In tema di esecuzione forzata, quando sia pronunciata l’ordinanza di assegnazione, questa diventa la fonte dell’obbligazione del terzo pignorato nei confronti del creditore esecutante. Di conseguenza il terzo pignorato (che per effetto dell’ordinanza di assegnazione assume la veste di debitore del creditore procedente) può proporre opposizione all’esecuzione soltanto se intenda opporre al creditore assegnatario fatti sopravvenuti, estintivi o impeditivi della pretesa creditoria, relativi ai suoi rapporti col creditore procedente.
Se, invece, il credito oggetto di pignoramento e di assegnazione divenga inesigibile o non dovuto per fatti attinenti al rapporto tra originario debitore esecutato e terzo pignorato, quest’ultimo dovrà ricorrere non all’opposizione all’esecuzione (legittimamente iniziata sulla base di un legittimo titolo, e cioè l’ordinanza di assegnazione), ma ad un ordinario giudizio di cognizione, per fare accertare che il terzo pignorato non è più tenuto ad effettuare pagamenti al creditore assegnatario del credito.
Questo i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Rossetti, con ordinanza n. 108 del 04 gennaio 2023.
Il motivo di ricorso, ritenuto fondato dalla Suprema Corte, ha investito la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che legittimamente il terzo potesse far valere, con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., la questione della inesigibilità del credito vantato dal debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato.
Secondo gli Ermellini, infatti, quando l’esecuzione abbia luogo sulla base di un’ordinanza di assegnazione pronunciata all’esito del pignoramento di crediti, il terzo pignorato (che ha assunto la veste di debitore esecutato) può opporre al creditore procedente soltanto i fatti modificativi od estintivi sopravvenuti all’ordinanza di assegnazione.
Una volta, quindi, che il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione di quantità ritenuta positiva dal giudice dell’esecuzione, e sia stata pronunciata l’ordinanza di assegnazione e questa non sia stata opposta, nella successiva procedura esecutiva iniziata dal creditore nei confronti del terzo medesimo, sulla base del titolo esecutivo rappresentato proprio dall’ordinanza di assegnazione, è inibito a quest’ultimo far valere fatti modificativi od estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale, a meno che non siano sopravvenuti all’ordinanza di assegnazione stessa.
Per tali motivi, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in differente composizione.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL CREDITORE NON PUÒ PROPORRE UNA NUOVA AZIONE PER LE SPESE DI REGISTRAZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ. -3, Pres. De Stefano – Rel. D’Arrigo | 03.06.2020 | n.10420
SUSSISTE DIFETTO DI INTERESSE DEL CREDITORE PROCEDENTE AD OTTENERE UN ULTERIORE TITOLO ESECUTIVO DA FAR VALERE CONTRO IL SUO ORIGINARIO DEBITORE
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. VI Civ. – 3, Pres. Frasca – Rel. Tatangelo | 17.01.2020 | n.1004
IL RELATIVO IMPORTO DEVE RITENERSI RICOMPRESO NELLE SPESE DI ESECUZIONE LIQUIDATE IN FAVORE DEL CREDITORE STESSO AI SENSI DELL’ART. 95 C.P.C.
Sentenza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Frasca – Rel. Tatangelo | 14.02.2020 | n.3720
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