Nella pendenza del rapporto di conto corrente i versamenti di danaro eseguiti su di esso dal correntista non costituiscono pagamenti ma costituiscono semplici rimesse che hanno il carattere di ripristinare il fido concesso dalla banca al cliente, laddove eseguite su di un conto affidato e nell’ambito dell’affidamento concesso. Dunque l’azione di ripetizione dell’indebito per pagamenti eseguiti dal correntista in virtù di annotazioni in conto illegittimamente eseguite dalla banca può essere esercitata solo una volta estinto il conto corrente. Solo in questo momento, infatti, il correntista è chiamato a saldare alla banca l’eventuale passività esposta dal conto corrente. In sostanza, in presenza di un conto corrente ancora aperto, al cliente è consentita la sola azione di nullità delle clausole negoziali relative agli interessi, commissioni e spese, o quella di accertamento dell’esatto saldo contabile.
Se pendente l’apertura di credito, se il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, è indubbio che non vi sia stato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto, egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso, invece, che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione, in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto “scoperto” e non, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.
L’annotazione in conto di una posta di interessi (o di c.m.s.) illegittimamente addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria nei termini sopra indicati in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa, circostanza questa non avvenuta nel caso di specie, ma non potrà agire por la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Lagonegro, Giudice Maurizio Ferrara, n. 104 del 09 febbraio 2021.
Nella vicenda esaminata una Banca proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Polla con cui era stata condannata al pagamento in favore di una società correntista di quanto ritenuto indebitamente percepito in relazione al rapporto di conto corrente.
L’istituto di credito lamentava, in particolare, la violazione dell’art. 2033 c.c. in quanto al momento della notificazione dell’atto di citazione il conto corrente della società odierna appellata risultava aperto; la violazione dell’art. 2697 cc in merito all’onere della prova.
Il Tribunale, rilevato che la chiusura del conto corrente de quo era avvenuta solo in epoca successiva all’atto di citazione, ha chiarito che nella pendenza del rapporto di conto corrente i versamenti di danaro eseguiti su di esso dal correntista non costituiscono pagamenti ma costituiscono semplici rimesse che hanno il carattere di ripristinare il fido concesso dalla banca al cliente, laddove eseguite su di un conto affidato e nell’ambito dell’affidamento concesso; pertanto l’azione di ripetizione di indebito per pagamenti eseguiti dal correntista in virtù di annotazioni in conto illegittimamente eseguite dalla banca può essere esercitata solo una volta estinto il conto corrente.
Sul punto il Giudice ha chiarito che durante lo svolgimento del rapporto il correntista che abbia effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, potrà ritenere questi ultimi alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione, solo in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto “scoperto” e non, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere. Di pagamento potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto.
Il Giudicante ha quindi rilevato che nel caso in esame la società attrice non solo aveva agito in giudizio senza produrre il contratto di conto corrente, indispensabile al fine di documentare le condizioni contrattuali ritenute illegittime ma non aveva fornito nè la prova di aver effettuato pagamenti solutori nel corso del rapporto, né tantomeno aveva allegato di avere provveduto al pagamento del saldo passivo del conto, motivo per il quale il Giudice di Pace non avrebbe potuto emettere alcuna condanna della convenuta alla restituzione di somme in favore dell’attrice, né al riaccredito delle medesime.
In ragione di tali rilievi, il Tribunale ha quindi accolto l’appello promosso dalla Banca e condannato la correntista alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione dell’impugnata sentenza, nonché alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio e di CTU.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
OCCORRE IL CONCRETO SPOSTAMENTO PATRIMONIALE IN FAVORE DELLA BANCA
Sentenza | Tribunale di Civitavecchia, Giudice Giulia Sorrentino | 16.12.2020 |
IN CASO DI RIMESSE RIPRISTINATORIE DELLA DISPONIBILITÀ DI CREDITO, L’AZIONE DI RIPETIZIONE POTRÀ ESSERE ESERCITATA SOLO ALLA CHIUSURA DEL CONTO STESSO
Sentenza | Tribunale di Avezzano, Giudice Giulia Sorrentino | 05.02.2019 | n.19
RIPETIZIONE INDEBITO: AZIONE INAMMISSIBILE SE IL CONTRATTO È ANCORA IN CORSO
E’ POSSIBILE AGIRE PER IL MERO ACCERTAMENTO NEGATIVO
Sentenza | Tribunale di Foggia, Giudice Lidia del Monaco | 23.01.2019 | n.201
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