Allorquando il giudice di primo grado abbia deciso su pretese che suppongono la validità ed efficacia di un rapporto contrattuale oggetto delle allegazioni introdotte nella controversia, senza che né le parti abbiano discusso né lo stesso giudice abbia prospettato ed esaminato la questione relativa a quella validità ed efficacia, si deve ritenere che la proposizione dell’appello sul riconoscimento della pretesa, poiché tra i fatti costitutivi della stessa per come riconosciuta dal primo giudice vi è il contratto, implichi che la questione della sua nullità sia soggetta al potere di rilevazione d’ufficio del giudice, integrando un’eccezione cd. in senso lato, relativa ad un fatto già allegato in primo grado.
La questione relativa alla nullità delle fideiussioni per violazione del divieto di intese concorrenziali di cui all’art. 2 L. 287/1990 non è rilevabile di ufficio e deve essere introdotta con uno specifico motivo di impugnazione.
Questi alcuni dei principi contenuti nella sentenza n. 402 del 17 febbraio 2021 emessa dalla Corte di Appello di Venezia, Pres. Cicognani-Rel. Napoli.
E’ accaduto che con ben 58 pagine di atto di citazione in appello, un fideiussore ha impugnato una sentenza in tema di obbligazioni bancarie senza nulla argomentare sulla “violazione del divieto di intese concorrenziali di cui all’art. 2 L. 287/1990” limitandosi, al contrario, a censurare la sentenza nella parte in cui non avrebbe tenuto conto di argomentazioni, quali la carenza di potere di rappresentanza, l’estraneità dell’oggetto sociale, il conflitto di interessi di uno o più amministratori.
Solo in sede di precisazione delle conclusioni, il garante-appellante ha introdotto quale nuovo motivo di impugnazione l’ulteriore causa di nullità della fideiussione sub iudice, ovvero per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2 L. 287 del 1990.
Il fideiussore ha dedotto che il nuovo profilo di nullità potrebbe trovare ingresso anche nella fase conclusiva in quanto nelle conclusioni (svolte nell’atto di appello), “oltre a dedurre specificamente (anche) la nullità del contratto/aumento di garanzia de quibus, in ogni caso, hanno concluso (previa revoca, annullamento, declaratoria di nullità ed inefficacia del decreto opposto) per il rigetto di ogni domanda ed eccezione avversaria”.
La Corte ha rilevato che l’appellante in primo grado avrebbe già potuto disporre della documentazione prodotta in sede di precisazione delle conclusioni ovvero il parere AGICOM n. 14251/05 e il provvedimento n. 55 del 02.05.2005 della Banca d’Italia.
È stato poi rilevato che nel giudizio di impugnazione l’ambito dei poteri cognitivi del giudice del gravame è delimitato dai motivi prospettati dalla parte nell’atto di impugnazione, che devono esser correlati alle statuizioni impugnate.
Per il giudizio di appello tale principio (tantum devolutum quantum appellatum) è codificato negli artt. 342 e 346 cod. proc. civ.
Pertanto la regola della rilevabilità d’ufficio della nullità del negozio giuridico in ogni stato e grado del giudizio, statuita dall’art. 1421 cod. civ., va coordinata sia con il carattere dispositivo del gravame, sia con il principio di disponibilità della prova, sia con la regola della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, (artt. 99 e 112 cod. proc. civ.). Ne deriva che il giudice del gravame non può di sua iniziativa dichiarare la nullità di un atto negoziale per un motivo basato su fatti diversi e nuovi rispetto a quelli dedotti da colui che ha proposto impugnazione e perciò estraneo alla materia del contendere. Questo limite al potere del giudice di secondo grado di esaminare la validità del contratto d’ufficio, a fronte di motivi di appello concernenti l’efficacia di esso, incontra poi un’ulteriore preclusione nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado abbia accolto l’azione di condanna esercitata ponendo a fondamento di essa il contratto medesimo, così implicitamente affermandone la validità.
Per tali ragioni, la Corte ha ritenuto che il motivo di nullità del contratto per violazione della normativa antitrust, proposta in sede di precisazione delle conclusioni costituisse una domanda nuova rispetto ai motivi di appello sollevati nella citazione, per cui ha ritenuto la contestazione inammissibile.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL SUPREMO COLLEGIO DOVRÀ PRONUNCIARSI SULL’AMMISSIBILITÀ DI UN’AZIONE DI NULLITÀ E DEFINIRNE LA NATURA
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. I civile, Pres. De Chiara – Rel. Mercolino | 30.04.2021 | n.11486
LA NULLITÀ DELLE SINGOLE CLAUSOLE NON POTREBBE COMUNQUE COMPORTARE L’INVALIDITÀ DELL’INTERO CONTRATTO
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Giudice Filomena De Sanzo | 02.03.2021 | n.524
LA NULLITÀ È RELATIVA SOLO ALLE SINGOLE PATTUIZIONI E NON ALL’INTERO CONTRATTO
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, Giudice Gianluigi Morlini | 04.03.2021 | n.268
FIDEIUSSIONE – ABI: la clausola di pagamento “a prima richiesta” non viola la disciplina antitrust
DEVE ESSERE DIMOSTRATA L’ESSENZIALITÀ DELLE MEDESIME EX ART. 1419 C.C., CON CONSEQUENZIALE INVALIDITÀ DELL’INTERA GARANZIA
Sentenza | Tribunale di Bergamo, Giudice Tommaso Del Giudice | 28.11.2020 | n.1708
FIDEIUSSIONE-ANTITRUST: nessuna nullità automatica dell’intero contratto di fideiussione
OCCORRE LA PROVA CHE IN MANCANZA DELLE TRE CLAUSOLE IN CONTESTAZIONE NON SAREBBE STATO CONCLUSO
Ordinanza | Tribunale di Pordenone, Francesco Tonon | 27.11.2020
FIDEIUSSIONE – ANTITRUST: ai fini della prova non bastano i contratti e il provvedimento n. 55/2005
NECESSARIO DIMOSTRARE CHE LA PRESENZA DI CLAUSOLE DI ANALOGO TENORE COSTITUISCANO LO SBOCCO DI QUELLA SPECIFICA INTESA ANTICONCORRENZIALE
Sentenza | Tribunale di Milano, Pres. Stefani – Rel. Tombesi | 19.11.2020 | n.7407
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