I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, nè soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento.
I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati.
Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell’art. 110, comma 3, l. fall..
Il reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito.
Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa”.
Questi i principi espressi dalla Cassazione, Sezioni Unite, Pres. Curzio – Rel. Falabella, con la sentenza n. 8557 del 27 marzo 2023.
La pronuncia in esame fa seguito all’ordinanza interlocutoria che ha sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite svariati quesiti, tra cui quello relativo alla possibilità per il terzo titolare di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento, in virtù di una garanzia costituita per un debito altrui, di far valere il proprio diritto con il procedimento di verificazione del passivo previsto dal capo V del titolo II della legge fallimentare, oppure soltanto mediante l’intervento nella fase di ripartizione del ricavato della vendita del bene gravato.
IL CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE
La Corte ha evidenziati che vi erano due orientamenti difformi di cui si indica alcune delle decisioni ove erano stati espressi i seguenti principi:
IL CURATORE DEVE VERSARE A BANCA CREDITRICE FONDIARIA DEDOTTE LE SPESE DI AMMINISTRAZIONE ED I TRIBUTI
Ordinanza | Corte di Cassazione, Pres. Scaldaferri – Rel. Vella | 21.01.2021 | n.1067
IL CURATORE DEVE INVIARE L’AVVISO RELATIVO ALLA PARTECIPAZIONE AL CONCORSO ANCHE AI TITOLARI DI DIRITTI REALI O PERSONALI SUI BENI DEL FALLITO
Ordinanza | Cassazione civile, Pres. Genovese – Rel. De Chiara | 30.01.2019 | n.2657
LA DECISIONE
Le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale insorto sul punto, hanno confermato che, anche a seguito della riforma della legge fallimentare, le ragioni del creditore del terzo che sia titolare della garanzia reale su bene del fallito debba trovare attuazione in sede di distribuzione dell’attivo.
Il diritto del titolare dell’ipoteca o del pegno su beni del fallito che non sia creditore di quest’ultimo ha l’onere di far valere la propria pretesa in sede concorsuale non già attraverso una (inammissibile) domanda di insinuazione al passivo, ma domandando di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione del bene stesso.
Il debito del terzo, infatti, non può incidere sull’intera massa passiva in quanto il fallito non è debitore; il diritto reale di garanzia grava, piuttosto, sulla massa attiva, nel senso che osta a che il ricavato della vendita del bene possa essere ripartito tra i creditori del fallito prima che su di esso trovi soddisfacimento il titolare del detto diritto reale.
È questo particolare atteggiarsi della posizione giuridica che fa capo al nudo titolare di ipoteca o di pegno a rendere ulteriormente problematica, in base alla legge fallimentare, l’ammissione al passivo del credito di tale soggetto: se è vero che per il codice della crisi detta ammissione è espressamente circoscritta al ricavato della liquidazione del bene ipotecato (cfr. art. 201, comma 1), l’assenza, nel R.D. n. 267/1942, di analoga disposizione normativa (quale naturale conseguenza della mancata inclusione del diritto del suddetto soggetto tra quelli passibili di accertamento in base al capo V del titolo II di quel testo legislativo) non può non tradursi in un elemento di ulteriore incertezza: tale vuoto regolamentare imporrebbe, in definitiva, all’interprete, il compito di definire il diritto al concorso del titolare di nuda garanzia in uno scenario desolatamente privo di riferimenti normativi.
Nel disegno del R.D. n. 267 del 1942 la scelta del legislatore di escludere che l’accertamento del diritto del titolare dell’ipoteca e del pegno su beni del fallito (per debiti che non fanno capo a quest’ultimo) abbia luogo in forme diverse da quelle dell’accertamento del passivo è – d’altro canto – tutt’altro che irrazionale.
A differenza dei crediti concorsuali, il credito del titolare di nuda prelazione, vantato nei confronti di un soggetto diverso dal fallito, può essere soddisfatto, in tutto o in parte, in ogni momento dal debitore. Ciò contribuisce a spiegare il senso della collocazione del procedimento di verifica della posizione in esame in una fase successiva a quella dell’accertamento del passivo: poichè il diritto di obbligazione può modificarsi o venir meno in pendenza della procedura fallimentare, il rinviare la detta verifica al momento in cui deve aver luogo il riparto del ricavato della vendita del bene gravato della garanzia rappresenta una soluzione legislativa munita di una sua precisa logica, rispondendo, nell’indicata prospettiva, a un principio di economia di giudizio.
Tale verifica da attuarsi in sede di riparto deve anzitutto riguardare la validità ed attualità, oltre che l’efficacia, avendo particolare riguardo alla non revocabilità, della garanzia reale e deve considerarsi estesa al credito garantito, e cioè all’esistenza e all’entità di esso, prospettandosi altrimenti il rischio che il creditore trovi soddisfacimento, in sede concorsuale, per un diritto in quel momento in tutto o in parte insussistente.
Per tali motivi, dal momento che l’accertamento del diritto della banca non era suscettibile di essere fatto valere in sede di accertamento del passivo, e segnatamente, con l’opposizione allo stato passivo, la Corte ha accolto il primo motivo di ricorso e cassato senza rinvio il decreto impugnato, compensando le spese del giudizio di legittimità e quelle del giudizio di merito.
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