In materia di onorari di avvocato, la conclusione della prestazione, prevista dall’art. 2957, comma 2, c.c., quale “dies a quo” del decorso del termine triennale di prescrizione, deve individuarsi nell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento fu conferito l’incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, III. sez. civ., Pres. Armano – Rel. Rossetti, con la sentenza n. 4595 del 21 febbraio 2020.
La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ravvisato la decorrenza del termine di prescrizione nella data di presentazione al Consiglio dell’Ordine del parere di congruità sulla parcella, anteriore alla conclusione del giudizio nel quale era stata svolta l’attività.
L’art. 1957 c.c., comma 1, pacificamente applicabile al credito vantato dal creditore di una associazione non riconosciuta nei confronti di coloro che hanno agito in nome e per conto di questa, pone a carico del creditore un termine di decadenza, decorrente “dalla scadenza dell’obbligazione principale”. La “scadenza dell’obbligazione” è il momento in cui il creditore può pretendere l’adempimento del credito che ne formava oggetto.
E poichè l’art. 2957 c.c., comma 2, fa decorre la prescrizione presuntiva del diritto all’onorario professionale dalla conclusione del giudizio per il quale l’opera professionale venne svolta, ciò vuol dire che è solo da tale momento che l’obbligazione può dirsi “scaduta”, ed il relativo diritto può essere fatto valere. Se dunque il diritto al pagamento dell’onorario professionale può essere fatto valere dopo la conclusione del giudizio, la sola presentazione all’ordine degli avvocati del parere di congruità della parcella non può costituire il momento di “scadenza dell’obbligazione” ai sensi dell’art. 1957 c.c..
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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Sentenza | Corte di Cassazione, SS. UU. Civ., Pres. Virgilio – Rel. Valitutti | 08.07.2020 | n.14233
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