In materia di successione dei diritti non azionati dalla società ai soci medesimi, la valutazione in ordine all’applicazione del novellato art. 2945 c.c. presuppone che la parte abbia positivamente adempiuto al proprio onere probatorio, consistente proprio nel fornire al giudice di primo grado, tenuto a determinare se il fenomeno successorio sia applicabile o meno, ogni elemento utile per provare quelle circostanze, di fatto e/o di diritto, su cui la successione nel diritto si fonderebbe.
Questo è il principio espresso dalla Corte d’Appello Napoli, Pres. Fusillo – Rel. De Paola, con la sentenza n. 3299 del 14 settembre 2021.
Nella fattispecie de qua è accaduto che l’amministratrice di una società agiva in danno di una Banca, assumendo la responsabilità dell’Istituto per avere negoziato e fatto incassare un ingente numero di assegni, sui quali erano state apposte firme di traenza false non riconducibili all’attrice, apposte dall’ex marito e socio della medesima società.
In ragione della cospicua somma complessivamente pagata dalla Banca, tale condotta aveva cagionato significativi danni economici alla società medesima e alla parte appellante che, infine, era stata costretta a cessare l’attività.
Per tali ragioni l’appellante chiedeva la condanna della Banca convenuta al risarcimento dei danni patiti, nella misura corrispondenti a quelli indebitamente versati e percepiti dall’ex marito e socio.
Il Giudice, preliminarmente, prima di esaminare il merito della questione de qua, ha accertato la carenza, in capo all’amministratrice e socia accomandataria, del diritto di azione, cioè del potere di promuovere un giudizio per difendere o affermare il diritto dedotto in giudizio.
Segnatamente, in base a quanto si legge in sentenza, la parte che intenda beneficiare dell’applicazione novellata dell’art. 2945, comma 2 cc, deve provare l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese e la mancata attività di liquidazione.
Nel caso di specie, ciò non è avvenuto in primo grado, non avendo la amministratrice fatto alcuna menzione, nell’atto introduttivo della lite, del trapasso dei diritti dalla società all’attrice e non avendo – soprattutto – prodotto in primo grado alcuna documentazione (come ad es. una visura camerale della società) da cui poter evincere la sussistenza dei suddetti elementi. La produzione della visura in secondo grado, poi, appare inammissibile ex art. 345 cpc.
Pertanto, la Corte d’Appello si è conformata alla motivazione del giudice di primo grado, che ha ritenuto non provato il fenomeno successorio, condannando parte appellante al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
È UNA RINUNZIA IMPLICITA CON CONSEGUENTE CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE
Sentenza | Tribunale di Brescia, Giudice Elisabetta Arrigoni | 24.01.2019 | n.202
SOCIETA’ DI PERSONE: LA CANCELLAZIONE DAL R.I. COMPORTA AUTOMATICA RINUNCIA AD OGNI AZIONE
GLI EX SOCI NON SONO LEGITTIMATI ATTIVI NEI GIUDIZI CONTRO BANCA PER RECUPERO CREDITI INCERTI
Sentenza | Tribunale di Genova, Dott.ssa Emanuela Giordano | 09.06.2016 | n.2051
SOCIETA’ DI PERSONE: LA CANCELLAZIONE EX ABRUPTO DAL R.I. INTEGRA LA RINUNZIA TACITA AD OGNI AZIONE
I SOCI NON HANNO ALCUNA LEGITTIMAZIONE PER CREDITI LITIGIOSI
Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Dogliotti – Rel. Di Marzio | 15.11.2016 | n.23269
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