In un’operazione di acquisto di diamanti, la banca che si limiti a svolgere un’attività di mero orientamento della clientela interessata, circa la possibilità di acquistare le pietre presso un venditore terzo, anche mettendo a disposizione il materiale informativo di quest’ultimo, non svolge alcun ruolo attivo di proposizione dell’investimento.
Neppure può assumere valore probatorio in riferimento al coinvolgimento dell’istituto, da cui far derivare un affidamento qualificato sulla veridicità e correttezza delle condizioni riportate, la semplice produzione di articoli di stampa, di precedenti giurisprudenziali relativi ad altri casi o di delibere Agcom che di per sé non offrono elementi specifici di valutazione su eventuali responsabilità contrattuali o extracontrattuali dell’istituto.
Questi i principi ripresi dal Tribunale di Ravenna, Giudice Annarita Donofrio, con l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 9 novembre 2020, decidendo su una controversia fra un cliente e una banca. Il primo, correntista presso l’istituto di credito, aveva dedotto di aver sottoscritto un contratto di acquisto di pietre preziose su consiglio e sollecitazione di dipendenti dell’istituto bancario, e di aver successivamente scoperto che il prezzo da versare era ben maggiore del valore dichiarato della pietra e che il valore di quest’ultima fosse nella realtà inferiore rispetto a quello concordato. Aveva chiesto pertanto la condanna della banca al risarcimento dei danni conseguenti. L’istituto, negando la fondatezza della domanda avversaria, ne aveva chiesto il rigetto.
Il Giudice non ha accolto il ricorso, specificando come non si possa configurare alcun profilo di responsabilità in capo alla banca, sulla scorta di una duplice considerazione.
In primis, il cliente non aveva articolato alcun mezzo di prova, non dimostrando quindi che effettivamente i dipendenti dell’istituto bancario avessero fornito informazioni erronee o ingannevoli sull’affare o su caratteristiche rilevanti dell’operazioni. “Non risulta dimostrato il ruolo attivo e di proposizione da parte dei dipendenti della banca – ha osservato il Tribunale – ai fini della conclusione del contratto, tale da far sorgere in capo alla ricorrente, cliente dell’istituto, un affidamento sulla veridicità e correttezza delle condizioni indicate nella brochure informativa reperita nei locali dell’istituto”.
In secondo luogo, la banca non aveva assunto alcuna responsabilità diretta per l’acquisto dei diamanti, come espressamente indicato sia nella brochure informativa sia nei moduli sottoscritti dal cliente. Il rapporto alla base del contratto di acquisto delle pietre preziose, infatti, intercorreva soltanto fra il cliente-investitore e la società terza, soggetto diverso rispetto all’istituto bancario. L’unica attività compiuta dalla banca, in merito all’acquisto dei diamanti, era stata quella di “mero orientamento della clientela interessata”, lasciando alla società l’onere di fornire “informazioni più approfondite in ordine all’investimento”.
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Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
“TRUFFA DIAMANTI”: LA BANCA NON PUÒ RISPONDERE COME “INTERMEDIARIO FINANZIARIO”
VIENE IN RILIEVO LO STATO SOGGETTIVO DEL DOLO, CHE DEVE ESSERE PROPRIO DI COLUI CHE HA DETERMINATO L’ACQUISTO
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Claudio Antonio Tranquillo | 29.10.2019 | n.9850
CONTENZIOSO DIAMANTI: IL CLIENTE NON PUÒ AGIRE PER LA RISOLUZIONE NEI CONFRONTI DELLA BANCA SEGNALANTE
L’ISTITUTO DI CREDITO NON È LEGITTIMATO PASSIVAMENTE, NON AVENDO IN ALCUN MODO INCASSATO IL PREZZO DI VENDITA
Ordinanza | Tribunale di Genova, Giudice dott. Pietro Spera | 11.04.2019
“TRUFFA DIAMANTI”: LA BANCA NON RISPONDE PER L’ATTIVITÀ DI SEGNALAZIONE FINANZIARIA
IL CLIENTE NON PUÒ INVOCARE LA DISCIPLINA DI “MAGGIOR TUTELA” PREVISTA DAL TUF
Ordinanza | Tribunale di Parma, Giudice Antonella Ioffredi | 26.11.2018
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