Il decreto reiettivo del reclamo proposto contro la decisione di rigetto della domanda di apertura della liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, disciplinata dagli artt. 14 ter e ss. della legge n. 3 del 2012, come successivamente modificata dal d.l. n. 179 del 2012, conv. in l. n. 221 del 2012, ha la stessa natura del decreto che respinge il reclamo avverso il rigetto dell’istanza di fallimento, sicché esso non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, difettando dei requisiti della definitività (in quanto la domanda di apertura della procedura è riproponibile) e della decisorietà (in quanto non incide su un diritto del debitore).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. I civ., Pres. Genovese – Rel. Terrusi, con la sentenza n. 17836 del 03.07.2019.
La pronuncia trae origine dal ricorso proposto da una Fondazione avverso il provvedimento di reiezione del reclamo contro la decisione del tribunale che aveva a sua volta rigettato la domanda di ammissione della medesima alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento nelle forme della liquidazione del patrimonio (L. n. 3 del 2012, art. 14-ter).
Il Tribunale, nella parte motivazionale ha osservato che il reclamante svolgeva attività d’impresa di tipo commerciale, così da essere assoggettabile, per dimensioni, alle procedure concorsuali maggiori, e che a ogni modo la proposta di liquidazione, avendo previsto la continuazione dell’attività dell’ente e la sottrazione alla procedura di beni a ciò funzionali, delle rette scolastiche e dei fondi pubblici stanziati annualmente, si palesava in contrasto con la finalità della norma.
Nel pronunziarsi sul ricorso, gli Ermellini hanno preliminarmente evidenziato che la facoltà del debitore di richiedere la liquidazione concorsuale dei propri beni in alternativa all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (o al piano del consumatore, ove ne ricorrano i presupposti soggettivi) è accordata dalla L. n. 3 del 2012 su base pienamente concorsuale.
Le corrispondenti norme (art. 14-ter e seg. Legge citata) mutuano non solo lo schema generale delle procedure concorsuali liquidatorie (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria), ma anche la struttura procedimentale, che postula un decreto di apertura, una fase di definizione della consistenza dell’attivo, un sub-procedimento di accertamento del passivo, una fase di liquidazione, un sub-procedimento di esdebitazione.
Orbene, il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., è ammesso avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino tuttavia i requisiti della decisorietà e della definitività.
Tuttavia, è assolutamente pacifico che il decreto reiettivo dell’istanza di fallimento – al pari di quello confermativo del rigetto in sede di reclamo – non è idoneo al giudicato e non è, dunque, ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7.
Invero, trattasi di provvedimento non definitivo e privo di natura decisoria su diritti soggettivi, dal momento che nessun istante è portatore di un “diritto al fallimento” e men che meno lo è il debitore.
Con riferimento al tema specifico della soluzione delle crisi da sovraindebitamento, la Suprema Corte aveva più volte affermato il medesimo principio.
Richiamando la giurisprudenza formatasi in subjecta materia, il Collegio ha ricordato che avverso il decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata dal debitore che versi in stato di sovraindebitamento, non è proponibile ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., perché il provvedimento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e pertanto non è suscettibile di passaggio in giudicato (di recente Cass. n. 30534-18, Cass. n. 4500-18 e altre); conclusione, codesta, che non determina alcun vulnus al diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., dal momento che il decreto, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione, non preclude la riproposizione della medesima domanda, anche prima del decorso dei cinque anni di cui alla L. n. 3 del 2012, art. 7, comma 2, lett. b), operando tale termine preclusivo nella sola ipotesi che il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura.
Analogo principio vale quando la richiesta di accesso alla composizione della crisi sia prospettata nella forma della liquidazione del patrimonio ex artt. 14 ter e ss. L. 3/2012.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SOVRAINDEBITAMENTO: LA DOMANDA DI LIQUIDAZIONE EX ART.14 TER E SS È ASSIMILABILE ALLA PROCEDURA FALLIMENTARE
IL PIGNORAMENTO DI 1/5 DELLO STIPENDIO NON È OPPONIBILE ALLA PROCEDURA
Decreto | Tribunale di Milano, Giudice Luca Giani | 18.02.2019 |
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SOVRAINDEBITAMENTO: IL DECRETO CHE ANNULLA L’OMOLOGA NON È RICORRIBILE PER CASSAZIONE
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Ordinanza | Corte di Cassazione, sezione VI, Pres. Dogliotti – Rel. Terrusi | 01.08.2017 | n.19117
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