L’istituto della revocazione ex art. 395 c.p.c. ha la finalità di ottenere una nuova valutazione della controversia da parte dello stesso giudice, alla luce di circostanze erroneamente valutate o non valutate affatto, risultanti dagli atti di causa. Deve, pertanto, trattarsi di un errore di fatto derivante da un’erronea percezione del giudicante riverberatasi sul provvedimento.
Questo il principio espresso dalla Corte d’Appello di Cagliari Pres. Osana- Rel.Cecchi Paone nella sentenza n. 460 del 15.10.2021.
Nella specie, la società cliente aveva convenuto la banca con la quale aveva stipulato dei contratti di conto corrente, ai quali asseriva fossero stati applicati interessi anatocistici e tassi ultralegali e, pertanto, chiedeva al Tribunale una dichiarazione di nullità degli stessi.
Il giudice di prime cure rigettava l’istanza, per le carenze probatorie gravanti sull’istante ai sensi dell’art. 2697 c.c., e la decisione così emessa veniva poi confermata dalla Corte d’Appello,
Contro tale sentenza la società attrice agiva in revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c.
Al riguardo, viene ribadito l’insegnamento della Corte di Cassazione secondo cui la revocazione ex art. 395 c.p.c. è volta ad una nuova valutazione della controversia da parte dello stesso Giudice che ha emanato il provvedimento che si intende far revocare, in ragione di circostanze erroneamente non valutate ovvero non valutate correttamente, già risultanti dai documenti prodotti.
L’operatività di tale istituto dipende, dunque, da un errore fattuale la cui decisività- ossia la circostanza che tra l’erronea percezione del giudice e la pronuncia emessa- abbia inficiato la pronuncia tante da potersi ipotizzare una diversa valutazione dei fatti in sua assenza e quindi una decisione di senso contrario.
In altri termini, l’errore di fatto previsto ex art. 395 cpc, comma 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purchè non cada su un punto controverso e non attenga a una errata valutazione delle risultanze processuali.
La decisione del Tribunale di non riaprire i termini e procedere al giudizio sulla base della sola documentazione in atti, nodo centrale della domanda di revocazione, appare una decisione frutto di un apprezzamento qualificabile come errore di giudizio non censurabile con la revocazione.
La Corte d’Appello, dunque, rigettava la domanda di revocazione della sentenza ex art. 395 c.p.c., ritenendo legittima la stessa a causa del deficit probatorio a carico della parte attrice con condanna alle spese di lite.
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