L’ ISC non ha alcuna funzione o valore di “regola di validità”, tanto meno essenziale, del contratto poiché è un mero indicatore sintetico del costo complessivo del contratto e non incide sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto contrattuale, definita dalla pattuizione scritta di tutte le voci di costo negoziali.
Tali conclusioni sono avvalorate dalla stessa disciplina della Banca d’Italia, che sia nella originaria circolare del 2003, sia in quella del 2009 e successive modifiche — regola I’I.S.C. nell’ambito delle rispettive Sezione II, dedicate, per l’appunto, alla “pubblicità e informazione contrattuale”, con totale pretermissione di ogni riferimento ad esso nell’apposita Sezione III, disciplinante i “requisiti di forma e di contenuto minimo dei contratti”: ciò a dimostrazione che tale disciplina non è stata evidentemente emessa in esecuzione dei poteri attribuiti alla Banca d’Italia dall’art. 117 co. 8 T.U.B. che si riferisce espressamente solo al “contenuto tipico determinato” del contratto.
Pertanto, quand’anche l’indicazione in contratto dell’ ISC/TAEG risultasse mancante o difforme dal valore effettivamente assunto dal parametro, dalla circostanza discenderebbe una violazione della disciplina di trasparenza, che non incide sulla validità della clausola contrattuale determinativa degli interessi dovuti ma, al massimo, può determinare responsabilità precontrattuale della banca e al più fondare pretese risarcitorie, ove la condotta sia risultata ingannevole ed abbia portato un concreto danno, nel caso di specie non avanzate dalla ricorrente.
Va quindi esclusa la nullità del contratto o le conseguenze sanzionatorie di cui al 7′ comma dell’art. 117 TUB in caso di omissione o errata indicazione del TAEG/ISC nei contratti non regolati dalla disciplina sul credito al consumo.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Bologna, Giudice Maria Laura Benini, con la sentenza n. 498 del 5 marzo 2021.
Nella vicenda esaminata un mutuatario conveniva in giudizio la Banca dolendosi dell’erronea indicazione dell’ISC/TAEG inserito nel contratto e chiedendo il conseguente accertamento della nullità della clausola di determinazione degli interessi.
Nel dirimere la controversia, il Tribunale ha ritenuto di dover aderire all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito, secondo cui l’ISC non ha alcuna funzione o valore di “regola di validità”, tanto meno essenziale, del contratto in quanto costituisce un mero indicatore sintetico del costo complessivo del contratto e, come tale, non è idoneo ad incidere sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto contrattuale.
Tali conclusioni, precisa il Giudice, sono avvalorate dalla stessa disciplina della Banca d’Italia, che sia nella originaria circolare del 2003, sia in quella del 2009 e successive modifiche — regola I’I.S.C. nell’ambito della rispettive Sezione II, dedicate, per l’appunto, alla “pubblicità e informazione contrattuale”, con totale pretermissione di ogni riferimento ad esso nell’apposita Sezione III, disciplinante i “requisiti di forma e di contenuto minimo dei contratti“: ciò a dimostrazione che tale disciplina non è stata evidentemente emessa in esecuzione dei poteri attribuiti alla Banca d’Italia dall’art. 117 co. 8 T.U.B. che si riferisce espressamente solo al “contenuto tipico determinato” del contratto.
Pertanto, quand’anche l’indicazione in contratto dell’ ISC/TAEG risultasse mancante o difforme dal valore effettivamente assunto dal parametro, dalla circostanza discenderebbe una violazione della disciplina di trasparenza, che non incide sulla validità della clausola contrattuale determinativa degli interessi dovuti ma, al massimo, può determinare responsabilità precontrattuale della banca e al più fondare pretese risarcitorie, ove la condotta sia risultata ingannevole ed abbia portato un concreto danno, nel caso di specie non avanzate dalla ricorrente.
Il Giudice ha quindi chiarito che è da escludersi la nullità del contratto o le conseguenze sanzionatorie di cui al 7′ comma dell’art. 117 TUB in caso di omissione o errata indicazione del TAEG/ISC nei contratti non regolati dalla disciplina sul credito al consumo, disciplina non applicabile al contratto contestato.
In ragione di tali rilievi, il Tribunale ha rigettato le domande formulate dall’attore, condannandolo altresì alla rifusione delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
Non si applica la sanzione della nullità in caso di divergenza tra quello indicato in contratto e quello applicato
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Tommaso Martucci | 29.01.2021 | n.1726
L’ISC non costituisce parte integrante del regolamento contrattuale
Svolge una funzione meramente informativa in ordine al contenuto del contratto
Sentenza | Tribunale di Larino, Giudice Michele Russo | 03.01.2021 | n.2
MUTUO: L’ISC ASSOLVE ESSENZIALMENTE UN ONERE INFORMATIVO A VANTAGGIO DEL CLIENTE
NON COSTITUISCE UN TASSO DI INTERESSE, NÉ UNA SPECIFICA CONDIZIONE ECONOMICA
Sentenza | Corte d’Appello di Firenze, Pres. Primavera – Rel. Soggia | 18.12.2020 | n.2317
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