Il principio di tutela dell’affidamento consente l’esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria nel solo caso previsto dall’articolo 11 comma 3 L. n. 212/2000, e cioè laddove la pretesa dell’Ufficio sia difforme rispetto alla risposta ad un quesito formulato dal contribuente ai sensi del comma 1 della stessa disposizione. (In applicazione del principio, si è escluso che potesse essere ritenuto non dovuto il tributo per il fatto che la contestazione avrebbe potuto essere formulata anche in una precedente verifica, ove invece non erano state formulate osservazioni nei confronti del comportamento del contribuente).
Le garanzie previste dall’art. 12 comma 7 L. n. 212/2000 operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, non anche nelle cd. verifiche a tavolino.
Al di fuori dell’ambito di operatività dell’articolo L. n. 212/2000, nel caso di tributi armonizzati, quale l’IVA, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta l’invalidità dell’atto solo alla condizione che, in base alla cd. prova di resistenza, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni, valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio, si riveli non puramente pretestuosa.
Questi i principi statuiti dalla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, Pres. Bernardini – Rel. Morlini, con la sentenza n. 766 del 15 giugno 2020.
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