A cura dell’Avv. Walter Giacomo Caturano
con appendice tecnica del dott. Roberto Capra
LE MASSIME
In materia di derivati IRS, ai fini della individuazione della “causa concreta” e dell’apprezzamento della meritevolezza della stessa in termini di “finalità di copertura”, la valutazione sulla bilateralità dell’alea deve essere fatta ex ante, poiché «l’esistenza di una causa in concreto, infatti, quale elemento genetico del contratto, non può che essere valutata al momento della stipulazione del contratto, unico momento in cui le parti hanno potuto effettuare le loro valutazioni in punto convenienza del contratto, essendo invece irrilevante la data di efficacia del contratto , nonché il concreto andamento ex post del derivato non potendosi infatti desumere dai guadagni o dalle perdite conseguiti dal cliente l’esistenza o meno di una valida causa in concreto al momento della stipulazione del contratto».
Una volta esclusa la non meritevolezza di tutela e/o la carenza di causa aleatoria, perché la possibilità di guadagno/perdita si distribuisce tra entrambe le parti, è normale che il contratto di IRS esprima un valore negativo iniziale, in ragione del “settaggio” dei parametri e del caricamento sulla struttura contrattuale dei costi di copertura e del margine dell’intermediario. Questo comporta, tuttavia, non un problema di meritevolezza o legittimità del contratto, ma di osservanza degli obblighi di trasparenza: in concreto dell’indicazione del mark to market.
In tale ottica, deve ritenersi sufficiente l’indicazione numerica del c.d. Mark To Market, non essendo l’Intermediario tenuto ad evidenziare la metodologia di “pricing” adottata, poiché la stessa è standardizzata e quindi nota a tutti gli operatori. Essa altresì può essere implementata sulla base dei dati contrattuali e delle curve forward conoscibili tramite i più noti data provider.
«Benché esista un’evidente propensione dell’attuale giurisprudenza di legittimità (Cass. 31.7.2017 n. 11903; Cass. sez. un. 12.5.2020 n. 8770) verso l’invalidazione del contratto, per ritenuta carenza di un requisito strutturale ex art. 1325 c.c. (mancanza o non meritevolezza della causa), questa ricostruzione non è affatto indispensabile, poiché l’inesatto adempimento degli obblighi di prestazione ex art. 21 TUF e 40 lett. a) Reg. 16190/07 dà egualmente titolo al cliente a rifiutare lo strumento proposto o consigliato dall’intermediario in violazione dell’incarico e a rifiutarne le conseguenze giuridiche (arg. ex art. 1711 c.c. pur riferito al mandato) e quindi ad agire per l’accertamento dell’inefficacia del contratto e la restituzione dei differenziali netti, oltre all’eventuale risarcimento del danno».
Analogamente non è condivisibile, nella sua categoricità, la posizione espressa in Cass. sez. un. 8770/2020 sulla necessità di un’analisi dei cc.dd. scenari probabilistici, in quanto è frutto di “confusione” tra ciò che è tema di “accordo”, e quindi oggetto o contenuto del contratto, e le informazioni che l’intermediario è tenuto a fornire, prima della conclusione dello swap, affinché il cliente possa approvare lo strumento propostogli come coerente con i suoi “obiettivi di investimento” (art. 40 Reg.).
La “probabilità” di guadagno/perdita, in funzione dell’accadimento di eventi favorevoli o avversi al cliente, può essere oggetto di apprezzamenti e simulazioni di rendimento, che l’intermediario è professionalmente organizzato per elaborare e che deve rendere noti al cliente in osservanza degli obblighi di trasparenza ex art. 21 TUF, ma nessun intermediario è in grado di garantire che l’oscillazione del sottostante (in specie i tassi d’interesse) resterà all’interno della fascia di rischio rappresentata, atteso che – e si vuol dire ovviamente – le dinamiche sono fuori dalla sua sfera di controllo e, nel lungo periodo e talora anche nel breve, fuori dalla capacità previsionale, in assenza di una sfera di cristallo.
Probabilità e scenari probabilistici, simulazioni di rendimento sono dunque informazioni e non patti contrattuali, per quanto contenuti all’interno di un contratto o della documentazione precontrattuale.
*
Questi gli interessanti principi espressi dal Tribunale di Torino, in persona del Dott. Enrico Astuni, con sentenza n. 673 del 16.02.2022.
