Il finanziamento fondiario che supera il limite di finanziabilità è integralmente nullo in quanto in violazione di una norma imperativa di ordine pubblico che costituisce un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il “quantum” della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l’attività di impresa, come stabilito dalla più recente ed ampia giurisprudenza di legittimità, inaugurata – dopo improvviso revirement – con la sentenza del 13 luglio 2017, n. 17352, seguita poi da: Cass.31/07/2017, n. 19016; Cass. 6/03/2018, n. 6586; Cass. 9/05/2018, n. 11201; Cass. 28/05/2018, n. 13286; Cass. 24/09/2018, n. 22466; Cass. 19/11/2018, n. 29745; Cass. 28/06/2019, n. 17439; Cass. 21/01/2020, n. 1193; Cass. 14/6/2021, n.22843.
La nullità del contratto è astrattamente “sanabile”, ove il creditore proponga nella prima difesa utile, al rilievo della nullità, tempestiva domanda di conversione ex art. 1424 cc da finanziamento fondiario a mutuo ipotecario “ordinario”, anche se nella dinamica processuale tale istanza richiede la prova che le parti ignorassero la causa di invalidità del contratto originario.
La Prima sezione della Corte di Cassazione si è interrogata sulla possibilità di un percorso effettivamente alternativo, procedendo alla riqualificazione del contratto alla stregua di un mutuo ipotecario ordinario, prescindendo dal nomen iuris adoperato dalle parti e sterilizzandolo delle tutele speciali previste dalla legge, in favore del creditore, per i finanziamenti fondiari.
In tal modo il rispetto del c.d. scarto di garanzia finirebbe per incidere non sul piano della validità del contratto, ma unicamente sulla possibilità di applicare, al programma negoziale posto in essere dalle parti, le peculiari conseguenze ricollegate dalla legge al finanziamento fondiario e dunque sulla possibilità per l’istituto di godere della relativa disciplina di favore.
Per tali ragioni la controversia è stata rimessa al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità di rimettere la risoluzione del caso alle Sezioni Unite Civili.
Così si è espressa la Corte di Cassazione, prima sezione, Presidente Cristiano Relatore Aldo Ceniccola con l’ordinanza n.4117 del 09/02/2022.
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