In caso di iscrizione di ipoteca giudiziale su beni di valore eccedente rispetto all’importo del credito vantato, il creditore può essere chiamato a rispondere ai sensi dell’art. 2043 c.c. per il danno subìto dal debitore consistente nella difficoltà o impossibilità della negoziazione dei beni medesimi ovvero nella difficoltà di accesso al credito.
La previsione della responsabilità processuale ex art.96 c.p.c. – quale responsabilità del soccombete che abbia abusato del diritto di agire o resistere in giudizio – non esclude l’applicabilità della disciplina generale dell’illecito civile.
Il creditore è tenuto a serbare una condotta diligente, ed a rispettare i principi di buona fede e correttezza, non solo in caso di ricorso a rimedi processuali, ma anche quando faccia valere i propri diritti contrattuali o negoziali, e dunque anche del diritto di garanzia, il quale deve essere esercitato in termini coerenti con la sua funzione – cioè quella di mezzo volto a creare una situazione di preferenza rispetto agli altri creditori – e non per determinare situazioni di discredito sociale e professionale e, conseguentemente, di blocco del patrimonio e dell’attività del debitore.
La Corte di Legittimità ha affermato che “non può affermarsi che al di fuori dell’ipotesi del credito inesistente il creditore non risponda in ipotesi di ipoteca iscritta su una quantità di beni di valore esorbitante il credito”, per cui “deve negarsi che la previsione della speciale responsabilità ex art. 96 c.p.c. escluda la possibilità di un concorso – in quanto compatibile – con la disciplina generale dell’illecito civile ex art. 2043 c.c.”
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Travaglino – Rel. Scarano, con l’ordinanza n. 39441 del 13 dicembre 2021.
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