È possibile poter qualificare in termini di accettazione tacita dell’eredità la richiesta di voltura catastale di un immobile, affermazione questa suscettibile di estensione con i debiti adattamenti anche alla richiesta di adeguamento delle risultanze dei registri mobiliari per i beni mobili ivi iscritti, quale appunto un’autovettura.
Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Lombardo – Rel. Criscuolo, con l’ordinanza n. 15663 del 23 luglio 2020.
IL CASO
Gli eredi di un mutuatario si erano visti rigettare in primo grado un’opposizione a precetto (avverso l’atto di precetto notificato dalla banca intimata per il pagamento del debito derivante dal mutuo del defunto), sul presupposto dell’acquisto della qualità di eredi da parte degli intimati.
Secondo il Tribunale, infatti, nel 2013 avevano sottoscritto un atto intitolato come di accettazione dell’eredità + demolizione per esportazione, con il quale, premettendo di essere gli unici eredi del defunto, chiedevano che l’autovettura di questi fosse loro intestata e successivamente rottamata. Ad avviso del Tribunale tale dichiarazione costituiva un’accettazione espressa dell’eredità, e che la successiva rottamazione dell’auto equivaleva ad un atto di accettazione tacita, trattandosi di attività chiaramente esorbitante dai poteri conservativi riservati al chiamato all’eredità dall’art. 460 c.c. La successiva rinuncia all’eredità posta in essere dagli opponenti era priva di efficacia, stante l’irrevocabilità dell’accettazione dell’eredità. La decisione veniva confermata anche in appello. Gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che non si può ravvisare da quella dichiarazione, non corrispondente alla loro verità, un’accettazione espressa dell’eredità; così come la successiva rottamazione dell’auto non è qualificabile come atto di accettazione tacita della stessa.
LA DECISIONE
La Suprema Corte ha confermato che un simile atto è espressamente qualificato come di “accettazione eredità”, mirando sia all’intestazione in capo ai ricorrenti della proprietà del veicolo (cfr. Cass. n. 263/2013), sia alla successiva rottamazione, attività anche questa che esula dall’attività meramente conservativa riservata al chiamato all’eredità, ed implicando comunque un atto che implica accettazione tacita dell’eredità.
La necessità di dover intervenire sul bene mobile, anche per ragioni di pubblico interesse, non necessariamente implicava la soluzione della rottamazione, ben potendo limitarsi, al fine di mantenere la qualità di chiamati, a disporre lo spostamento del veicolo dalla pubblica via e la sua custodia in un luogo sicuro, di modo che la decisione di provvedere alla distruzione del bene comporta l’esecuzione di un atto dispositivo della proprietà di un bene ereditario per il quale, a mente dell’art. 460 c.c., si imponeva la previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, la cui assenza non può che determinare l’acquisto della qualità di erede in capo al disponente.
L’atto di accettazione dell’eredità, in applicazione del principio semel heres semper heres, è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l’acquisto della qualità di erede, la quale non può cessare, non solo laddove l’accettante intenda revocare l’atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell’ipotesi, qui prospettata dai ricorrenti, in cui compia un successivo atto di rinuncia all’eredità. Proprio alla luce del principio di irrevocabilità dell’atto di accettazione, la regola della retroattività della rinuncia va correttamente riferita alla sola ipotesi in cui nelle more tra l’apertura della successione e la data della rinuncia il chiamato non abbia ancora posto in essere atti idonei ad accettare l’eredità, ma non anche al diverso caso, come quello di specie, in cui nelle more sia intervenuta l’accettazione dell’eredità.
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