L’art. 50 del TUB ha introdotto una novità abbastanza modesta rispetto al previgente art. 102 della Legge Bancaria del 1938, se considerata sul piano strettamente lessicale: l’’estratto di saldaconto’ è stato sostituito dall’’estratto conto’. Ma, al di là della permanente connotazione del documento quale ‘estratto’, la distanza tra la previgente previsione e l’attuale è nella sostanza assai marcata: se il ‘saldaconto’ era qualcosa di non esplicitamente definito, sicché l’interpretazione poteva orientarsi nel senso anzidetto, l’’estratto conto’ non può che essere ciò che la legge definisce e regola come tale, anzitutto all’art. 119 del TUB, oltre che agli artt. 1853 e 1857 c.c.. Dunque, secondo l’art. 119, “una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto”. Allo stato è un punto fermo che l’estratto di saldaconto, di mera natura riassuntiva del debito finale, idoneo nel vigore del previgente art. 102 della Legge Bancaria del 1938, non sia più sufficiente ai sensi dell’art. 50 del T.u.b., che richiede finanche in monitorio un vero e proprio estratto conto con la registrazione delle varie partite in dare e avere.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. De Chiara – Rel. Di Marzio, 24.12.2020, n. 29577 in un caso in cui una società lamentava, tra l’altro, che la sentenza impugnata avesse fondato la propria decisione sugli estratti di saldaconto prodotti dalla banca, ritenuti dalla ricorrente privi di efficacia probatoria nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
La decisione della Corte sul punto ha preso le mosse da una constatazione molto decisa, rilevando che “Il naturale radicamento della prassi, che il Collegio sovente ha avuto modo di constatare movendo dall’esperienza maturata nell’esaminare ricorrenti controversie quale quella oggi in esame, sembra non aver ancora del tutto cancellato dal mondo del diritto, a quasi trent’anni dall’abrogazione della norma, il dettato dell’art. 102 della vecchia Legge Bancaria (L. 7 marzo 1938, n. 141, art. 102) la quale consentiva alle banche di ottenere il decreto ingiuntivo sulla base dell’estratto di saldaconto”. Con queste parole la Corte archivia definitivamente una norma (ed una categoria, come vedremo: quella del c.d. ‘saldaconto’) a cui, nonostante l’intervenuta abrogazione, la giurisprudenza continuava a fare ancora un equivoco ricorso.
L’art. 102 della legge 7 marzo 1938, n. 141, di conversione del regio decreto legge 12 marzo 1936 n. 375, contenente disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia, stabiliva che l’Istituto di emissione (ossia la Banca d’Italia, nata nel 1893 dalla fusione, seguita allo scandalo della Banca Romana, di Banca Nazionale del Regno d’Italia, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito) e gli Istituti di credito di diritto pubblico (una speciale categoria istituita dalla legge bancaria del 1936 per raggruppare alcune banche aventi personalità giuridica di diritto pubblico e finalità di carattere pubblicistico: il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro, l’Istituto bancario San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena, cui si aggiunse pochi anni dopo il Banco di Sardegna) potessero chiedere il decreto di ingiunzione “anche in base all’estratto dei loro saldaconti, certificato conforme alle scritturazioni da uno dei dirigenti dell’istituto interessato”.
Come rilevato dalla sentenza in commento, l’art. 102 non chiariva cosa fosse il ‘saldaconto’, ma, “nella pratica, si era assestata l’idea che si trattasse di una semplice dichiarazione, proveniente dalla banca, dell’entità del saldo, con la attestazione di ‘verità e liquidità’ da parte del funzionario addetto”. Come detto, tale norma è stata espressamente abrogata dall’art. 161 del TUB (d.lgs. 1.9.1993, n. 38), che l’ha sostituita con l’art. 50 TUB: “La Banca d’Italia e le banche possono chiedere il decreto d’ingiunzione previsto dall’art. 633 del codice di procedura civile anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido”. Una norma, quest’ultima, che, come evidenzia la pronuncia in commento, “ha introdotto una novità abbastanza modesta, se considerata sul piano strettamente lessicale”, avendo sostituito l’’estratto di saldaconto’ con l’’estratto conto’.
Ma, come aggiunge la pronuncia, al di là della permanente connotazione del documento quale ‘estratto’, “la distanza tra la previgente previsione e l’attuale è invece nella sostanza assai marcata: se il ‘saldaconto” era qualcosa di non esplicitamente definito, sicché l’interpretazione poteva orientarsi nel senso anzidetto, l’’estratto conto’ non può che essere ciò che la legge definisce e regola come tale, anzitutto all’art. 119 del Testo Unico Bancario, oltre che agli artt. 1853 e 1857 c.c. Dunque, secondo l’art. 119, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto”.
Del resto, la Suprema Corte aveva colto subito la portata innovativa dell’art. 50 TUB, rilevando che “il saldaconto previsto dall’art. 102 Legge Bancaria è affatto diverso dall’estratto periodico di conto corrente, essendo il primo un documento appositamente formato dalla banca per la finalità dell’art. 102 Legge Bancaria e nel quale viene indicato soltanto il saldo debitore del conto, senza che sia riportata l’evoluzione delle operazioni attive e passive che l’hanno determinato, mentre il secondo, viceversa, riproduce integralmente i dati annotati nella scheda del conto e relativi a tutte le operazioni affluite sullo stesso” (Cass., Sez. Un., 18 luglio 1994, n. 6707).
