Agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave vuol dire azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione.
Questo è il principio espresso dalla Suprema Corte, sez. VI, Pres.Scotti – Rel. Nazzicone, con l’ordinanza n. 6069 del 04.03.2021.
In particolare la vicenda ha riguardato il ricorso proposto avverso la pronuncia della corte territoriale che respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Roma il 3 maggio 2017, la quale aveva a sua volta disatteso la domanda di pagamento di una ricompensa ex art. 930 c.c., a titolo di ritrovamento di denaro virtuale non contabilizzato nel bilancio consolidato della banca approvato con deliberazione assunta dall’assemblea del 13 maggio 2014.
Il gravame è stato proposto sulla base di due motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 927 e 930 c.c., in quanto la corte territoriale non ha ben inteso le ragioni della domanda proposta, che non attengono alla falsità del bilancio in sè, ma alla rivendicazione di una ricompensa, ai sensi delle norme menzionate, per avere egli rinvenuto una cosa mobile, ossia la somma di denaro “creata” dalla banca;
2) violazione o falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 346 c.p.c., per non avere la corte territoriale ammesso le istanze di prova orale e la c.t.u., ossia l’interrogatorio formale del legale rappresentante della banca.
La Corte, investita del thema decidendum, ha rappresentato che il chiaro riferimento al concetto di “cosa”, di cui agli artt. 927 e 930 c.c., vale a chiarire come si tratti della nozione, ampiamente studiata nel diritto privato, riferita a “porzione del mondo esterno materiale”; laddove, invece, è il “bene” – nozione distinta – a rappresentare il risultato della qualificazione formale operata dall’ordinamento, che tramuta dunque un’entità nell’oggetto di un diritto soggettivo, conferente un potere (art. 810 c.c.).
In tal senso, la possibilità per l’ordinamento, a fronte dell’emergere di nuovi interessi ritenuti degni di tutela giuridica, di costruire nuovi diritti soggettivi aventi per oggetto le più diverse entità non conduce – in nessun caso – a confondere le nozioni di cosa e di bene in senso giuridico; come è confermato, ad esempio, dal fatto stesso che la medesima “cosa” può esprimere più “beni” in senso giuridico.
Orbene, per il Collegio, il ricorrente ha proposto un ricorso sostenendo una tesi ardita, cui già si era in diritto risposto con due distinte decisioni di merito, contraria ai principi giuridici diffusi e risalenti, tanto che esso costituisce almeno un’ipotesi di colpa grave, consistente nel non intelligere quod omnes intelligunt.
Per tale motivo, la Suprema Corte ha ritenuto sussistenti i motivi per la condanna di cui all’art. 96 c.p.c. in quanto agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave vuol dire azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione.
Alla luce di tali motivazione, gli ermellini hanno rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., oltre che alla refusione delle spese di lite in favore della banca.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia si seguenti contributi pubblicati in Rivista:
La manifesta inammissibilità impone la condanna d’ufficio ex art. 96, terzo co, cpc
Ordinanza | Tribunale di Verona, Giudice Attilio Burti | 10.06.2020
IL MANCATO DEPOSITO DI MEMORIE ISTRUTTORIE E DI SCRITTI CONCLUSIVI CONFERMA MALA FEDE E/O COLPA GRAVE
Sentenza | Tribunale di Caltanissetta, Giudice Calogero D. Cammarata | 18.02.2020 | n.60
LITE TEMERARIA: SUSSISTE IN IPOTESI DI PRETESTUOSO DISCONOSCIMENTO DI SCRITTURA PRIVATA AUTENTICA
LA MANCATA PARTECIPAZIONE ALLE OPERAZIONI PERITALI PER RENDERE IL SAGGIO GRAFICO COMPORTA IL RICONOSCIMENTO
Sentenza | Tribunale di Gela, Giudice Stefania Sgroi | 11.10.2019 | n.465
INTEGRA UN’IPOTESI (ALMENO) DI COLPA GRAVE, CONSISTENTE NEL NON INTELLIGERE QUOD OMNES INTELLIGUNT
Ordinanza | Cass. civ., Sez. III, Pres. Rel. Marco Rossetti | 03.10.2019 | n.24649
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