In materia di prova documentale nel processo civile deve escludersi che i documenti prodotti in primo grado da una delle parti che risulti vittoriosa debbano ritenersi per sempre acquisiti al processo, non esistendo un principio di “immanenza” della prova documentale e dovendo anche il giudice del gravame decidere la causa “juxta alligata et probata”, procedendo ad un autonomo e diretto riesame della documentazione già vagliata dal giudice di primo grado.
Pertanto, la parte vittoriosa in primo grado, che rimanga contumace in appello, e quindi non ridepositi i documenti in precedenza prodotti, non può che incorrere nella sanzione della soccombenza, per non aver fornito la prova della sua pretesa, quando i documenti non più ridepositati siano a lei favorevoli, in quanto il giudice di appello, come quello di prime cure, deve decidere la causa in base solo alle prove che siano ritualmente e direttamente sottoposte al suo esame in sede di decisione.
Il fascicolo di parte che l’attore ed il convenuto debbono depositare nel costituirsi in giudizio dopo avervi inserito, tra l’altro, i documenti offerti in comunicazione, ai sensi dell’art. 165 c.p.c., comma 1 e art. 166 c.p.c., applicabili anche in appello a norma dell’art. 347 c.p.c., pur essendo custodito, a norma dell’art. 72 disp. att. c.p.c., con il fascicolo di ufficio formato dal cancelliere (art. 168 c.p.c.), conserva, rispetto a questo, una distinta funzione ed una propria autonomia che ne impedisca l’allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio di questa.
Ne consegue che il giudice di appello non può tener conto dei documenti del fascicolo della parte, ancorché sia stato trasmesso dal cancelliere del giudice di primo grado con il fascicolo di ufficio, ove detta parte, già presente nel giudizio di primo grado, non si sia costituita in quello di appello.
Qualora l’appellante, quindi, ometta di depositare il fascicolo di parte formato in primo grado entro il termine prescritto, il giudice d’appello deve decidere sul gravame in base agli atti legittimamente a sua disposizione al momento della decisione, in conformità al principio di disponibilità delle prove perché, nel giudizio di appello avverso sentenze definitive, la mancata produzione dei documenti è implicitamente riconducibile alla volontà della parte di non avvalersene, onde correttamente il giudice decide sul gravame in base agli atti legittimamente a sua disposizione.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Campanile – Rel. Tricomi, con la sentenza n. 2129 del 25 gennaio 2022.
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