L’indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso (segnatamente, della scheda catastale, notoriamente preparatoria – e quindi sovente di molto anteriore nel tempo – dell’attribuzione dei dati definitivi, rispetto a questi ultimi) non vizia nè l’uno nè l’altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità, di per sè considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Giudice Mario Ciccarelli, con la sentenza n.4504 del 09 maggio 2022.
Il caso di specie concerneva l’espropriazione iniziata a seguito della conversione in pignoramento del sequestro conservativo sugli immobili individuati nel Comune di pertinenza come appartenenti alle esecutate debitrici.
All’udienza ex art. 569 c.p.c., il Giudice dell’esecuzione dichiarava la predetta espropriazione improseguibile in quanto nella trascrizione del sequestro un immobile era stato individuato con il sub precedentemente riportato in Catasto, ma poi soppresso sin da data anteriore alla trascrizione per lasciare spazio ad un diverso identificativo a seguito di variazione.
Ad avviso del primo giudice, l’erronea identificazione del bene determinava un’insuperabile incertezza sull’oggetto dell’espropriazione, idonea a ledere l’affidamento dei terzi e tale da travolgere la stessa procedura espropriativa, anche per la possibilità di configurare rischi di evizione del bene oggetto di esecuzione nei riguardi degli aspiranti aggiudicatari.
Con ricorso ex art. 617 c.p.c., il sequestrante creditore chiedeva la revoca del provvedimento ed in subordine la sospensione dell’efficacia esecutiva dello stesso.
Il Giudice dell’esecuzione disattendeva le richieste.
Con ricorso ex art. 618 c.p.c., il creditore insisteva nel rilevare l’illegittimità del provvedimento di chiusura anticipata dell’espropriazione.
Il Tribunale, nel considerare fondata la domanda attorea, ha ritenuto che l’indicazione dell’immobile con dati non aggiornati sia sufficiente ai fini della correttezza del pignoramento, sul presupposto che il dato dei registri immobiliari, a differenza del passato quando la nota doveva contenere la descrizione materiale dell’immobile, non può essere letto isolatamente, ma deve combinarsi con l’esame delle risultanze catastali, per cui sarebbe sufficiente ispezionare il catasto storico per reperire la particella “soppressa” con l’indicazione in calce della particella costituita come conseguenza della soppressione e che rinvia – quindi – a un dato esistente.
Tale soluzione, del resto, è suffragata dalla circostanza che i registri immobiliari sono organizzati su base personale (e non reale) e, quindi, l’ispezione sul nome dell’esecutato consente a chiunque di verificare l’avvenuta trascrizione del pignoramento; con la conseguenza che se il dato indicato nella nota non genera incertezza, perché rinvia a un identificativo catastale esistente e non equivoco – ancorché non più “attivo” – si può concludere che chiunque consulti i Registri Immobiliari e il catasto, incrociando le relative risultanze, sarebbe messo in condizione di interpretare correttamente la portata obiettiva del vincolo.
Sarà potere del Giudice dell’esecuzione valutare di onerare il creditore di rettificare l’atto con l’indicazione dei dati catastali aggiornati, provvedendo alla successiva integrazione della relazione notarile; e tanto al fine di semplificare la lettura dei registri immobiliari ed evitare un’eventuale fonte di lite tra il ceto creditorio, l’aggiudicatario e i terzi acquirenti dell’immobile pignorato.
Per l’effetto la domanda è stata accolta e l’ordinanza di improcedibilità riformata.
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