L’art. 26 bis c.p.c., comma 2, introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, art.19, lett. b), (convertito nella L. n. 162 del 2014), nel disciplinare il foro relativo all’espropriazione forzata di crediti, stabilisce la competenza del giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Si tratta di una norma sulla competenza concernente le controversie con cui si esercita l’azione esecutiva mediante espropriazione forzata dei crediti, che individua, all’uopo, un foro speciale, mentre sia la L. n. 898 del 1970, art. 12 quater sia l’art. 20 c.p.c. regolano la competenza in ordine alle controversie introdotte con azione di cognizione, relative a diritti di obbligazione.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sesta Sezione, Pres. Valitutti – Rel. Parise con l’ordinanza n. 3881 del 16 febbraio 2021 in tema di esecuzione presso terzi per il recupero di somme da assegno divorzile.
La fattispecie esaminata, invero, si fonda sulla errata individuazione della competenza territoriale del Giudice dell’esecuzione, adito dalla parte procedente, in capo al Tribunale del luogo di esecuzione dell’obbligazione di pagamento ai sensi della Legge n. 898/1970 ovvero dell’art. 20 cpc.
La Corte di Cassazione, invece, ha correttamente applicato il principio generale dettato in materia dall’art. 26 bis c.p.c., comma 2, introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, art. 19, lett. b), convertito nella L. n. 162 del 2014, che, come è noto, determina il foro relativo all’espropriazione forzata di crediti dinanzi al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Le difese, pertanto, del creditore procedente circa la legittimità del radicamento della esecuzione dinanzi al Tribunale del luogo di propria residenza, presso il quale la relativa obbligazione di credito pecuniario e divorzile sarebbe dovuta essere eseguita, sono state totalmente disattese in sede di legittimità sul fondamentale presupposto che sia l’art. 12 quater della L. n. 898 del 1970 che l’art. 20 c.p.c. attengono unicamente a controversie “ introdotte con azione di cognizione, relative a diritti di obbligazione “.
Come è noto, la predetta Legge n. 898/1970 disciplina espressamente i casi di scioglimento del matrimonio ed al suo art. 4 primo comma prevede che “….La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge” mentre al successivo art. 12-quater stabilisce che “Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio….”.
L’art. 20 c.p.c., invece, determina il foro, facoltativo, delle “cause relative a diritti di obbligazione “ individuandolo “ anche “ nel “ luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio”.
Il principio discriminante utilizzato dai Giudici di legittimità ci appare effettivamente corretto e soprattutto rispondente allo spirito giuridico delle norme richiamate in applicazione, poiché è evidente come l’utilizzo della locuzione “cause” da parte del Legislatore sia nella Legge n. 898/1970 che nell’art. 20 c.p.c. non possa, a parere di chi scrive, lasciare dubbi sul fatto che le controversie considerate non siano in alcun modo riferibili alle azioni e/o alle procedure esecutive.
Ci autorizza a tanto anche solo la disamina delle disposizioni generali del Libro Primo del nostro Codice processual-civilistico in materia, appunto, di giurisdizione e competenza in generale laddove detto termine “ cause “ si intende usato nell’accezione di “ controversie civili “ anche nell’ipotesi in cui queste siano “ relative all’esecuzione forzata “ ex art. 17 cpc, ben distinto da quello, totalmente diverso, di “ esecuzione forzata “ che il legislatore impiega solo nei successivi artt. 26 e 26-bis.
Il contenuto, infatti, del “ nuovo “ art. 26-bis c.p.c., non a caso rubricato come “ Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti “ è quanto mai chiaro ed esaustivo al riguardo perché prevede, a seconda dei casi, che “….Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede….” mentre “ ….Fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede “.
Oltretutto si tratta di disposizione che, entrata in vigore a partire dall’11 dicembre 2014 per apposito intervento legislativo, deroga a quello che è il foro generale dell’esecuzione forzata disciplinato dall’art. 26 e che ha inteso sostituire proprio la precedente regolamentazione che stabiliva come foro delle esecuzioni presso terzi il luogo di residenza del terzo debitore genericamente inteso, per cui è evidente come l’intento sia stato volutamente quello di favorire il debitore e di rendere questa disciplina più vicina al principio generale di competenza per territorio contenuto nell’art. 18 cpc, senza deroghe di sorta.
In conclusione, come giustamente precisato dagli Ermellini, l’unico principio di fondo da applicarsi, sebbene evidentemente non del tutto scontato, è quello secondo il quale la competenza territoriale per le esecuzioni prescinda totalmente “dal titolo del credito azionato in via esecutiva “.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
PPT – COMPETENZA TERRITORIALE: SE IL DEBITORE RISIEDE ALL’ESTERO, RILEVA LA RESIDENZA DEL CREDITORE
LA GIURISDIZIONE VA INDIVIDUATA CON RIFERIMENTO AL RAPPORTO DA CUI SCATURISCE IL CREDITO
Ordinanza | Tribunale di Milano, Dott. Giuseppe Fiengo | 19.05.2016 |
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