In tema di diritto del consumatore al rimborso pro quota degli oneri di un finanziamento estinto anticipatamente, non è direttamente invocabile dal cliente, nei confronti della banca mutuante, la sentenza interpretativa dell’11 settembre 2019, con la quale la Corte di Giustizia Europea ha affermato che la riduzione del costo totale del credito, a cui ha diritto (ex art. 16 direttiva UE 2008/48, nonché ex art. 125 sexies TUB), include “tutti i costi posti a suo carico, compresi anche quelli il cui importo non dipende dalla durata del contratto di credito”.
Tale sentenza interpreta la Direttiva UE 2008/48, non l’art. 125, co. 2 TUB applicabile in questo caso, né l’art. 126 sexies TUB che è stato utilizzato per interpretare l’art. 125.2; [nel caso di specie] non è stato dedotto che la direttiva UE 2008/48 sia self executing, e non ne è stata chiesta l’applicazione diretta, e del resto non risulta che lo fosse, tanto che è stato necessario l’intervento interpretativo della Corte di Giustizia; in ogni caso, salvo eccezioni che in questo caso non risultano ricorrere, una Direttiva non può essere immediatamente applicabile nei rapporti tra privati.
Si può affermare che, alla luce della citata sentenza, la Repubblica Italiana abbia non correttamente trasposto nel diritto nazionale la Direttiva 2008/48 UE, ma tale situazione può dar luogo ad una responsabilità dello Stato italiano per erronea trasposizione della Direttiva, che comunque non sarebbe direttamente applicabile nei rapporti tra privati.
Quindi, la sentenza dell’11 settembre 2019 della Corte di Giustizia UE non sposta i termini della presente decisione.
Così si è espresso il Tribunale di Napoli, in persona del dott. Ettore Pastore Alinante, con sentenza n.10489 del 22 novembre 2019, decidendo, in funzione di Giudice d’appello, una controversia tra un istituto di credito mutuante ed un cliente-consumatore che aveva ottenuto, in primo grado innanzi al Giudice di Pace di Napoli, il rimborso degli oneri “recurring” dovuti pro quota a seguito dell’estinzione anticipata di un finanziamento contro cessione pro solvendo di quote dello stipendio.
La decisione – sorvolando sulle peculiarità tecnico-contabili del caso di specie – riveste particolare importanza sotto il profilo giuridico, per la netta posizione assunta in merito alla “invocabilità” dei principi espressi dalla Corte di Giustizia UE con la nota sentenza dell’11 settembre 2019 (causa C-383/2018) – in sede di rinvio pregiudiziale – sul delicato tema del rimborso dei costi dovuto al consumatore in caso di estinzione anticipata di un finanziamento.
Con pronuncia citata, alla domanda “se […] il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato di quest’ultimo, contemplato all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, riguardi anche i costi che non dipendono dalla durata del contratto”, i Giudici di Lussemburgo avevano risposto sancendo la rimborsabilità anche dei costi “che non dipendono dalla durata del contratto”.
Ne era sorto un dibattito, foriero di incertezza tra gli operatori del settore bancario, circa l’idoneità di tale pronuncia interpretativa a determinare il superamento della distinzione tra costi “up-front” e costi “recurring” ai fini della rimborsabilità.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza oggi in commento, ha confermato la linea interpretativa anticipata in un recente contributo pubblicato sulle pagine di questa Rivista: l’autorità della pronuncia della Corte Europea non è invocabile nel contenzioso Banca-cliente.
Invero, trattandosi di pronuncia interpretativa, è alla fonte “interpretata” che occorre riferirsi per sancire l’applicabilità immediata della norma ai rapporti c.d. orizzontali e non sembra che la direttiva oggetto di interpretazione possa annoverarsi tra quelle “self-executing”, come tali direttamente idonee a regolare i rapporti interprivatistici.
In ogni caso, in disparte le considerazioni sulla natura della direttiva 2008/48 UE, quest’ultima è stata recepita dal legislatore italiano con il D.Lgs. n. 141/2010, che ha introdotto l’art. 125 sexies TUB, in base al quale, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore “[…] ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”.
Pertanto è la normativa di attuazione ad aver precisamente delimitato il confine tra oneri rimborsabili ed irrimborsabili.
Sulla base di tale notazione, il Tribunale ha ritenuto che: “la Repubblica Italiana abbia non correttamente trasposto nel diritto nazionale la Direttiva 2008/48 UE, ma [che] tale situazione può dar luogo [al più] ad una responsabilità dello Stato italiano per erronea trasposizione della Direttiva, che comunque non sarebbe direttamente applicabile nei rapporti tra privati”.
L’interpretazione del giudice partenopeo appare, invero, “coerente” anche sotto la diversa prospettiva visuale dell’analisi della condotta esigibile da parte dell’istituto di credito: se la Banca è stata “compliant” rispetto alla normativa nazionale, non potrebbero farsi ricadere su quest’ultima le conseguenze negative derivanti dalla inesatta trasposizione della direttiva.
Per approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
ESTINZIONE ANTICIPATA E DIRITTI DEL CONSUMATORE: L’IMPATTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE SUL “CASO ITALIANO”
Rimborsabili anche i costi “che non dipendono dalla durata del contratto”: ma può dirsi inadempiente la Banca che si sia conformata alla normativa italiana?
Articolo Giuridico | Ex Parte Creditoris | 18.10.2019
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