Gli attori opponenti non hanno dimostrato che il negozio che forma il titolo della domanda azionata in via monitoria sia frutto di intesa dominante perdurante alla data di stipulazione dei relativi contratti, conclusi circa 10 anni dopo l’adozione dello schema ABI rispetto al quale è stato adottato il provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, non avendo, infatti, allegato né provato la perdurante uniforme applicazione di tale modello da parte degli istituti di credito e, quindi, l’attualità della intesa anticoncorrenziale accertata nel provvedimento amministrativo richiamato, non potendosi desumere la prova di tale fatto dai soli contratti versati in atti.
Benché la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione abbia confermato con la sentenza n. 13846 del 22 maggio 2019 che l’accertamento compiuto dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005 costituisca prova privilegiata circa l’esistenza di intesa anticoncorrenziale avente ad oggetto l’inserimento nei contratti di fideiussione omnibus stipulati in ambito bancario di clausole contrattuali analoghe a quelle inserite nelle fideiussioni titolo della domanda monitoria, manca, in ogni caso, la dimostrazione, nell’ambito del presente giudizio, del fatto che la presenza di clausole di analogo tenore nei contratti costituenti il suddetto titolo sia lo sbocco di quella specifica intesa anticoncorrenziale.
La produzione dei soli contratti contenenti clausole analoghe non consente, difatti, di ritenere provato né che l’intesa anticoncorrenziale accertata dalla Banca d’Italia nel 2005 fosse perdurante al momento della stipulazione delle fideiussioni, né che l’utilizzo di tali clausole sia lo sbocco di quella specifica intesa accertata dalla Banca d’Italia piuttosto che espressione della convenienza dell’utilizzo di clausole di analogo tenore, di per sé non contrario a norme imperative, per la parte predisponente le condizioni generali di contratto.
Questa è parte del percorso motivazionale del Tribunale di Pordenone con la sentenza n. 28 del 12.01.2021.
In una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, i garanti avevano eccepito la nullità delle rispettive fideiussioni, perché rilasciate sul modello ABI per le omnibus del 2003, oggetto del provvedimento n. 55/05 di Banca d’Italia, che lo censurò ravvisandovi una possibile lesione della concorrenza.
Il Giudice ha rigettato la domanda di nullità poiché non era stato allegato e dimostrato che quelle fideiussioni (stipulate una decina d’anni dopo quel provvedimento) fossero state frutto di una intesa anticoncorrenziale specifica e perdurante al momento della loro stipula.
Invero gli opponenti si sono limitati a produrre il provvedimento 55/05 di Banca d’Italia ed i contratti sottoscritti, senza svolgere alcuna attività.
IL COMMENTO
Il Tribunale di Pordenone si è allineato, in punto dell’onere della prova della domanda di nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust, alla posizione assunta recentemente anche dal Tribunale di Milano (sentenza 19.11.2020 n.7407, in questa rivista).
Dato atto che il provvedimento n. 55/05 della Banca d’Italia, come ritenuto dalla Corte di Cassazione, costituisce prova privilegiata circa l’esistenza all’epoca di un’ intesa anticoncorrenziale, non basta però produrlo, assieme ai contratti, limitandosi ad evidenziare in essi la presenza di clausole identiche.
Infatti non può essere presunto, da ciò soltanto, né l’“attualità” di quella intesa anticoncorrenziale nel senso della “perdurante uniforme applicazione di tale modello da parte degli istituti di credito”, né, in ogni caso, che l’utilizzo delle clausole censurate fosse “sbocco” di essa, “piuttosto che espressione della convenienza dell’utilizzo di clausole di analogo tenore, di per sé non contrario a norme imperative”.
Le ripercussioni sui contratti “a valle” di una intesa anticoncorrenziale “a monte”, nell’ambito della problematica generale in esame, costituiscono questioni ancora aperte, in attesa di un auspicabile intervento da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (e senza trascurare gli imprevedibili esiti della recente rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea).
La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata nel caso particolare dei contratti “a valle” del periodo intercorrente tra l’intesa anticoncorrenziale “a monte” di essi ed il suo accertamento (quindi tra il 2003 e il 2005) ed ha affermato che anche i suindicati contratti possono rientrare nella tutela da riconoscersi (sez. I, 12/12/2017, n. 29810): sempre però sul presupposto, esplicitato, che “costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”, ed usando, quanto a tale nesso di causalità, proprio il termine, immaginifico, di “sbocco”, che meriterebbe una definizione più precisa.
Appare quindi pienamente condivisibile, proprio rileggendo quel provvedimento, che la natura dei contratti a valle quale “sbocco” o “frutto” della intesa a monte, ossia quale “realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”, vieppiù in caso di fidejussioni rilasciate molto tempo dopo di esso, debba essere pienamente comprovata, senza far ricorso a presunzioni che si rivelano semplicistiche.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
Il Supremo Collegio dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità di un’azione di nullità e definirne la natura
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. I civile, Pres. De Chiara – Rel. Mercolino | 30.04.2021 | n.11486
La nullità delle singole clausole non potrebbe comunque comportare l’invalidità dell’intero contratto
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Giudice Filomena De Sanzo | 02.03.2021 | n.524
FIDEIUSSIONE SEMPLICE: IRRILEVANTE LA CONFORMITÀ ALLO SCHEMA ABI AI FINI DELLA PRESUNTA NULLITÀ
L’istruttoria compiuta dalla Banca d’Italia è stata svolta esclusivamente con riferimento alla fideiussione “omnibus”
Sentenza | Tribunale di Pavia, Giudice Luciano Arcudi | 19.11.2020 | n.1124
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