La standardizzazione contrattuale di una attività associativa non è di per sé lesiva della concorrenza ma lo diventa nel momento in cui gli schemi contrattuali prevedano clausole, incidenti su aspetti importanti del negozio, che impediscano un “equilibrato contemperamento degli interessi delle parti.
La clausola di pagamento a prima richiesta, ad esempio, prevede un onere in capo al fideiussore non ingiustificato, stante la sua finalità di garantire l’accesso al credito con attenuazione del rischio in capo alla banca finanziatrice.
Qualora le clausole abbiano lo scopo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi, venendo meno il contemperamento di interessi, sono in contrasto con la normativa Antitrust e pertanto nulle.
Inoltre, siffatta tipologia di clausole dei contratti di fideiussione, ove applicate in modo uniforme e, quindi, frutto dell’intesa vietata, sono in contrasto con la normativa in materia di concorrenza.
Le intese vietate, distorsive della concorrenza, possono essere frutto anche di comportamenti non contrattuali o non negoziali rendendo così rilevante qualsiasi condotta di mercato, purché con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, e le fattispecie in cui il meccanismo dell’intesa rappresenti il risultato del ricorso a schemi giuridici unilaterali.
Rilevante è, pertanto, tutta la complessiva situazione – anche successiva all’eventuale negozio originario – che realizzi un ostacolo alla concorrenza.
L’interesse protetto dalla normativa “antitrust” è quello del mercato in senso oggettivo e non solo quello del singolo contraente con la conseguente inidoneità del rimedio risarcitorio che protegga solo quest’ultimo e solo se ha, in concreto, subito un danno.
La nullità dell’intesa a monte determina, quindi, la nullità derivata del contratto a valle limitatamente alle clausole dichiarate nulle dal provvedimento Bankitalia (nullità parziale), qualora tra i due atti sussista un collegamento funzionale, cioè quando il contratto a valle è riproduttivo dell’intesa a monte e sia, perciò, lo strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di Impresa, Pres. Basile – Rel. Martucci, con la sentenza n. 3653 dell’8 marzo 2022.
Nel caso in esame gli attori – mediante la sottoscrizione di un modello predisposto unilateralmente dalla banca – avevano stipulato quattro fideiussioni di identico contenuto a garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti dell’istituto di credito dalla società debitrice.
I fideiussori, sostenendo la nullità delle clausole contenute nei predetti contratti, chiedevano che venissero dichiarati nulli ed inefficaci con la conseguente liberazione da ogni vincolo di garanzia nei confronti della controparte e con condanna della convenuta alla cancellazione della segnalazione dei nomi degli attori alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia; in subordine chiedevano che venisse accertata la nullità delle clausole nn. 2, 6 e 8 dei contratti.
La lamentata nullità veniva ricollegata alla violazione della disciplina in materia antitrust di cui all’art. 2 L. n. 287/1990, giusta il provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, che ha ritenuto invalido lo schema di fideiussione predisposto dall’ABI, con particolare riferimento alle clausole nn. 2, 6 e 8, concernenti l’estensione della garanzia all’obbligo restitutorio della banca in caso di invalidità dell’obbligazione garantita, la deroga all’art. 1957 c.c. e la validità delle fideiussioni anche in caso di nullità del rapporto garantito e la loro estensione agli obblighi restitutori in caso di invalidità del rapporto garantito.
Il Tribunale, aderendo alla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte, rilevava come i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 41994 del 30/12/2021).
Veniva accolta la domanda di nullità parziale delle fideiussioni relativamente alle clausole ai numeri 2, 6 e 8 in quanto effettivamente contrastanti con la normativa di settore, senza la liberazione dal vincolo della fideiussione, con compensazione delle spese legali.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
La nullità è relativa solo alle singole pattuizioni e non all’intero contratto
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, Giudice Gianluigi Morlini | 04.03.2021 | n.268
Va dimostrato che, in mancanza delle stesse, l’accordo non sarebbe stato concluso
Sentenza | Tribunale di Livorno, Giudice Luigi Nannipieri | 07.10.2020 | n.651
FIDEIUSSIONE – ANTITRUST: LA VIOLAZIONE PUÒ COMPORTARE LA NULLITÀ DELLE SOLE “CLAUSOLE ABI”
NON È PREVISTA LA NULLITÀ IN TOTO DELL’INTERO CONTRATTO
Ordinanza | Tribunale di Lecce, Giudice Annafrancesca Capone | 28.06.2020 | n.140
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