Nell’espropriazione presso terzi, il limite dell’importo del credito precettato aumentato della metà, previsto dall’art. 546, comma 1, c.p.c., individua anche l’oggetto del processo esecutivo, sicché, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, pur se del medesimo procedente, non consente il superamento del detto limite e l’assegnazione di crediti in misura maggiore.
Pertanto, la misura del pignoramento circoscrive l’oggetto del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.
Se, pendente il processo di accertamento dell’obbligo del terzo, il creditore esecutante acquisisse nuovi titoli ed intervenisse nel processo esecutivo, tale intervento potrà modificare l’oggetto del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo solo a due condizioni: che il creditore abbia ritualmente esteso il pignoramento, notificando l’atto di intervento al debitore ed al terzo, e che il creditore-attore nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo abbia formulato rituale istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., per modificare la domanda, sempre che ne sussistano i presupposti.
Il pignoramento, infatti, si può estendere solo per effetto di una intimazione formale, senza la quale il terzo esecutato non sarebbe in condizione di sapere se, e nelle mani di chi, possa o debba adempiere la propria obbligazione.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1170 del 17 gennaio 2022.
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