L’estinzione del processo esecutivo si verifica per effetto della sola rinuncia dell’unico creditore, avendo il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione natura meramente dichiarativa, e dopo il deposito dell’atto di rinuncia dell’unico creditore non è più ammesso l’intervento di altri creditori.
Il provvedimento di estinzione adottato dal giudice dell’esecuzione ha natura dichiarativa e ricognitiva di un’estinzione già verificatasi, di per sé preclusiva di altri interventi.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Rubino – Rel. Condello, con la sentenza n. 5921 del 27 febbraio 2023.
Secondo la motivazione fornita dalla Suprema Corte, il processo di esecuzione – a differenza di quello di cognizione – deve essere retto sempre da un titolo esecutivo, in conformità al principio nulla executio sine titulo, cosicché la sopravvenuta mancanza di creditori titolati non può che comportare un inevitabile arresto della procedura esecutiva, a prescindere dall’adozione di provvedimenti giudiziali.
L’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi, infatti, trova giustificazione nella salvaguardia dell’interesse dell’esecutato ad evitare che nella procedura – ancora pendente – possano intervenire altri creditori abilitati a darvi impulso, una volta effettuato il deposito dell’atto ex art. 629 cod. proc. civ..
Il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione ha natura meramente dichiarativa dell’effetto estintivo (istantaneo) che si è già prodotto nel momento in cui il processo esecutivo non risulta più sorretto da un creditore munito di titolo esecutivo; al contrario, un intervento anteriore alla rinuncia impedisce l’estinzione della procedura e determina la sua prosecuzione in danno dell’esecutato.
Ciò anche in sintonia con le Sezioni Unite di Cassazione che, con la sentenza n. 61 del 7 gennaio 2014, hanno statuito che «Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento».
In applicazione dei superiori principi, gli Ermellini hanno ritenuto che la rinuncia del creditore titolato, in assenza di altri creditori in grado di dare impulso alla procedura, abbia determinato l’immediato effetto estintivo della procedura esecutiva prima ancora dell’adozione, da parte del giudice dell’esecuzione, del provvedimento dichiarativo dell’estinzione.
Per tale motivo, la Corte ha rigettato il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL GIUDICE DEVE VERIFICARE SE LA PROCEDURA È SORRETTA DA ALTRO TITOLO IDONEO ALLA PROSECUZIONE
Ordinanza | Tribunale di Napoli Nord dott. Alessandro Auletta | 27.03.2015 |
ESECUZIONE FORZATA: EFFETTI DELLA CADUCAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO IN CAPO AL CREDITORE PROCEDENTE
LA CADUCAZIONE DEL TITOLO NON TRAVOLGE L’INTERA PROCEDURA ESECUTIVA SE VI SONO INTERVENTORI TITOLATI
Sentenza | Cassazione civile, Sezioni Unite | 07.01.2014 | n.61
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