; Cass. 24948/2017; Cass.30822/2018; cfr. Cass. 31187/2018), in virtù dei quali le prove devono essere articolate e fornite dalle parti e la consulenza tecnica d’ufficio è solo uno strumento di migliore valutazione del materiale probatorio già acquisito. Al contrario, la documentazione relativa ai rapporti bancari, posta a base della consulenza tecnica, attinente a fatti principali fondanti la pretesa di ripetizione di indebito e non meramente accessori, risulta tardivamente entrata a far parte del materiale probatorio, solo per effetto dell’iniziativa del consulente tecnico.
In materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto; tuttavia, qualora limiti l’adempimento ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto, il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare disponendo una consulenza contabile».
Nella specie, l’onere della prova ricadeva sul correntista che agiva in ripetizione di indebito e doveva farsi carico della produzione dell’intera serie degli estratti conto, al fine di dimostrare sia gli avvenuti pagamenti sia rispetto ad essi la mancanza di una valida causa debendi.
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