In tema di sanzioni di cui all’art. 3 della legge n. 197/1991 ed all’art. 41 d. lgs. n. 231/2007 (legge antiriciclaggio) il sospetto del carattere illecito delle operazioni sospette deve essere valutato oggettivamente, in ragione della entità e qualità delle stesse, e a prescindere dalla conoscenza eventuale del cliente.
In materia di sanzioni amministrative per violazione della disciplina antiriciclaggio, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 143 del 1991, conv. dalla legge n. 197 del 1991, sostituito dall’art. 1 del d.lgs. n. 153 del 1997, l’amministratore della società fiduciaria, quale “responsabile della dipendenza”, deve segnalare al “titolare dell’attività” ogni operazione che ritenga provenire da reati attinenti al riciclaggio sulla base di elementi oggettivi riferibili all’operazione stessa o alla capacità economica e all’attività del cliente, non essendo sufficiente, ai fini dell’esonero dall’obbligo di segnalazione, la mera conoscenza, da parte sua, dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro .
Ne consegue che non assume rilevanza, a fronte della consistenza delle operazioni riscontrate, richiamate nella sentenza impugnata e nella comparsa di costituzione dell’appellata – cui si rinvia quanto alla descrizione e alla entità delle condotte qualificate come “sospette” – la conoscenza personale del soggetto titolare del conto o la consistenza delle sue attività.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di Roma, Pres. Maffei- Rel. Budetta nella sentenza n.6756 del 18/10/2021.
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