E, al tempo stesso, la Suprema Corte aveva anche colto subito in maniera chiara la ratio ispiratrice della novella, diretta a soddisfare la “necessità di tutelare il correntista anche nell’eventuale giudizio susseguente al procedimento monitorio, consentendogli una contestazione consapevole delle risultanze del documento stesso” (ancora Cass., Sez. Un., 18 luglio 1994, n. 6707). Una funzione a cui il vecchio ‘saldaconto’ non poteva rispondere, “non consentendo alcun controllo in ordine alle poste considerate e ai conteggi compiuti” (di nuovo, la pronuncia appena citata).
Per molto tempo la pratica del diritto ha invece continuato ad equivocare sul significato esatto dell’espressione “estratto conto” impiegata dall’art. 50 TUB, ritenendo spesso ancora sufficiente la certificazione del saldo finale a debito da parte del funzionario competente. Non cogliendo, cioè, la netta soluzione di continuità fra la vecchia norma dell’art. 102 legge 141/1938 e l’art. 50 TUB (in tal senso cfr. ad es. l’equivoca pronuncia di Cass., Sez. 3, Sent. 19.10.2016, n. 21092, che ha ritenuto il vecchio saldaconto ancora sufficiente nel procedimento monitorio).
E non sono mancate nemmeno pronunce che hanno attribuito un qualche valore al saldaconto anche nella successiva fase di merito, ove esso “può assumere rilievo come elemento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi egualmente significativi” (Cass., sez. 1, 19 marzo 2009, n. 6705). Tanto più, sulla base di quegli orientamenti che riconoscono natura di patto relativo all’onere della prova alla clausola del contratto di conto corrente con la quale il cliente riconosca che i libri e le altre scritture contabili della banca facciano piena prova nei suoi confronti. Clausola che si è ritenuta immune da nullità ex art. 2698 cod. civ., non integrando una non consentita inversione dell’onere probatorio su diritti di cui le parti non possano disporre, né un aggravamento eccessivo nell’esercizio del diritto (cfr. Cass. civ. Sez. I, Sent., 2.12.2011, n. 25857).
In realtà, la certificazione unilaterale del saldo finale a debito del cliente non è più sufficiente nemmeno nella fase monitoria, posto che l’art. 50 TUB richiede di dare conto dello svolgimento dell’intero rapporto attraverso una completa estrazione del conto di regolazione.
Allo stato, dunque, come puntualizza la sentenza in commento, “è un punto fermo che l’estratto di saldaconto, di mera natura riassuntiva del debito finale, idoneo nel vigore del previgente art. 102 della Legge Bancaria del 1938, non è più sufficiente ai sensi dell’art. 50 del TUB, che richiede finanche in monitorio un vero e proprio estratto conto con la registrazione delle varie partite in dare e avere”.
Un quesito la Corte, per sua stessa ammissione, lascia aperto: cosa debba esattamente intendersi con la previsione per cui “le banche possono chiedere il decreto d’ingiunzione previsto dall’art. 633 c.p.c., anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili” (art. 50 TUB). E cioè, in particolare, se sia esatto ritenere, come è stato in un’occasione affermato, che nella “fase monitoria… possono essere prodotti gli estratti conto relativi all’ultima fase di movimentazione del conto” (cfr. Cass. Civ. 2.8.2013, n. 18541).
In verità, non è ben chiaro quali sarebbero “gli estratti conto relativi all’ultima fase di movimentazione del conto”. Né pare che la norma offra appigli, almeno espliciti, all’opinione secondo cui essa si riferirebbe all’ultimo estratto conto di periodo (mese o trimestre, solitamente), a meno di non voler valorizzare il troppo esile rilievo che ‘l’estratto conto’ è citato al singolare.
Come afferma la pronuncia in commento, “semmai, sembra preferibile ritenere che la facoltà delle banche di chiedere il decreto d’ingiunzione previsto dall’art. 633 c.p.c., anche in base all’estratto conto, ossia ad “una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto”, richieda la produzione di quegli estratti conto dai quali sia possibile ricostruire, nello sviluppo temporale del rapporto, la sussistenza del credito fatto valere con il ricorso per ingiunzione”.
Parole che, però, lasciano in sospeso una soluzione definitiva della questione, soprattutto alla luce dei principi in materia di onere della prova nei rapporti di conto corrente e in quelli di credito ivi regolati, principi che onerano l’istituto di un’estrazione completa, fin dal momento di apertura del rapporto.
Ciò che è certo, come afferma la sentenza in commento, “è che l’onere del convenuto in senso sostanziale di prendere posizione, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore in monitorio a fondamento della propria domanda, in tanto può esplicarsi, in quanto l’attore abbia a propria volta spiegato, nel ricorso per ingiunzione, una pretesa fondata su fatti esposti in modo chiaro ed analitico: fatti cioè che, ove non specificamente contestati, possano risultare idonei a far scattare il meccanismo della non contestazione”.
Il che non accade, appunto, ove la banca si avvalga, nel ricorso per decreto ingiuntivo, di un estratto conto incompleto, che non contenga un puntuale resoconto dello sviluppo del rapporto in dare e avere, tale da palesare la sussistenza del credito azionato in monitorio.
Solo qualora la banca ricorrente in monitorio abbia fondato la propria pretesa su estratti conto che consentano un pieno “controllo in ordine alle poste considerate e ai conteggi compiuti”, l’opponente si troverà esposto all’onere di contestazione.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno