Colui che voglia invocare legittimamente gli effetti sulla fidejussione sottoscritta dalla violazione della violazione dello schema ABI ex provvedimento d.d. 2 maggio 2005 è tenuto a:
1.Allegare la conformità della fidejussione da lui sottoscritta totalmente o parzialmente allo schema ABI di cui deve necessariamente produrre copia in giudizio, non trattandosi di atto di natura normativa;
2.Allegare e provare l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale a monte del contratto, sfruttando anche i poteri istruttori conferiti dall’Ordinamento ed invocando i poteri ufficiosi attribuiti dal D.Lgs 3/2017, ricordando qui come Cass. N. 13846/19 abbia qualificato i provvedimenti dell’AGCM quale semplice “prova presuntiva qualificata” dell’esistenza di un accordo anticoncorrenziale, il quale, in quanto tale, non è però sottratto all’ordinario onere di allegazione e prova che incombe all’attore o all’opponente;
3.Allegare la lesione della sua sfera di libertà economica ed indicare e provare il danno patito, ribadendo qui come appaia strumentale e fonte di squilibrio invocare invece la nullità assoluta della garanzia prestata.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Roma, Pres. Pedrelli-Rel.Postiglione nella sentenza n.16776 del 27.10.2021.
Nella specie, era accaduto che una garante agiva per far ottenere l’accertamento della nullità della fideiussione prestata, in quanto asseritamente conforme allo schema negoziale predisposto dall’associazione bancaria italiana dichiarato nullo alla luce della contrarietà con quanto previsto dalla legge 287/90 art. 2 in materia di in divieto di intese restrittive della concorrenza ed in seguito all’emanazione del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia.
Invero, la questione in esame origina da tale ultimo provvedimento della Banca d’Italia in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’articolo 2 della L. n. 287 del 1990, in virtù della quale “1. Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari; 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, (…); 3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.”
Nello specifico, le clausole al centro della valutazione erano quella di pagamento a prima richiesta e solo secondariamente sulle clausole di reviviscenza della fideiussione (art. 2” il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”), ovvero sulla permanenza del vincolo fideiussorio in ipotesi di vicende estintive e di nullità dell’obbligazione principale (art. 8 “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate), ed infine sulle deroghe all’art. 1957 c.c. (art. 6 : “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”).
Il provvedimento in esame, però, assolve ad una funzione meramente preventiva e monitoria rispetto alla futura ipotetica adozione collettiva di regole comportamentali e contrattuali, che, se valutate nel loro insieme, potevano dare luogo ad una distorsione della concorrenza.
Non essendovi prova che gli schemi attenzionati siano stati adottati dalle banche aderenti allo schema ABI, è necessario che chi faccia valere in giudizio la nullità delle clausole in questione fornisca la prova dell’effettiva adozione dello stesso.
Nel caso di specie, non avendo l’attrice assolto a tale onere probatorio, il Collegio ne rigettava la domanda con condanna alle spese.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia a si seguenti contributi pubblicati in Rivista:
Una deduzione generica non può essere apprezzata dal Giudice dell’opposizione e ne determina il rigetto
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Stefania Garrisi | 12.08.2021 | n.13534
FIDEIUSSIONE-ABI: la nullità delle clausole anticoncorrenziali non travolge l’intero contratto
E’ ammessa anche la tutela risarcitoria
Sentenza | Tribunale di Vicenza, Giudice Biancamaria Biondo | 12.10.2021 | n.1884
FIDEIUSSIONE-ABI: i provvedimenti dell’autorità amministrativa sono prova privilegiata
Devono essere prodotti in giudizio dalla parte interessata a far valere la nullità per contrarietà alla normativa antitrust
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Antonio S. Stefani | 09.09.2021 | n.7204
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