È del tutto inverosimile che la Banca, vantando un credito di elevatissimo importo si sia completamente disinteressata dell’esito della procedura di omologa del concordato, omettendo per oltre 20 mesi qualsivoglia verifica e accertamento.
Altrettanto implausibile è che la banca mandataria, che fa parte dello stesso gruppo bancario della banca mandante, non abbia informato la banca, titolare dell’ingente credito, pur essendo venuto meno il potere di rappresentanza dell’esito della procedura concordataria e della coeva emissione della sentenza di fallimento relativa al debitore in questione.
Questi sono i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Didone – Rel. Dolmetta, con l’ordinanza n. 7109 del 12 marzo 2020.
Una società aveva presentato domanda di concordato preventivo nella quale una banca votava per il tramite della mandataria per un rilevante del credito (quasi 15 milioni di euro) e successivamente il Tribunale aveva dichiarato il fallimento. Successivamente, con PEC ex art. 92 legge fall, il curatore aveva invitato la banca mandataria, che nel corso della procedura di concordato preventivo aveva espressamente chiesto l’invio di tutta la corrispondenza.
Dopo un anno e otto mesi dalla sentenza di fallimento, la Banca aveva presentato domanda tardiva di insinuazione nel passivo fallimentare di una società, assumendo di non avere avuto notizia della procedura, non essendo stata raggiunta dalla comunicazione del curatore di cui all’art. 92 legge fall. Il giudice delegato aveva respinto la domanda, ritenendo che non fosse stato provato il ritardo dipendente da causa non imputabile.
La Banca aveva allora proposto opposizione ex art. 98 legge fall. dinanzi al Tribunale di Firenze che l’aveva respinta sull’assunto che la comunicazione ex art. 92 legge fall. fosse stata inviata alla società mandataria designata dal creditore, con apposita procura speciale notarile, e che la comunicazione inviata dalla detta mandataria, e relativa ad una successiva cessazione del mandato con rappresentanza, non era mai pervenuta agli organi della procedura.
Avverso tale provvedimento l’istituto di credito ha proposto ricorso per Cassazione cui ha resistito il fallimento con controricorso.
La ricorrente ha lamentato la violazione delle norme degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione alle norme degli artt. 92 e 101 comma 4 legge fall. A suo avviso, quello di comunicazione, di cui all’art. 92 legge fall., è da ritenere un onere esclusivo, che non ammette equipollenti. Inoltre, la domanda di ammissione ultratardiva proposta dalla banca mandante è stata depositata a distanza di appena quattro mesi dal termine ultimo annuale.
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso infondato.
In particolare, la Suprema Corte ha osservato che il mancato avviso a un creditore del fallito da parte della curatela fallimentare, che è previsto dalla norma dell’art. 92 legge fall., integra gli estremi della causa non imputabile del ritardo della domanda tardiva, di cui all’art. 101, comma 4, legge fall. Resta tuttavia in ogni caso salva la possibilità per il curatore di provare, ai fini della inammissibilità della domanda medesima, che il creditore abbia avuto notizia aliunde dell’avvenuto fallimento, in via indipendente cioè dal fatto dell’eventuale recezione dell’avviso in questione.
In altri termini, il sistema vigente non pone in capo ai creditori uno specifico onere di informarsi sul fatto che il proprio debitore sia eventualmente fallito.
La Corte ha, altresì, evidenziato che spetta al giudice di merito la valutazione dell’accertamento relativo alla circostanza che il creditore abbia comunque avuto, per una o per altra via, conoscenza dell’avvenuto fallimento.
Nel caso di specie, il Tribunale, in maniera ragionevole e logica, ha basato il proprio convincimento su una nutrita serie di circostanze univoche. In particolare, il carattere professionale del creditore (in quanto impresa bancaria); l’ingente misura del credito in questione; la notorietà del debitore; la conoscenza, da parte del creditore, della forte precarietà delle condizioni economico finanziarie del debitore; la partecipazione del creditore alla procedura concordataria sfociata poi nel fallimento; il fatto che, nella fase precedente alla dichiarazione di fallimento, il rapporto era stato «gestito» da una società facente parte del medesimo gruppo bancario del creditore.
Privo di pregio è il rilievo dell’assunta «modestia del ritardo» nella presentazione della domanda ultra tardiva. Secondo i giudici di legittimità, infatti, così come ritenuto dal Tribunale, che un creditore professionale si sia «completamente disinteressato» delle sorti del credito in questione per un periodo di «oltre 20 mesi» non appare nella specie in nessun modo pensabile: visto, per di più, che in quel torno di tempo si era appena svolta una procedura di concordato preventivo, alla quale il medesimo creditore non aveva mancato di prendere parte.
Quanto poi all’ulteriore rilievo del ricorrente, per cui l’appartenenza di due società a un unico gruppo bancario non elimina la distinta soggettività dei relativi enti, è da osservare che la sua esattezza non ne comporta la rilevanza rispetto al tema in questione.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Suprema Corte ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
DOMANDA SUPER-TARDIVA O ULTRA-TARDIVA: IL LEGALE DELLA BANCA DEVE RELAZIONARE SULL’APERTURA DEL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ DEBITRICE
LA RICHIESTA DELLA CURATELA A PARTECIPARE AL COMITATO DEI CREDITORI EQUIVALE A COMUNICAZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Di Virgilio – Rel. Campese | 26.11.2019 | n.30760
INSINUAZIONE ULTRATARDIVA: MANCATO AVVISO EX ART. 92 LF, IL RITARDO PUÒ RITENERSI DIPENDENTE DA CAUSA NON IMPUTABILE A CREDITORE
ALLORCHÉ SIA CESSATA LA CAUSA DEL RITARDO, L’ART. 101 LF NON PREVEDE LA DECORRENZA DI UN NUOVO TERMINE ANNUALE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Prima, Pres. Ceccherini – Rel. De Chiara | 24.11.2015 | n.23975
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