A mente di un recente orientamento la violazione del limite di finanziabilità, in quanto elemento essenziale del contratto, ne comporta l’intera nullità, salva la conversione in presenza dei relativi presupposti, in un “ordinario” contratto di finanziamento ipotecario ai sensi dell’art. 1424 c.c..
Tale orientamento “impone un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l’attività di impresa”.
Quanto poi all’inquadramento della regola dell’art. 38 nella dicotomia regole di validità e regole di comportamento, è stato evidenziato come “la violazione del limite di finanziabilità non è correlabile né all’area delle condotte in fase pre-negoziale, né in quelle della fase attuativa, venendo in rilievo, piuttosto, una criticità concernente un elemento relativo alla struttura negoziale (il contenuto), quale la determinazione del “quantum” della prestazione creditizia, tale da incidere direttamente sulla fattispecie: la conseguenza della nullità sarebbe, dunque, conforme all’insegnamento di Sez. U n. 26724 e n. 26725 del 2007, secondo cui la violazione di una norma imperativa determina la nullità ogni volta che si ripercuote sulla regola negoziale e dunque sia ravvisabile un contrasto tra la norma violata ed il regolamento d’interessi sotteso al negozio”
La violazione dell’art. 38 TUB non genera una nullità né testuale né virtuale del contratto, ma si traduce soltanto nella violazione di una regola di comportamento da parte dell’istituto bancario, che consente la mera disapplicazione delle speciali norme di favore previste per il creditore fondiario e la conservazione tanto del mutuo quanto della garanzia ipotecaria.
Questa è una parte testuale della decisione emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Giudice Marta Sodano, con la sentenza n. 1160 del 4 aprile 2022.
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