Il giudice dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art.650 cpc non può esercitare i poteri officiosi relativamente alla possibile abusività di una clausola contrattuale di un contratto stipulato da un consumatore, se la tardività dell’opposizione è imputabile al consumatore.
Non si può applicare il recentissimo orientamento della suprema Corte a Sezioni Unite n. 9479 del 06.04.2023 sul “superamento” del giudicato implicito, non sussistendo in tal caso, in ragione dell’avvenuta presentazione di opposizione, una condizione di debolezza da tutelare alla luce del principio di effettività; principio che –insieme al principio di equivalenza – è l’unico ritenuto dalla giurisprudenza richiamata in grado di giustificare la disapplicazione delle norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Como, Giudice Giorgio Previte, con la sentenza 456 del 26 aprile 2023.
La pronuncia costituisce una delle prime applicazioni, di “merito”, dei principi espressi dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023, che ha “rivoluzionato” il baluardo nazionale del “giudicato implicito” derivante dalla mancata opposizione a decreto ingiuntivo, allorquando – e limitatamente all’ipotesi in cui – il consumatore non abbia avuto la possibilità di vagliare il contenuto del contratto sul quale fonda l’ingiunzione, avuto riguardo allo scrutinio su eventuali clausole abusive.
I giudici di legittimità hanno provato a disegnare alcuni principi operativi di massima circa il trattamento delle varie ipotesi verificabili nella prassi, al fine di rintracciare nel nostro ordinamento i necessari meccanismi di armonizzazione con il diritto eurounitario, a fronte delle quattro sentenze “gemelle” della Corte di Giustizia UE del 17 maggio 2022, relative ad analoghe vicende, inerenti alle sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa eurounitaria qualificata inderogabile dai Giudici di Lussemburgo.
Le ricadute applicative di “dettaglio” di tali principi restano sul tavolo della giurisprudenza di merito.
Ed è proprio quanto accaduto nel caso di specie, in cui il Tribunale di Como ha dovuto misurarsi con l’assenza di prassi consolidate, onde tentare di coniugare l’approccio di legittimità con le peculiarità della vicenda sottoposta al proprio esame.
Si verteva, in particolare, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un consumatore oltre i termini di legge, sul presupposto che vi fosse un vizio di notifica dell’ingiunzione, ovvero una differente decorrenza del termine per l’opposizione.
Alla luce della mancata proposizione della querela di falso, nonché della irrilevanza dei denunziati vizi di notifica ai fini della decorrenza del termine, il Giudice ha quindi qualificato l’opposizione come tardiva ex art. 650 c.p.c., non rilevando – per come configurati dall’opponente – i presupposti del “caso fortuito o forza maggiore” determinanti ai fini della ammissibilità di un tale rimedio.
Ciò premesso, considerato però l’intervenuto revirement della Suprema Corte sul tema dello scrutinio officioso sulle eventuali clausole abusive, peraltro dedotto in sede di trattazione scritta proprio dalla difesa dell’opponente, il Tribunale è stato chiamato a verificare il margine di applicazione dei principi di legittimità al caso di specie.
Con ampio iter argomentativo, il Giudice ha ricostruito compiutamente il contesto normativo e giurisprudenziale, indagando i presupposti più profondi degli interventi della CGUE e della Suprema Corte, ed individuandoli nel bilanciamento tra il principio dell’autorità di cosa giudicata – cardine della certezza dei rapporti giuridici negli ordinamenti nazionali – e quelli di “equivalenza e di effettività”, nei limiti in cui il primo possa risultare effettivamente recessivo rispetto ai secondi.
In tale ottica, vero è che la Suprema Corte ha individuato proprio nell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c. uno dei punti di contatto tra i due ordinamenti, al fine di far valere l’effettività della tutela a fronte della preclusione del giudicato, ma – ha notato il Tribunale di Como – lo ha fatto «ricollegando al “mancato avvertimento circa la possibilità di far valere detta abusività” da parte del Giudice del monitorio “un’ipotesi riconducibile alla previsione normativa del “caso fortuito o forza maggiore”, così riempiendo di significato la clausola generale del “caso fortuito o forza maggiore” (art. 650 c.p.c: “L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”),in modo tale da consentire di scardinare la finora limitata possibilità di ricorso all’opposizione tardiva».
In altri termini: se la tardività dell’opposizione è scaturita – da parte del consumatore – proprio dalla mancata conoscenza o conoscibilità delle necessarie informazioni per esercitare con piena consapevolezza i propri diritti, tale condizione si traduce in una causa non imputabile impeditiva della proposizione tempestiva dell’opposizione.
Tuttavia, per non svilire del tutto il principio del giudicato, l’anzidetta condizione è ravvisabile solo nell’ipotesi (di per sé “eccezionale”) in cui il consumatore non sia stato affatto provvisto di tutela effettiva, tant’è vero che le pronunce della CGUE (e la stessa pronuncia della Suprema Corte) erano scaturite da vicende processuali in cui l’opposizione non era stata affatto proposta.
Ma, nel diverso caso in cui il consumatore abbia proposto un’opposizione rivelatasi tardiva, su altri presupposti di “caso fortuito o forza maggiore” (ad es., vizi di notifica) non ravvisabili in concreto, ed abbia poi dedotto incidentalmente l’abusività delle clausole, non v’è spazio per alcuno scrutinio officioso.
Invero, ha osservato il Tribunale: «ove […]il debitore opponente abbia avuto contezza della circostanza, tanto da proporre opposizione, l’effettività della tutela –che CGUE e Sezioni Unite riconoscono quale garanzia da riconoscere al consumatore e che consente l’opposizione tardiva- non deve essere assicurata approntando lo strumento oppositivo, essendo imputabile unicamente all’opponente, che colpevolmente ha tardato nell’opposizione, la mancata tutela dei propri diritti».
Peraltro, «La chiara volontà di tutte le richiamate pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) e della Suprema Corte è di rafforzare la tutela del consumatore, fino al punto di arrivare alla disapplicazione della normativa nazionale, nelle sole ipotesi di vulnus del livello informativo del consumatore, in posizione di strutturale debolezza», condizione insussistente laddove il consumatore fosse già a conoscenza dell’eventualità del carattere abusivo della clausola, come nell’ipotesi in cui abbia proposto opposizione, vieppiù allorché, come nel caso di specie, abbia fatto valere il profilo.
In altri termini, «il rilievo officioso del Giudice si configura come il necessario (poiché unico possibile) intervento esterno volto a superare un deficit informativo; ove quest’ultimo palesemente non sussista, come nel caso in esame (in ragione dell’intervenuta opposizione), il primo viene necessariamente meno».
Ne è seguita, da parte del giudice lombardo, la pronuncia di inammissibilità dell’opposizione per tardività della stessa – non sussumibile nelle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore – con conseguente affermazione che «non deve seguire l’esame d’ufficio da parte del Giudice dell’eventuale carattere abusivo della clausola applicativa di tassi di interesse presente nel contratto di finanziamento».
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
D.I. NON OPPOSTO E TUTELA DEL CONSUMATORE: IL GIUDICE HA IL DOVERE DI CONTROLLO SULL’ABUSIVITÀ DELLE CLAUSOLE
A LUI SONO RICONOSCIUTI POTERI ISTRUTTORI D’UFFICIO SIA NELLA FASE MONITORIA CHE IN QUELLA ESECUTIVA
Sentenza | Cass. Sez. Un., Pres. Curzio – Est. Vincenti | 06.04.2023 | n.9479
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