La parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sè la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, ai quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, nella sentenza n. 36596 del 25.11.2021.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte d’Appello veniva deliberata prima del doppio termine previsto dall’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusivi delle parti: più specificamente, veniva emanata il 24 giugno 2015, a fronte dei termini ordinari scadenti il 22 giugno 2015, per il deposito delle comparse conclusionali, e il 9 luglio 2015, per quello delle memorie di replica. Successivamente veniva poi depositata in cancelleria il 10 febbraio 2016.
Il problema sul quale le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi è quello relativo alla eventuale nullità della sentenza adottata prima della scadenza dei termini concessi ai sensi dell’art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, o anche di uno solo di essi, ovvero in ipotesi di mancata concessione dei suddetti termini.
In altre parole, ci si chiede se sia possibile ritenere nulla la sentenza per il solo fatto che sia stato impedito il compiuto esercizio del diritto di difesa nel rispetto dei termini perentori fissati dalla legge, oppure se -a tal fine- sia necessario l’accertamento anche di un pregiudizio concreto, effettivo e parametrato alla possibile incidenza della circostanza in esame sulla decisione finale.
La Suprema Corte, nella sentenza in esame, dirime il contrasto formatosi in giurisprudenza, aderendo al primo degli orientamenti ermeneutici menzionati, secondo il quale chi proponga l’impugnazione della sentenza d’appello per nullità, derivante dall’impossibilità di esplicare le proprie difese conclusive o replicare a quelle di controparte, non deve provare in concreto che la decisione di merito sarebbe stata diversa se fosse stato rispettato il suo diritto di difesa.
Ne discende che, ove il giudice abbia risolto la controversia senza rispettare la scadenza dei termini dati alle parti per il deposito degli scritti conclusivi, si configura una violazione del principio del contraddittorio che deve essere garantito per tutta la durata del processo.
Orbene, v’è da specificare ancora che, ai sensi dell’art. 156 comma 1 c.p.c., la nullità per inosservanza di forme degli atti processuali deve essere prevista dalla legge.
Tuttavia, la sentenza di merito è impugnabile per Cassazione non solo dinanzi a casi canonici di nullità testuale per inosservanza di forme, ma anche quando siano stati comunque violati i principi regolatori del giusto processo attraverso le concrete manifestazioni dell’attività processuale. Quindi, anche quando -come nel caso in esame- la sentenza sia stata deliberata prima che le parti abbiano potuto esercitare correttamente il proprio diritto di difesa secondo le modalità riconosciute nella specifica fase di giudizio.
Ciò giustifica la scelta del legislatore di connettere la deliberazione della sentenza alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’art. 190 c.p.c.
Pertanto, è nulla la decisione assunta prima della scadenza dei termini in questione, non rilevando che la stessa sia stata depositata dopo, data la inequivoca dicitura in calce alla medesima “da ritenere munita di forza fidefacente fino a querela di falso”.
Per tali ragioni, la Suprema Corte a Sezioni Unite ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello per le spese.
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