Procedimento patrocinato dagli Avv.ti Tommaso Proto e Vincenzo Cretella del Foro di Roma
Nelle ipotesi di pignoramento presso terzi, qualora siano pignorate somme depositate in un conto corrente, non rileva l’importo del credito esistente alla data di notificazione del pignoramento, bensì l’importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l’importo eventualmente incrementatosi fino alla udienza ex art. 543 c.p.c., anche alla luce del disposto dell’art. 546 c.p.c. che assoggetta al vincolo custodiale tutte le somme dovute fino al limite quantitativo della somma portata dall’atto di precetto aumentato della metà.
E’ consentita l’assegnazione di crediti futuri, a condizione che il rapporto sottostante sia già esistente.
Questi i principi di diritto sanciti dal Tribunale di Roma, nella persona della Dott.ssa Cristina Liverani, nell’Ordinanza decisoria resa in data 9 dicembre 2019.
Con due distinti ricorsi ex artt. 617 comma II° c.p.c., provvisti di apposita istanza di sospensione ex art. 618 c.p.c., trattati congiuntamente in ragione dell’unicità dei motivi di contestazione addotti, il debitore proponeva formale opposizione a due singole Ordinanze rese dal Giudice dell’Esecuzione nell’ambito di una procedura esecutiva presso terzi eccependo:
- l’irrilevanza, ai fini dell’assegnazione, dei movimenti successivi alla data di notifica del pignoramento sulla base dell’assunto in base al quale gli atti di pignoramento presso terzi si perfezionano al momento della loro notificazione ai terzi con la conseguenza che eventuali crediti venuti ad esistenza successivamente a tale data di notifica rimarrebbero estranei all’esecuzione;
- l’inammissibilità il pignoramento presso terzi degli eventuali crediti futuri del debitore esecutato.
I creditori procedenti si costituivano ritualmente nell’ambito del giudizio di opposizione per contestare tutto quanto eccepito dall’opponente in merito alle decisioni assunte del Giudice dell’Esecuzione nei provvedimenti opposti in ragione dell’infondatezza delle eccezioni mosse.
Celebrata l’udienza di discussione delle parti, il Giudice dell’Esecuzione rigettava l’istanza cautelare promossa dall’opponente ed assegnava un termine, lasciato spirare senza l’avvio di alcun azione, per l’introduzione dell’eventuale giudizio di merito.
Nel dettaglio, il Giudice, a seguito di un esame sommario, ma puntuale, della questione controversa, concludeva per l’infondatezza dell’opposizione proposta precisando come, al contrario di quanto sostenuto dalla parte opponente, nelle ipotesi di pignoramento presso terzi, non rilevi “…l’importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l’importo eventualmente incrementatosi fino alla udienza ex art. 543 c.p.c….”.
Rispetto all’eccezione afferente l’inammissibilità del pignoramento di crediti futuri, invece, il Giudice dell’Esecuzione ne rilevava l’inconsistenza:
- precisando, da un lato, che i crediti oggetto del giudizio esecutivo sottoposto alla sua attenzione non potevano essere qualificati come futuri in quanto certi liquidi ed esigibili;
- evidenziando, dall’altro, che, anche qualora i crediti in discorso fossero stati qualificabili come futuri, sarebbe stato, in ogni caso, ammissibile il loro pignoramento e la successiva assegnazione in quanto detti crediti erano originati da un rapporto giuridico già esistente al momento dell’esperimento dell’azione esecutiva.
La decisione assunta con l’Ordinanza in commento non pare passibile di censure poiché frutto di un iter argomentativo assolutamente privo di vizi logici. La bontà delle conclusioni rassegnate dal Tribunale, peraltro, è ampiamente comprovata dal costante orientamento in materia della Corte di Cassazione perfettamente conferente con le questioni sottoposte all’attenzione del predetto Giudice delle Esecuzioni e pienamente in linea con le conclusioni raggiunte nell’Ordinanza in discorso.