La pronuncia origina da una complessa domanda giudiziale promossa nei confronti di un Istituto di credito da una società che aveva sottoscritto un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile e, contestualmente, un contratto derivato del tipo “Interest Rate Swap” (breviter, IRS), sostanzialmente finalizzato a ridurre i rischi di oscillazione del tasso.
L’azione, nata al fine di far valere l’eventuale responsabilità precontrattuale della Banca per essersi avvantaggiata “sin dalla stipula” da un’alea sostanzialmente unilaterale a carico del cliente, è stata poi spostata – in sede di comparsa conclusionale – sul tema della possibile nullità del contratto per mancanza degli elementi che la nota Cass. sez. un. 8770/2020 ha indicato come requisiti che un IRS deve presentare, a pena di nullità, consistenti nell’indicazione del MTM e della relativa formula o metodo di calcolo e degli scenari probabilistici.
A tal uopo, degna di nota è la ricostruzione del Tribunale circa i motivi per i quali la posizione assunta dalle Sezioni Unite non appare condivisibile nella sua “categoricità”, dovendosi adeguare alle tipologie di contratti esistenti nella prassi, riservando la tutela c.d. reale alle sole ipotesi di «derivati non standardizzati (ossia non plain vanilla), che presentino opzioni o altre componenti “esotiche” o per i quali non siano semplicemente disponibili quotazioni di mercato».
Il Giudice, premesso un corposo inquadramento sistematico delle caratteristiche e delle finalità dell’operazione di “IRS” nell’ambito del contesto normativo e regolamentare vigente, ha concluso per il rigetto integrale della domanda attorea, tanto avuto riguardo alla domanda di nullità, rimedio inconferente nel caso di specie, quanto a quella di accertamento della responsabilità precontrattuale, riscontrando nella fattispecie: la ricorrenza degli elementi strutturali del contratto, la meritevolezza dell’operazione, la sussistenza ex ante della finalità di copertura ed il pieno rispetto della trasparenza.
In epigrafe sono stati riportati i principi giuridici enucleabili dalla decisione.
Considerato che, però, l’articolato motivazionale si compone di una sorta di “dialogo” con le complesse risultanze del CTU, è interessante sentire la prospettiva del “tecnico”, sicché di seguito si riporta una breve appendice a cura del dott. Roberto Capra, consulente della difesa di primari Istituti di Credito.
[Segue] Appendice tecnica a cura del Dott. Roberto Capra
La ricostruzione tecnica dell’operazione oggetto di causa prende le mosse dalla individuazione della possibile “finalità di copertura”.
Sul punto, considerata l’elevata correlazione esistente tra le caratteristiche del sottostante e quelle dell’IRS, il derivato ben poteva essere considerato idoneo a soddisfare la finalità di copertura contro il rischio di rialzo del tasso d’interesse e consentiva al cliente di ottenere un tasso “finito” non superiore al 6%, come dal medesimo richiesto in fase di negoziazione dell’IRS.
Interessanti ed innovativi appaiono, poi, gli spunti del Giudicante, nei numerosi passaggi in cui ha mostrato di non condividere la rigida posizione delle “Sezioni Unite” (sent. 8770/20) sul tema.
In termini tecnici, in base all’analisi della curva dei tassi “forward” disponibile alla stipula del derivato, si evidenziava un incremento atteso del tasso Eur3M fino a circa il 4,03% e un conseguente intervallo di payoff a favore del cliente per valori superiori al 3,15%; possibile allora affermare che il contratto presentasse alla stipula alea bilaterale. Così facendo, la sentenza individua un metodo pratico e concretamente applicabile ad ogni contratto al fine della valutazione della bilateralità dell’alea.
Il derivato riportava l’indicazione del Mark to Market, il quale, per l’effetto degli oneri a carico del cliente pure evidenziati in modo specifico, assumeva un valore negativo. A tale riguardo, il Giudice medesimo, ha evidenziato che sono le SS.UU. con la sentenza 8770/20 a ritenere fisiologici tali oneri a ed evidenziare che lo swap “par” ha un rilievo esclusivamente teorico.
Inoltre, in aperto contrasto con quanto affermato dalle SS.UU. nella richiamata sentenza, il Giudicante ha ritenuto che non sia necessario indicare la “formula o il modello di calcolo” del Mark to Market assunto dall’intermediario.
