Non è fondata la questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela anche per i delitti previsti dall’art. 590 bis, primo comma, del codice penale.
Questo il principio espresso dalla Corte Costituzionale, Pres. Lattanzi – Rel. Viganò, con la sentenza n. 223 del 24.10.2019.
Il Tribunale Ordinario di La Spezia, sezione penale, ha sollevato il dubbio di legittimità Costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018 n. 36, concernente “disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 16, lettera a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017 n. 103”, nei confronti dell’art. 76 della Costituzione nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela anche per i delitti previsti nel primo comma dell’art. 590 bis c.p.
Premesso che l’art. 1, comma 16, lettera a, della legge n. 103 del 2017 delegava il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento, a “prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per l’art. 610 c.p. e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per età o per infermità; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’art. 339 c.p.; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità”.
Il nuovo articolo 590 bis c.p. primo comma prevede un’ipotesi di pena inferiore nel massimo a 4 anni di reclusione, infatti, nel caso di lesioni stradali gravi la pena edittale è di 1 anno, mentre per le lesioni stradali gravissime la pena detentiva edittale è di 3 anni, pertanto, il legislatore delegato avrebbe dovuto prevedere per questa fattispecie di reato la procedibilità a querela di parte nel rispetto della legge delega n. 103 del 2017. Il Governo, però, con l’adozione del d.lgs. n. 36 del 2018, ha omesso di annoverare l’art. 590 bis, primo comma c.p. tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità a querela di parte, nonostante esso sia punito con pene che rientrano pienamente nel range per il quale il legislatore delegante aveva previsto l’introduzione della procedibilità a querela della persona offesa.
La mancata previsione normativa da parte del legislatore delegato (Governo) ha creato un evidente dubbio di legittimità costituzionale che ha costretto l’Organo Giudicante (Tribunale di La Spezia) ad interpellare la Corte Costituzionale, in virtù del mancato rispetto della legge delega n. 103 del 23 giugno 2017, nei confronti dell’art. 76 della Costituzione. Non solo, la congettura normativa del legislatore delegato andava anche contro i principi attuativi delle finalità deflattive del contenzioso penale, oltre a limitare la possibilità per la vittima del reato di autodeterminarsi nella scelta di far perseguire l’indagato per il fatto commesso.
La mancata inclusione tra i delitti procedibili a querela tanto della fattispecie di lesioni personali dolose di cui all’art. 582 c.p., nell’ipotesi in cui consegua una malattia di durata superiore a venti giorni, quanto delle fattispecie di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., è stata giustificata dal Governo, nella Relazione illustrativa al primo schema di decreto legislativo (A.G. 475), “in ragione della considerazione che il legislatore ha già equiparato, ai fini della descrizione della fattispecie, la malattia allo stato di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, come si ricava agevolmente dalla disposizione in punto di aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, n. 1, c.p. Il delitto di lesioni si connota, quindi, per l’evento, che ben può consistere in uno stato di incapacità, e la previsione di delega non qualifica ulteriormente la condizione di incapacità, non specifica se essa debba essere intesa come temporanea o permanente, piena o anche solo parziale, sicché il legislatore delegato non può che accoglierne la nozione più ampia […]. Il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16, lettera a), numero 1), legge n.103/2017 impone dunque di preservare la procedibilità d’ufficio quando ricorre la condizione di incapacità della persona offesa per (età o per) infermità”.
La Corte nella sentenza in oggetto ha ritenuto che il Governo non abbia travalicato i limiti di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, e si sia mantenuto così entro il perimetro del legittimo esercizio della discrezionalità spettante al Governo nella fase di attuazione della delega.
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