In materia di computo dei termini, ai sensi dell’art 155 c.p.c. per i termini calcolati “a ritroso” non si computa il dies a quo, ma deve invece calcolarsi il dies ad quem, il giorno cioè nel quale si deve effettuare l’atto sottoposto a termine.
Ove non sia rispettato il termine per il deposito in cancelleria della comparsa contenente l’appello incidentale, di cui all’art. 343 cod. proc. civ., l’appello è inammissibile ed a nulla rileva che per l’appellante non sia ancora spirato il termine di cui agli artt. 325 o 327 cod. proc. civile.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. VI-3 civile, Pres. Frasca – Rel. Gorgoni con l’ordinanza n. 6386 del 6 marzo 2020.
La vicenda esaminata trae origine da un’azione risarcitoria proposta dal danneggiato nei confronti della società proprietaria dell’autocarro coinvolto nel tamponamento.
La società si costituiva in giudizio chiamando in causa la compagnia di assicurazione e proponendo domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’autocarro nella collisione.
Il Giudice di Pace adito rigettava la domanda attorea e quella riconvenzionale ed avverso tale pronuncia, proponeva appello il danneggiato e la società si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta contenente appello incidentale.
Alla prima udienza il danneggiato eccepiva l’inammissibilità dell’appello incidentale per violazione degli artt. 166 e 167 c.p.c., non essendo stato osservato il termine di 20 giorni prima dell’udienza di comparizione ma il Tribunale adito dichiarava tempestivo ed ammissibile l’appello incidentale della resistente, confermava la sentenza gravata quanto al concorso di colpa e dichiarava cessata la materia del contendere relativamente all’appello principale, e, accogliendo l’appello incidentale, ammetteva la richiesta risarcitoria della società.
Avverso il provvedimento del Tribunale ricorreva per cassazione il danneggiato lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 343, 166, 167 e 155 c.p.c.., per avere il Tribunale erroneamente conteggiato sia il termine iniziale che il termine finale, laddove il giudice avrebbe dovuto procedere al conteggio a giorni e non avrebbe dovuto essere computato il giorno di decorrenza del termine a ritroso, ma del solo dies ad quem, con conseguente inammissibilità del gravame incidentale.
La Suprema Corte ha chiarito che l’articolo 343 c.p.c. non prevede se il termine di costituzione debba considerarsi “libero” o meno e, mancando ogni precisazione a tal riguardo, ha osservato che il termine libero costituisce un’eccezione alla regola generale in materia di computo dei termini, dettata all’art. 155 c.p.c. secondo cui, mentre non si computa il dies a quo, deve invece calcolarsi il dies ad quem, il giorno cioè nel quale si deve effettuare l’atto sottoposto a termine e che tale regola si applica anche per i termini che decorrono all’indietro, nei quali è da considerare come dies a quo il giorno di partenza del computo a ritroso, che, quindi, non deve essere calcolato, e come dies ad quem il giorno terminale del computo all’indietro, che, pertanto, deve essere conteggiato.
Ciò posto, rappresentando il termine libero un’eccezione alla regola generale, la sua eventuale deroga deve essere espressamente sancita dal legislatore, con la conseguenza che, in difetto, si deve ritenere che il computo del termine vada effettuato nel rispetto della regola generale fissata all’art. 155 c.p.c.
Il Collegio ha quindi chiarito che il sistema delle impugnazioni previsto dal codice di procedura civile pone a carico dell’impugnante incidentale l’onere di rispettare due termini:
a) un TERMINE “ESTERNO”, cosiddetto perché preesistente alla proposizione di qualsiasi impugnazione, previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c..: un termine di decadenza, cui la legge consente di derogare quando l’interesse all’impugnazione incidentale sorga dalla proposizione dell’impugnazione principale;
b) un TERMINE “INTERNO”, previsto dall’art. 343 c.p.c. non derogabile in alcun modo, e la cui ratio non è la certezza dei rapporti giuridici, ma la salvaguardia della parità processuale delle parti e del diritto di difesa dell’appellante principale, rispetto alle doglianze formulate con l’appello incidentale.
Questi due termini, però, sono tra loro complementari e non alternativi, con la conseguenza che ove non sia rispettato il termine per il deposito in cancelleria della comparsa contenente l’appello incidentale, di cui all’art. 343 c.p.c., l’appello è inammissibile ed a nulla rileverà che per l’appellante non sia ancora spirato il termine di cui agli artt. 325 o 327 c.p.c..
In ragione di tali rilievi, la Corte ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la decisione anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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