All’uopo, si richiamano le osservazioni del CTU secondo le quali:
- per la determinazione del Mark to Market di un contratto derivato IRS “plain vanilla”, esiste una metodologia (implementata sulle principali piattaforme finanziarie quali Bloomberg, Reuters o su altre minori) di universale utilizzo e accettazione e che costituisce lo standard per la negoziazione dei prezzi delle transazioni finanziarie internazionali attinenti a tali contratti (il cosiddetto metodo del discounted cash flow);
- l’applicazione del metodo di universale utilizzo e accettazione (discounted cash flow) per il calcolo dell’MtM di un contratto semplice e lineare quale è l’IRS “plain vanilla” dovrebbe tendere in concreto – ove si utilizzino i parametri standard delle piattaforme sopra menzionate – a fornire risultati omogenei […].
Sulla base di tali considerazioni, è quindi possibile concludere che, nel contratto derivato (plain vanilla), non è necessario evidenziare la metodologia di pricing adottata dall’intermediario poiché la stessa è nota a tutti gli operatori e, quindi, standardizzata. La stessa può essere pertanto implementata sulla base dei dati contrattuali e delle curve forward conoscibili tramite i più noti data provider.
In tema di comunicazione degli scenari probabilistici, in fase di CTU, si era evidenziato che la comunicazione Consob n.9019104 del 2.3.2009, la quale al paragrafo 1.5. prevedeva che “per illustrare il profilo di rischio di strutture complesse, è utile che l’intermediario produca al cliente anche le risultanze di analisi di scenario di rendimenti da condursi mediante simulazioni effettuate secondo metodologie oggettive (ossia rispettose del principio di neutralità al rischio) in primo luogo appariva generica perché non riferita a specifiche e ben indentificate analisi di scenario di rendimento.
Tale aspetto è stato ripreso esplicitamente in sentenza a pag. 21, ove si precisa: “Il secondo punto su cui l’affermazione delle Sezioni Unite richiede di essere verificata riguarda gli “scenari probabilistici” di cui la sentenza non indica il contenuto, né una specifica fonte normativa.”)
In secondo luogo, il passaggio sopra evidenziato della citata circolare Consob, era riferito esplicitamente ad evidenziare una esigenza di informativa supplementare che risulterebbe opportuna solo in relazione a “strutture complesse” di operazione e non è, evidentemente, il caso del contratto (plain vanilla) esaminato in quel caso.
Il Giudice pare aver valorizzato tali elementi ritenendo che la rischiosità dello strumento, valutata dall’intermediario tramite la stima delle perdite potenziali con il metodo dell’Expected Shortfall (che propone una quantificazione delle possibili perditene negli scenari più favorevoli per il cliente) consentisse di ritenere soddisfatto l’obbligo dell’intermediario di fornire al cliente informazioni sulla misura qualitativa e quantitativa dell’alea.
Infine, in riferimento ai possibili strumenti alternativi di copertura ipotizzati dal cliente (nella forma tecnica di un’opzione cap), il Giudice, valorizzando gli esiti della CTU, ha segnalato che tali opzioni, se da un lato consentono al cliente di mantenere la possibilità di beneficiare dell’eventuale riduzione dei tassi di interesse, dall’altro comportano il sostenimento di un costo iniziale reale (un vero e proprio esborso finanziario) che non si manifesta nel caso dello swap e che, in considerazione delle maggiori utilità offerte dal cap (beneficio in caso di ribasso dei tassi e copertura in caso di rialzo), è normalmente superiore al presunto costo dell’IRS (stimato alla stipula nella misura del MTM negativo).
*
Per ulteriori approfondimenti sul tema, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTRATTI DERIVATI: in capo alla banca e all’intermediario finanziario sussiste un obbligo informativo
Il dovere di informare il cliente non si riferisce solo allo strumento in sé, quanto anche sui possibili scenari
Sentenza | Tribunale di Firenze, Giudice Alessandro Ghelardini | 24.02.2020 | n.561
CONTRATTI DERIVATI: il cliente deve avere a disposizione tutti gli strumenti per valutare il rischio
Fondamentale lo scambio informativo idoneo alla formazione dell’accordo delle parti. In mancanza il contratto è nullo
Sentenza | Corte d’Appello di Milano, Pres. Bonaretti – Rel. Martini | 17.10.2019 | n.4188
CONTRATTI DERIVATI: validi se correttamente strutturati e coerenti con la natura delle operazioni economiche intraprese dal cliente
Il valore dell’IRS discende dal confronto tra le obbligazioni assunte dai due contraenti
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Marco Vittoria | 15.10.2019 | n.1376
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno