Nel contratto di apertura di credito, il cliente può utilizzare più volte il credito, ripristinandone la disponibilità, ai sensi dell’art. 1843 c.c.; ciò comporta che il credito vantato dalla banca diviene esigibile solo nel momento in cui il rapporto contrattuale è sciolto, come, del resto, conferma l’art. 3 del contratto di apertura di credito prodotto in causa, secondo cui è solo con il recesso che viene sospesa la disponibilità dell’utilizzo del denaro messo a disposizione dalla banca.
In tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti.
La contestazione della natura usuraria dei tassi deve comportare, da parte dell’opponente, la necessità di indicare in sede di merito la pattuizione originaria, le somme pagate ogni anno a titolo di interessi e non solo l’aliquota, il tutto in rapporto al capitale oggetto del finanziamento. Tra l’altro, solo dal confronto tra quanto è stato pagato e quanto si sarebbe dovuto pagare applicando un tasso di interesse legale si può arrivare a comprendere se vi sia stata o meno applicazione di un tasso usurario
In tema di contratti bancari, con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore (il 1 gennaio 2010) delle disposizioni di cui all’art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale (TEG) degli interessi praticati in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata, rispettivamente con il “tasso soglia” e con la “CMS soglia”, compensandosi, poi, l’importo dell’eccedenza della CMS applicata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con l’eventuale “margine” residuo degli interessi, risultante dalla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.
Questi i principi ribaditi dal Tribunale di Savona, Giudice Fabrizio Pelosi, con la sentenza n. 852 del 01.10.2019.
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