Stando all’insegnamento della Suprema Corte, infatti, “…nell’espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev’essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all’accertamento del suo obbligo, al momento in cui la sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l’esistenza, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che l’inesistenza del credito in quel momento possa determinare una nullità del processo esecutivo…” (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21081; nello stesso senso Cass. 26 marzo 2015, n. 6080, Cass. 9 marzo 2011 n. 5529). Conseguentemente “…in caso di incremento del credito sopravvenuto al pignoramento (come nell’ipotesi di rimesse effettuate dal correntista, qualora siano pignorate somme depositate in conto corrente), non rileva l’importo del credito esistente alla data della notificazione del pignoramento bensì l’importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l’importo eventualmente incrementatosi fino all’udienza ex art. 543 cod. proc. Civ…” (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21081; nello stesso senso Cass. 26 marzo 2015, n. 6080).
Orientamento, quello brevemente delineato, cui si è pienamente allineata anche la più recente giurisprudenza di merito (“…Per quanto riguarda il pignoramento presso terzi, va rimarcato che tale istituto costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona non con la sola notificazione dell’atto di intimazione di cui all’art. 543 c.p.c., ma anche con la dichiarazione positiva del terzo o con l’accertamento giudiziale del credito di cui all’art. 549 c.p.c.; ne consegue che il credito pignorato può essere individuato e determinato nel suo preciso ammontare in data anche successiva a quella della notificazione dell’atto, senza che lo si possa considerare sorto dopo il pignoramento…” Tribunale di Vasto, Sent. n. 90/2019; nello stesso senso Tribunale di Livorno, Sent. n. 715/2019).
D’altro canto, una diversa interpretazione delle norme che presidiamo l’azione esecutiva presso terzi, determinerebbe, come opportunamente sottolineato dalla Dott.ssa Liverani, una evidente violazione del principio di economia processuale e del principio della effettività della tutela giurisdizionale dei diritti “…in quanto si renderebbe necessario notificare più atti di pignoramenti per la soddisfazione dello stesso diritto ogni qualvolta, dopo la dichiarazione del terzo, sopravvengano ulteriori crediti, laddove invece l’art. 546 assoggetta al vincolo custodiale tutte le somme dovute fino al limite quantitativo della somma portata dall’atto di precetto aumentato della metà…”.
Ad ulteriore sostegno di quanto dedotto si aggiunga che gli stessi interventi normativi che hanno modificato il processo esecutivo, di cui, peraltro, danno espressamente atto anche le pronunce della Cassazione richiamate, non vanno, in alcun modo, ad intaccare la ratio posta alla base dell’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di cui si discute.
Ciò in ragione del fatto che:
- l’art. 543 c.p.c., anche nella sua nuova formulazione, fa salva la possibilità che il terzo renda la propria dichiarazione in udienza dal momento che prescrive, cito testualmente, “…che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza…”;
- l’art. 549 c.p.c. novellato, da ultimo, dall’intervento legislativo del 2012 (Legge n. 228/2012) non elimina l’ipotesi di un processo di accertamento dell’obbligo del terzo ma si limita a demandare la cognizione dello stesso al Giudice dell’Esecuzione assegnatario della procedura esecutiva prevedendo espressamente che laddove sorgano contestazioni sulla dichiarazione del terzo “…il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte (…) compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo…” le risolve con apposita ordinanza.
Da qui, l’ulteriore conferma della bontà della decisione assunta con l’Ordinanza sotto esame.
Per quel concerne poi la decisione assunta dal Giudice delle Esecuzioni rispetto alla eccezione di controparte afferente alla pignorabilità dei crediti futuri, al fine di acclararne la correttezza, si ritiene sufficiente operare un breve richiamo al costante, se non addirittura univoco, insegnamento della Suprema Corte secondo il quale “…L’esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente…” Cass. n.15607/2017; nello stesso senso da ultimo Cass. n. 25042/2019).
Ora, come evidenziato dalla Dott.ssa Liverani, non vi è dubbio sul fatto che l’azione esecutiva che ha originato gli atti opposti sia stata indirizzata sempre e comunque nei confronti di crediti riferibili a rapporti giuridici del debitore esecutato ben identificati e sicuramente già esistenti al momento della notifica dei vari pignoramenti (“…trattandosi, per i versamenti eseguiti dal ministero degli importi a titolo di acconto del 2 per mille del gettito IRPEF…”).
Di conseguenza, detta azione espropriativa sarebbe stata, in ogni caso, pienamente ammissibile anche qualora avesse colpiti eventuali crediti futuri del soggetto esecutato.
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