La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 4 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, nella parte in cui prevede che “È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto“.
La predetta norma risulta contrastante con i principi costituzionali prevedendo l’inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 al 25 dicembre 2020, e pertanto non garantendo ai creditori chirografari l’inopponibilità degli atti di disposizione eventualmente posti in essere dal debitore in tale periodo, con ciò comprimendo il diritto del creditore procedente in misura eccessiva, a fronte del fine perseguito di tutela dell’abitazione.
Questo è la decisione assunta dalla Corte costituzionale, Pres. Giuliano Amato – Rel. Giovanni Amoroso, con la sentenza n. 87 del 4 aprile 2022.
Nel caso di specie il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Treviso con ordinanza del 18 marzo 2021, sollevava, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, rilevando il contrasto della citata disposizione rispetto agli artt. 3 e 24 Cost.
Il contrasto veniva ravvisato nella parte in cui, a mente della precitata norma, si prevede che è inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l., ossia al 25 dicembre 2020.
Il rimettente rilevava che la norma censurata avrebbe determinato un’irragionevole disparità di trattamento tra i creditori che hanno notificato il pignoramento sugli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, che subirebbero la sanzione dell’inefficacia dell’atto, ed i creditori che hanno notificato lo stesso in una data precedente o successiva rispetto a quelle indicate.
Parimenti il Giudice riteneva che – nel periodo innanzi indicato – l’impossibilità di pignorare l’abitazione del debitore avrebbe pregiudicato la garanzia del credito, atteso che non si sarebbe prodotta l’inefficacia, nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti, degli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento come prevista dall’art. 2913 c.c.
Pur interpretando la norma come non preclusiva della possibilità di notificare il pignoramento ma solo della possibilità di porre in essere le procedure esecutive sull’abitazione del debitore, la stessa sarebbe risultata irragionevole stante la vigenza dall’art. 54-ter del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e successivamente prorogato dallo stesso art. 4 del d.l. n. 137 del 2020, come convertito.
La Corte ha considerato plausibile l’interpretazione della disposizione sottoposta a censura così come operata dal giudice di merito e pertanto ha ritenuto che la norma, laddove prevede che è inefficace ogni procedura esecutiva, non può che riferirsi al pignoramento, richiamando espressamente al pignoramento immobiliare, eseguito ai sensi dell’art. 555 c.p.c.
L’interpretazione restrittiva della disposizione a mente della quale l’inefficacia riguarderebbe solo gli atti successivi al pignoramento, che invece conserverebbe la sua efficacia, contrasta con il contenuto della norma risultando incoerente dal punto di vista sistematico.
Il citato art. 4, infatti, risulterebbe vigente contemporaneamente alle disposizioni che prorogano il regime di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore finendo col sanzionare (con l’inefficacia) atti che neppure potrebbero porsi in essere secondo quanto previsto dall’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.
In considerazione della ricostruzione innanzi operata, la Corte di legittimità ha concluso ritenendo che l’inefficacia del pignoramento, stabilita dalla disposizione censurata, si manifesta come un eccezionale e temporaneo regime di impignorabilità (cessato a partire dal 26 dicembre 2020) dell’abitazione della quale il debitore sia proprietario o sulla quale abbia un diritto reale di godimento.
Inoltre, in riferimento alla violazione dell’art. 24 Cost. da parte della norma in commento, i Giudici di legittimità hanno precisato che il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall’art. 24 Cost., essendo l’azione esecutiva fattore complementare e necessario dell’effettività della tutela giurisdizionale.
L’esecuzione forzata, infatti, consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore risultando pertanto imprescindibile la fase di esecuzione forzata delle decisioni giudiziarie.
La compromissione del diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari nel bimestre 25 ottobre-25 dicembre del 2020, non è rimediabile altrimenti perché la produzione degli effetti di cui all’art. 2913 c.c. è condizionata al compimento del pignoramento ed al suo permanere, sicché, se per qualunque ragione il pignoramento viene meno (quello che si verifica con l’applicazione della norma dichiarata illegittima), cade, conseguentemente, ogni ostacolo all’opponibilità dell’atto di disposizione al creditore; né quest’ultimo potrebbe ricostituire la propria posizione con un nuovo pignoramento che sarebbe posteriore all’atto e troverebbe una situazione patrimoniale ormai definitivamente modificata.
Con riguardo alla violazione dell’art. 3 Cost., la norma risulta altresì lesiva in quanto comporta una conseguenza eccessivamente pregiudizievole e sbilanciata in danno del creditore del creditore rispetto alle istanze di tutela del diritto di abitazione del debitore esecutato.
Inoltre va considerato anche che, il predetto diritto, meritevole di speciale protezione in quanto incluso nel catalogo dei diritti inviolabili, per un verso, non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, per l’altro, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, prevista dall’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, oltre che dalla sospensione dell’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’immobile, contemplata dall’art. 103, comma 6, dello stesso d.l.
Il bilanciamento tra i diritti coinvolti così operato dal legislatore risulta manifestamente irragionevole, prevedendosi, in danno del creditore, una sanzione processuale che comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva, oltre che incompatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale.
Per tutti i motivi innanzi esposti la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, dell’art. 4 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176.
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