Ai fini dell’affermazione di una specifica responsabilità contrattuale o extracontrattuale dell’istituto in tema di investimenti da diamanti, non assumono valore probatorio la semplice produzione di articoli di stampa, di precedenti giurisprudenziali relativi ad altri casi, in cui verosimilmente il materiale probatorio era più vasto o di delibere Agcom che di per sé non offrono elementi specifici di valutazione su eventuali responsabilità contrattuali o extracontrattuali dell’istituto. Il fatto che la banca sia stata condannata in altre occasioni per la vicenda dei “diamanti da investimento” nulla prova in ordine alla responsabilità in ogni singolo giudizio, stante l’eterogeneità dei procedimenti, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo.
Questo il principio di diritto confermato dalla Corte d’Appello di Milano, Pres. Fontanella – Rel. Orsenigo, con la sentenza n. 510 del 16 febbraio 2021.
IL CASO
La pronuncia in commento trae origine dalla domanda giudiziale promossa – in primo grado innanzi al Tribunale di Milano – dai clienti di un istituto di credito che avevano lamentato di essere stati “sollecitati” da quest’ultimo ad investire i propri risparmi nell’acquisto di uno o più diamanti e di aver “scoperto”, solo qualche anno dopo l’acquisto, che le pietre acquistate avessero in realtà un valore di mercato inferiore ad un terzo del prezzo di acquisto. Tra i presupposti della domanda attorea, i clienti avevano tentato di valorizzare la circostanza che la banca fosse stata sanzionata dall’AGCOM per pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo in relazione alle operazioni di compravendita di diamanti a scopo di investimento; avevano quindi chiesto accertarsi la responsabilità contrattuale e precontrattuale dell’istituto, con conseguente obbligo di risarcimento del danno. La banca, dal canto suo, costituitasi in giudizio, aveva eccepito il difetto di legittimazione passiva, deducendo la propria estraneità rispetto alla vicenda, essendosi limitata a segnalare ai clienti la possibilità di concludere l’operazione di compravendita con una società terza e restando pertanto estranea al rapporto contrattuale e commerciale instaurato in via bilaterale tra i clienti stessi e detta società venditrice. Il Tribunale aveva respinto la domanda dei clienti, che riproponevano le proprie doglianze innanzi alla Corte d’Appello di Milano.
LA DECISIONE
La Corte territoriale ha rigettato l’appello e, circa la responsabilità dell’istituto di credito, ha osservato come i documenti prodotti nel giudizio di primo grado fossero inconferenti ai fini della censurabilità della condotta della banca. Le sanzioni o raccomandazioni dell’autorità di vigilanza del settore bancario, avendo portata generale e astratta, non possono, infatti, supportare le doglianze dei clienti nel caso specifico, come statuito da diversi Tribunali di merito.
Il Collegio ha ribadito che “la documentazione di cui si contesta l’omessa valutazione non prova che la Banca è parte contrattuale nella compravendita di diamanti, atteso che tale qualifica può essere evinta esclusivamente dal dato letterale degli accordi negoziali, nonché dalla titolarità dei beni oggetto del contratto e della spettanza del prezzo pagato come corrispettivo della cessione. Infatti non solo non è vietato, ma è al contrario pratica piuttosto diffusa che un terzo metta in contatto due o più soggetti segnalando a una parte l’intenzione dell’altra di concludere un determinato affare. Così, risultano del tutto inconferenti sia il richiamo alla volontà delle parti (tra cui, per l’appunto, non rientra la banca) che quello alla causa del contratto di compravendita; inoltre, gli appellanti confondono la causa della compravendita con i motivi”.
Ne è disceso l’integrale rigetto dell’appello dei clienti, con condanna alle spese di lite.
La pronuncia si pone in linea con altre recenti decisioni di merito, che hanno ritenuto del tutto marginale il ruolo della banca nelle operazioni di segnalazione alla propria clientela del possibile investimento in pietre preziose, non potendo l’istituto rispondere del minor valore intrinseco dei diamanti e, soprattutto, non potendo i clienti limitarsi ad addebitare genericamente qualsivoglia responsabilità, in assenza di prova di uno specifico profilo di danno eziologicamente collegato alla condotta della banca.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTENZIOSO DIAMANTI: la Banca segnalante non ha responsabilità nel rapporto cliente-società terza
L’attività dell’istituto di credito è di mero orientamento dell’investitore interessato
Ordinanza | Tribunale di Ravenna, Giudice Annarita Donofrio | 09.11.2020
Domanda inaccoglibile se manca l’allegazione e la prova del contenuto degli obblighi di protezione e di informazione che si asseriscono violati
Ordinanza | Tribunale di Milano, Giudice Ada Favarolo | 14.10.2020
Non è responsabile l’istituto che si sia limitato a “segnalare” al cliente l’operazione di collocamento svolta da un venditore terzo
Ordinanza | Tribunale di Bologna, Giudice Pietro Iovino | 16.07.2019
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